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"Buona Pasqua tesoro!"

Tim guardò l'immagine sullo schermo del computer aperto davanti a sé. I suoi genitori lo avevano chiamato di prima mattina, quel 12 aprile 2020, per avere l'opportunità, anche se fittizia, di stare insieme per i festeggiamenti. In fin dei conti era la prima Pasqua che passavano lontani, e la madre di Timothée non riusciva a farsene una ragione.

"Quindi che avete deciso di fare tu e i nonni? A proposito, mi passi la nonna che devo chiederle una cosa, altrimenti me ne dimentico." Suo padre era sbucato da dietro sua moglie, poggiandosi allo schienale della sedia su cui era seduta.

Il ragazzo si grattò la testa impacciato, cercando di nascondere il lieve imbarazzo che gli aveva increspato le guance. Non aveva ancora raccontato ai genitori quello che era successo con Diego qualche settimana prima, né del suo trasferimento forzato a casa di Emma.

"Ecco...vedete...c'è una cosa che non vi ho detto..."

"Ma che razza di tende hanno messo in cucina?" mormorò suo padre strizzando gli occhi per mettere a fuoco le tende nere che tappavano la luce proveniente dal terrazzo, alle spalle di Tim. Anche sua madre sembrò farci caso, corrugando le sopracciglia e concentrandosi sul quadro astratto appeso alla parete, sopra la testa di suo figlio.

"In realtà i nonni...non sono proprio in questa casa." Provò ad articolare il ragazzo, guardando il fondo della sua tazza di caffè, studiando un modo per nascondercisi dentro.

"Che cosa vorrebbe dire che i nonni non sono proprio in questa casa? Timothée Vannucci, cosa diavolo sta succedendo?" sbottò sua madre, avvicinando il viso allo schermo come se, così facendo, avesse potuto incombere con tutta se stessa sul suo ragazzo.

"Buongiorno!" strillò Emma, in quel preciso istante, facendo il suo ingresso in cucina, in mutande e maglietta, avvinghiando le braccia intorno al collo di Tim, baciandolo sulla guancia. "Hai lasciato un po' di caffè anche per me?" poi si voltò verso lo schermo distrattamente, come se non fosse importante, pensando di sorprendere Valerio o Patrizia in una conversazione tra amici. "Con chi stai parlando?" quando vide le facce allibite dei genitori del ragazzo, scattò in piedi, slegando Tim dal suo abbraccio e andandosi a nascondere dietro le spalle di lui. "Oh porco cazzo!" esclamò spalancando gli occhi.

Timothée si morse il labbro inferiore, alzando gli occhi al cielo e facendo un sospiro prima di riportare lo sguardo sul portatile.

"Mamma, papà...questa è Emma." Indicò con il pollice le sue spalle. "Emma, questi sono i miei genitori: Camille e Tommaso." Sorrise debolmente, sperando solo di trovare un qualcosa di efficace da dire per riempire quel terribile silenzio che si stava creando intorno al tavolo.

"È davvero un piacere conoscervi." Emma alzò la mano muovendo lentamente le dita davanti allo zigomo.

"Piacere nostro, cara." Rispose Camille, nascondendo un lieve tremolio isterico nella gola. Il padre di Tim si limitò ad un cenno del capo e un sorriso tirato delle labbra. Poi sua moglie continuò: "Timmy, tesoro, puoi gentilmente spiegarci quello che sta succedendo in nostra assenza?"

A Timothée non sfuggì come in effetti le labbra di sua madre fossero piegate in un sorriso di cordialità, mentre con lo sguardo stava cercando di incenerire suo figlio senza essere scoperta.

"Ecco, d'accordo con i nonni abbiamo deciso di adottare questa sistemazione, visto che Emma era rimasta da sola in casa..."

"Siete soli in casa?" lo interruppe sua madre, con un tono più alto del normale, spruzzato da quel sano panico nevrotico da genitore. Tim non avrebbe voluto aumentare la loro preoccupazione svelando il vero motivo per il quale era stato costretto al trasferimento. Ma il suo tentativo fu vano, dal momento che Emma prese la parola.

TOUCHWhere stories live. Discover now