× CAPITOLO LXVI ×

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× CAPITOLO • LXVI ×





Una volta ordinati e riuniti in un unico punto esterno ai fossati i corpi di tutti i caduti, Yoongi aveva rimuginato per svariato tempo in merito al loro numero e ad altre, forse frivole se prese in considerazione in un tempo parallelo e soprattutto in altro luogo, considerazioni. Quando ci si trovava in guerra, e la propria esistenza era sotto minaccia, uccidere appariva improvvisamente semplice tanto quanto lo era respirare. Era come se una forza ― che era poi quella che alimentava la sua mano quando impugnava la sua spada di acciaio puro e pesante ― lo spingesse ad affondare colpi nei corpi dei suoi rivali, a dilaniarli al punto in cui non sentiva più le ossa all'interno di esso fare da ostacolo al percorso della lama che brandiva. Era rimasto parecchio sorpreso la prima volta che aveva infilzato qualcuno ma quella reazione non era affiorata in lui a seguito dell'azione del gesto in sé ― o dalla derivante consapevolezza di esserne perfettamente in grado ―, quanto piuttosto dalla facilità con cui lui stesso era riuscito a portare a termine quell'azione e solo poi, dalla consistenza che la carne che riempiva il petto e gli arti di quegli uomini, avevano contro la spada che li lacerava. Non aveva dormito e mangiato per svariati giorni, in seguito a quell'accadimento, ma alla fine col trascorrere del tempo era riuscito a riprendere in mano la sua vita e quelli che erano i suoi compiti. Tuttavia però, quello non voleva ugualmente dire che osservare tutti quei corpi i cui visi erano stati resi di cera ormai a causa del velo della morte che si era imbattuto su di loro come una condanna fredda ed irrevocabile, non gli provocava scombussolanti formicolii alla base della gola. Da quando era diventato un generale della guerra, non solo di nome ― toccato a lui per diritto di nascita ― ma anche di fatto, s'era più volte interrogato su questioni come quelle quando era libero da pensieri che vertevano soltanto sulle questioni della tattica e della strategia. Quando era un ragazzino, idee e considerazioni a proposito della vita, la sopravvivenza ed il rispetto per qualcosa che alla fine era una ed una soltanto per chiunque camminasse e respirasse in quel mondo, non lo avevano mai sfiorato. È stato dunque solo con gli anni, che aveva imparato a dedicarsi ad affini riflessioni, oltre che a pronostici su quella che sarebbe stata la sua di morte. Perché alla fine era solo questione di tempo prima che la stessa sorte incombesse anche su di lui e con lo stesso temperamento con cui si era chinata sugli altri: incontrovertibile ed inarrestabile a dispetto di ogni contrariazione. A volte l'aveva bramata addirittura con un'ardore che aveva poi rimpianto, le volte a seguire quando, ritrovatosi nella medesima situazione di pericolo, l'aveva evitata aggrappandosi alla sopravvivenza con un attaccamento che non credeva di avere e di poter manifestare. Aveva un rapporto ambivalente sia con il concetto di vita che con quello di morte, Yoongi. E molto spesso, s'intratteneva con loro in una danza che pur facendogli sfiorare sempre l'estasi, talvolta gli stringeva il petto in una morsa tenebrosa ed angosciante mentre altre, gli dava solo l'impressione di non poter godere mai di un'altra sensazione più sublime di quella.

Era si affascinato dalla nascita ma era attratto inevitabilmente anche dalla distruzione, e quest'ultima in particolare, la perseguiva e la metteva in atto ― facendola diventare reale e tangibile come un'ustione sulla pelle provocata dall'eccessiva vicinanza col fuoco ardente ― ogni volta che ne aveva l'occasione sul campo di battaglia. E gli ultimi corpi che stavano prendendo fuoco sulle pire costruite dai suoi stessi soldati non erano altro che la prova materiale di quanto stava ricordando a se stesso. Avevano passato un paio di giorni ad occuparsi soltanto di tutti i caduti nel corso della battaglia ed altri stralci di tempo ancora, li aveva trascorsi ad interrogare coloro che si erano arresi. Non avevano detto parecchio, come in realtà s'era anche aspettato, ma alcuni di loro, quelli che più ci tenevano a continuare a vivere nella speranza di essere resi prigionieri di guerra, avevano parlato anche fin troppo, lasciandosi andare spesso e volentieri anche a delucidazioni del tutto personali e dunque, per nulla favorite dalla presenza di prove che ne avrebbero potuto confutare la veridicità. Yoongi aveva ascoltato tuttavia tutto, comprese le più arbitrarie illazioni, e talvolta aveva incalzato quelli più propensi alla chiacchiera con delle pietanze prelibate: le sue, per l'esattezza. Pasti sostanziosi e carne di una qualità elevata, avevano convinto quei soldati a spiegare ogni più piccolo dettaglio della storia della loro rivoluzione, notizie su chi l'aveva fomentata ed anche le mosse che ancora rimanevano loro da fare. Aveva appreso che era questione di poco tempo ormai, prima che un altro gruppo di rivoltosi giungesse verso di loro per vendicare l'onta subita ma anche per difendere il proprio territorio ed il comandante si stava ancora interrogando anche su ciò che avrebbe fatto a tal proposito. A parere di Jungkook attenderli e schiacciarli così come avevano già fatto con il primo gruppo, di proporzioni ben più grandi, era l'idea più adeguata ma Yoongi invece, seppur non sminuendo l'inconfutabilità che nascondevano le parole del suo vice comandante, d'altra parte non poteva impedirsi di pensare anche ad un altro piano. Molto più bellicoso e volendo, dal simbolismo addirittura superbo ma che, tuttavia, meglio avrebbe incalzato il proposito di chiudere quella ribellione quanto prima, scoraggiandone allo stesso tempo la nascita di nuove.

𝙲𝙾𝙳𝙴 - 𝟽𝟼𝟹𝟿𝟶𝟷 │ 𝙾𝙼𝙴𝙶𝙰𝚅𝙴𝚁𝚂𝙴Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora