7

365 69 325
                                    

Ma purtroppo tempo non ce n'è.

Timothée, seduto sulla poltrona in sala con i suoi nonni ascoltava quelle parole alla televisione. Era il 9 marzo 2020 e l'Italia intera, rinchiusa nelle proprie abitazioni, si raccoglieva davanti alla luce azzurrina dei loro apparecchi, stregata dalla voce cantilenante di Giuseppe Conte e dalle parole magnetiche che per venti minuti erano riuscite ad incollare un'intera popolazione davanti agli schermi, nello stesso identico istante.

I numeri ci dicono che stiamo avendo una crescita importante dei contagi, delle persone ricoverate in terapia intensiva e sub-intensiva e anche, ahimè, delle persone decedute.

Tim deglutì un groppo di saliva, mentre il pollice di sua nonna lisciava insistentemente il dorso della mano di suo nonno. Il governo italiano stava per prendere una decisione che sarebbe entrata a far parte dei futuri libri di storia. Timothée abbassò gli occhi, pensò per un attimo a tutte quelle nuove generazioni che avrebbero dovuto studiare su nuovi libri quello che lui stava per vivere in prima persona. Pensò al suo videogames, Call of Duty e provò ad immaginarsi un nuovo gioco, una nuova ambientazione in cui i personaggi erano costretti a sopravvivere in una terra desolata, dopo che l'umanità veniva spazzata via da una pandemia devastante.

Misure più stringenti le chiamava Conte in televisione. Misure a cui tutti avrebbero dovuto adattarsi per il bene dei loro cari, dei loro parenti, amici, nonni. Tim guardò di sfuggita i volti impassibili dei suoi nonni, cristallizzati in un'eterna espressione di sbigottimento, azzurri come azzurro era lo sfondo alle spalle del loro Presidente del Consiglio. Contenere l'avanzata del coronavirus. Questo era lo scopo principale di queste nuove e drastiche misure di sicurezza. Timothée immaginava nella sua testa un esercito di piccole particelle umanoidi che marciavano compatte e unite verso le loro case.

Io resto a casa. Così si chiamava il nuovo provvedimento. Niente più zona rossa. L'Italia intera era stata dichiarata zona protetta. Vietati gli assembramenti. Vietata la socialità. Che cosa stava succedendo? Tim sentiva parole che sembravano contraddirsi l'un l'altra. Sentiva parlare di stare uniti, noi con loro, tutti insieme. Ma ascoltava anche di divieti di toccarsi, di partecipare alla movida dei locali, di scambiarsi effusioni per paura di contagiarsi a vicenda. Tutto, nella testa del ragazzo, appariva come un enorme controsenso.

Ognuno deve fare la propria parte. Cosa avrebbe dovuto affrontare Timothée nei prossimi giorni per fare la propria parte? Sentì la voce di sua nonna nelle orecchie mormorare qualcosa al marito. Ma non sentiva niente se non le parole del Premier che continuavano cadenzate, ritmate, come una sorta di ninna-nanna collettiva. Quella sera metteva a letto l'Italia intera con la sua filastrocca.

Una notifica fece vibrare il cellulare nella tasca di Tim, scuotendolo dal torpore in cui si sentiva sprofondare. Guardò lo schermo, come in trance.

Siamo in un fottutissimo lockdown, cazzo!

Valerio sembrava scioccato almeno quanto lui, a giudicare dal messaggio su WhatsApp che gli aveva mandato. Il ragazzo abbassò il cellulare senza rispondere all'amico. Guardò i suoi nonni corrucciando le sopracciglia.

"E adesso che cosa facciamo?" sussurrò con un filo di voce.

Sua nonna si allungò afferrandogli la mano e stringendogliela forte. "Stiamo in casa noi tre..." lo fissò negli occhi, cercando di infondergli tutta la sicurezza di cui aveva bisogno in quel momento. "E aspettiamo che passi."

Timothée deglutì, mentre nonno Nino si alzava con fatica dal divano, poggiando le nocche delle mani sui cuscini per aiutarsi nel movimento.

E adesso come funzionava? Cosa avrebbe dovuto fare? Sarebbe rimasto chiuso in casa con i suoi nonni? Per quanto? E la scuola? Gli esami?

Strinse forte la testa tra le mani; sembrava che stesse per esplodergli tra le dita facendo strabordare tutti i suoi pensieri confusi. Si alzò di scatto dalla poltrona gialla dove era seduto, scappando in terrazzo per rollarsi immediatamente una sigaretta. Aveva bisogno di nicotina per schiarirsi le idee.

Spalancò la porta finestra, lasciandola accostata alle sue spalle e scese il gradino, tastandosi le tasche alla ricerca della bustina di tabacco, ma non appena riuscì ad afferrarlo, gli scivolò dalle dita sudate e tremolanti.

Cazzo!

Chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e allungò la schiena verso il mare scuro di fronte a sé. Doveva cercare di calmarsi e doveva chiamare i suoi genitori il prima possibile.

Istintivamente spostò lo sguardo verso il terrazzo accanto. E la vide.

Emma, seduta sulla sedia in giardino, particolarmente poco vestita per la stagione di marzo, posava le gambe nude sopra il tavolo di legno, intenta a farsi delle fotografie alla luce della lampada sotto il gazebo. In cerca della posa migliore. La Emma allegra, la Emma imbronciata, la Emma sbigottita; almeno quanto lo era Timothée in quel momento.

"Ti prego, dimmi che stai scherzando!" esclamò, dal suo terrazzo, afferrando il cornicione di granito del muretto.

Emma spostò a fatica gli occhi verso il ragazzo alle sue spalle.

"Smamma Vannucci, ho da fare." gli urlò di rimando, alzando un braccio magro sopra la testa e scacciando le parole del ragazzo con la mano.

"Cristo, dimmi che non ti stai facendo dei cazzo di selfie mentre tutta l'Italia è stata dichiarata zona protetta a causa di questo dannato virus di merda!"

Mentre Timothée urlava contro la vicina, il flash del telefono continuava ad illuminare a sprazzi la faccia di Emma, da varie angolazioni del viso.

"Dio, quanto sei fastidioso." Bubbolò, scrociando le gambe e cercando le ciabattine sotto il tavolo con i piedi nudi.

Timothée allargò le braccia spalancando gli occhi sbalordito.

"Lombardi siamo in lockdown! Il governo ha appena dichiarato a livello nazionale che ci ha letteralmente chiusi in casa!"

Emma si avvicinò al parapetto del terrazzo, scostandosi un ciuffo dietro l'orecchio, increspando le sopracciglia.

"Che cosa stai dicendo?"

"Non possiamo uscire. Hanno chiuso le scuole. Probabilmente a breve chiuderanno anche i negozi. Dobbiamo restare a casa. Possiamo soltanto uscire per fare la spesa, o andare in farmacia, credo."

Mentre Tim parlava, Emma si era coperta la bocca con la mano.

"E dall'estetista?" chiese inorridita al ragazzo.

"Fai sul serio?" Timothée strinse gli occhi, incapace di credere alle sue orecchie, con un'espressione schifata dipinta sulla bocca.

La ragazza abbassò lo sguardo, quasi cercando una possibile soluzione a quel problema improvviso.

"Io sono sola in casa..." mormorò, agitando le iridi nocciola dei suoi occhi a destra e a sinistra, senza davvero mettere a fuoco lo spazio intorno a sé.

Timothée fece un tiro di sigaretta, sputando il fumo nello spazio vuoto che divideva i due terrazzi.

"Non ci sono i tuoi genitori?" chiese passandosi una mano tra i capelli.

"Sono a Londra. Non riescono a prendere un aereo per tornare in Italia, ci stanno provando da giorni."

"Certo, avranno bloccato i voli, lo avevano detto in televisione. Ma lo guardi il telegiornale, tu?"

"Volete smetterla di ripetermelo? Mi fa schifo il telegiornale, ok? Uccidetemi se non lo guardo!" sbraitò contro il ragazzo che alzò le mani sopra la testa come se gli avessero puntato una pistola contro.

"Ok, ok. Ma stai tranquilla, mica ti ho offeso la mamma."

"Fanculo, sfigato di merda." gli sibilò, rientrando in casa a passo svelto, lasciando Timothée imbambolato dal cambio repentino di umore della ragazza; a chiedersi che cazzo avesse detto per prendersela in quel modo.

TOUCHHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin