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Ti posso chiamare?

Timothée lanciò uno sguardo distratto alla notifica che era apparsa sullo schermo del suo cellulare. Abbandonò il libro aperto sul petto, scivolando sul letto dove era sdraiato, continuando a mordicchiare la penna tra le labbra. Si accostò il cellulare all'orecchio, togliendosi dalla fronte un ciuffo di capelli castano che gli stava pizzicando un occhio.

"Come mai non mi chiami direttamente, invece di mandarmi i messaggi?"

"Si chiama educazione, se non sbaglio?"

Sorrise sentendo la voce canzonatoria del suo compagno di classe all'altro capo dell'apparecchio.

"Quindi è come chiedere permesso quando devi entrare in una stanza?"

"Se vuoi metterla così. In realtà non volevo disturbarti nel caso tu stessi facendo sesso, o roba del genere. Lo stavi facendo?"

"Del gran bel sesso sfrenato con Madame Bovary." Il ragazzo chiuse il libro, mettendo il segno tra le pagine con la penna sporca di saliva, e osservò l'immagine della donna annoiata sulla copertina verde. "In effetti non sembra che le stia piacendo così tanto."

"Forse perché non lo hai mai fatto?"

"Parla per te, Valerio."

"Ah, giusto. Quella che hai pagato mentre eri in Francia con i tuoi."

Timothée si strusciò gli occhi assonnati con l'indice e il pollice della mano destra, mentre cambiava orecchio al cellulare.

"Primo, non l'ho pagata e poi hai avuto anche il coraggio di chiedermi il permesso per affrontare una conversazione così demenziale?"

"Sto divagando?"

"Decisamente." Sospirò, scalzandosi le scarpe dai piedi e appoggiandosi allo schienale del letto, rannicchiando le ginocchia al petto.

"É che non mi sento ancora pronto."

"Per il sesso?"

"Per la verifica di domani."

Per il giorno seguente il professore di italiano aveva programmato una verifica scritta su Gustave Flaubert e su come il movimento artistico del Realismo si contrapponesse al Romanticismo nei primi anni del Novecento, ponendo l'accento sulla realtà, in particolare quella delle classi più umili. L'opera scelta era per l'appunto Madame Bovary.

"E come credi che possa aiutarti?"

"Beh, tu sei mezzo francese, dovrebbe essere il tuo pane quotidiano, no?"

"Il fatto che mia madre lo sia non fa di Gustav Flaubert un mio mezzo parente, come dici tu."

"Tim, ti prego. Sto andando al manicomio insieme a questa stronza di Emma come cazzo si chiama."

"Rouault."

"Come?"

"Emma, si chiama così. Emma Rouault."

"Vedi come lo dici bene? Quando lo dico io sembra il lamento di un cane castrato."

"Quindi è un bene che la verifica sia scritta."

"Davvero pensi che lo sappia scrivere meglio di come lo pronuncio?"

Timothée sorrise, abbassando la testa tra le ginocchia, lasciando che i capelli mossi gli ricadessero davanti agli occhi.

"Puoi sempre provare a scrivere Emma La Stronza. Magari il professor Marinelli lo apprezza."

"Sì, come Emma di classe nostra. Magari lo apprezza anche lei."

TOUCHWhere stories live. Discover now