Quei due facevano anche degli scherzi, e nell'ultimo periodo si divertivano a prendermi di mira. Parola mia, sarebbe finita con una bella rissa. Adoravo i fratelli: erano simpatici e ogni tanto avevano fatto degli scherzi epici a mia sorella sotto mia richiesta, ma odiavo gli scherzi che facevano a me. Erano maligni.

Quando anche l'ultimo ragazzo fu entrato, Percy accompagnò Tyson al centro del padiglione. Le conversazioni si interruppero. Le teste si voltarono.

«E questo qui chi l'ha invitato?» mormorò qualcuno della casa di Apollo.

Dalla voce, capii che non si trattava di Will. In tal caso, fulminai tutta la tavolata, facendoli zittire, mentre Will sghignazzava per le facce terrorizzate dei suoi fratelli.

Dal tavolo principale, una voce biascicò:
«Bene, bene, guarda un po' chi si rivede: Peter Johnson. Ora si che sono al colmo della felicità»

«Percy Jackson... signore» fece Percy, infastidito.

Il signor D sorseggiò la sua Diet Coke.

«Si. Beh, come dicono i giovani di questi tempi: vabbè».

Portava la sua solita camicia hawaiana leopardata, un paio di bermuda e delle scarpe da tennis con i calzini neri. Sembrava veramente un turista di Las Vegas che aveva fatto tardi al casinò.

Silena mi diceva sempre che avrebbe pagato per dargli qualche lezione di moda o comprargli dei capi nuovi; e aveva ragione. Certo, la moda non era il mio forte, anzi, ma vedere come si vestiva Dioniso era agghiacciante.

Alle sue spalle, un satiro dall'aria piuttosto nervosa pelava gli acini d'uva, passandoli poi uno alla volta al signor D.

Zeus lo aveva nominato direttore del Campo Mezzosangue per costringerlo a disintossicarsi per un centinaio di anni, una punizione per averci provato con non so quale ninfa proibita.

Accanto a lui, dove solitamente sedeva Chirone (o stava in piedi nella sua forma di centauro), c'era la persone che più odiavo in tutto il campo: un uomo pallido è magrissimo, vestito con una logora tuta arancione da detenuto. Sul taschino c'era il numero 0001. Aveva delle ombre blu sotto gli occhi, le unghie sporche e i capelli grigi, tagliati male, come se li avesse accorciati col tagliaerba.

Tantalo.

Fissò Percy. Sembrava... anzi no, era squilibrato, furioso, frustrato e affamato tutto in una volta sola.

«Questo ragazzo» gli spiegò Dioniso «Devi tenerlo d'occhio, come ti avevo detto per quella laggiù» indicò me «Lui è il figlio di Poseidone...»

«Ah!» fece il detenuto «Quello».

Dal tono era evidente che i due avessero già discusso a lungo di Percy.

«Io sono Tantalo» si presentò il detenuto, con un sorriso gelido «In missione speciale qui finché... beh, finché il mio signore Dioniso non deciderà diversamente. Quanto a te, Perseus Jackson, vedi di non causare altri guai»

«Guai?» chiese lui.

Dioniso schioccò le dita. Un giornale comparve sul tavolo, ma non riuscii a leggere nulla di quello che c'era scritto: ero troppo lontana.

«Si, guai» confermò Tantalo soddisfatto «Ne hai causati parecchi l'estate scorsa, mi sembra di capire».

Percy sembrava furioso, tanto che non rispose. E come dargli torto? Quel tipo ti innervosiva anche se non parlava; aveva questa dote speciale.

Un satiro si avvicinò tutto tremante e posò un vassoio di carne grigliata davanti a Tantalo. Il nuovo direttore delle attività si leccò le labbra. Presi a ridere. Mi sorella mi tirò una pacca sulla schiena.

𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓𝐁𝐔𝐑𝐍,    percy jackson ¹ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora