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Le giornate si stavano, a mano a mano, scaldando. Il sole sembrava essersi misteriosamente acceso in anticipo in quei mesi primaverili e i due terrazzi sembravano essersi trasformati improvvisamente in due fornetti poco ventilati.

Timothée poteva avvertire le gocce di sudore scendergli sui fianchi da sotto le ascelle, mentre Emma continuava a contare, scandendo bene il ritmo, al limite del sadismo. Aveva un'espressione compiaciuta dipinta in volto, mentre obbligava il ragazzo ad alzare due casse di acqua in modo ripetitivo, seguendo una odiosa App di allenamenti che aveva scaricato sul telefonino.

"Forza, ancora due giri, pappamolla. Falle lavorare quelle braccina che ti ritrovi." Gli urlò, mentre lei si dilettava in un paio di affondi con le stesse casse d'acqua che aveva Tim, dall'altra parte.

"Braccine, Emma. Non braccina." Riuscì a sputare fuori tra uno sbuffo e un altro.

"Fa lo stesso, te vedi di muoverle, comunque si chiamino." Sentenziò lei, mentre la voce insensibile del programma avvertiva l'inizio dell'ultima serie.

"Cazzo, sto per svenire." Si lamentò con un filo di voce, Tim.

"So che ce la puoi fare."

"Sei la persona meno motivante che possa esistere. Si sente chiaramente che dici un mucchio di stronzate. Mi si stanno per staccare le braccia." Gridò, Timothée in preda ad una chiara crisi di nervi.

Emma rise così forte da sovrastare il suono del cellulare che avvisava i ragazzi della fine dell'allenamento.

"Fanculo!" Tim lasciò le casse d'acqua sgraziatamente, così da farle ribaltare su se stesse, a terra. Provò a tirare loro una pedata, per rimarcare il suo sdegno, ma quelle non si mossero di un millimetro. Poi si tolse la maglietta appallottolandola e lanciandola sulla sdraio dove si mise seduto, tastandosi le braccia doloranti e i muscoli gonfi e contratti. "Cazzo, quanto bruciano!"

Emma si avvicinò al muretto con le mani sui fianchi, con il suo top Nike nero fresco di lavanderia, come se fosse stato appena indossato.

"Dobbiamo fare qualcosa per quel fisico da ranocchio." Constatò scuotendo la testa e studiando il soggetto dalla testa ai piedi.

Tim allargò le braccia contrariato, ma le riabbassò subito con una smorfia di dolore, riafferrandosele tra le mani e guardando Emma accigliato.

"Non me ne frega niente del mio fisico da ranocchio, come lo chiami tu. Questa cosa che stiamo facendo è una cazzo di tortura!"

"Ma, piano piano, vedrai che ti ci abitui. E poi fa bene alla salute."

Timothée si lasciò andare sfinito all'indietro, sulla sdraio. Emma lo sentì mormorare da lontano.

"Ho bisogno di una sigaretta."

La ragazza continuò ad osservarlo in silenzio. Le lunghe braccia magre, con un leggero accenno di muscolo, tirato e affusolato, penzolavano tese dalla sdraio. Dai polsi ciondolavano alcuni bracciali. Non aveva mai fatto caso quanto a Tim piacesse indossare gioielli. Ne sfoggiava sempre di diversi, al collo e alle braccia. Sdraiato, con le gambe piegate ai bordi della seduta, il suo petto sudato brillava sotto il sole, e faceva muovere in su e in giù la collana a palline che aveva intorno al collo. Un ritmo lento e profondo che aveva incantato Emma, regolando il suo respiro con quello del ragazzo.

Si mise un'unghia in bocca, cominciando a smangiucchiarla e sputando di tanto intanto qualche pellicina secca. Avrebbe voluto scavalcare quel dannato vuoto tra i due terrazzi e stendersi sul corpo del ragazzo all'istante. Voleva toccarlo e annusarlo. Voleva tirargli quella collana e farsi accarezzare dalle sue mani ovunque.

TOUCHWhere stories live. Discover now