1973: Tortini Al Limone

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‹‹Ehy figlio dei fiori, cosa fai di bello?››

Lais stava a qualche metro di distanza da lui. Non indossava la divisa della scuola, ma una salopette di jeans con una maglietta a maniche corte; i capelli erano raccolti in maniera disordinata sulla testa e tenuti fermi dalla bacchetta, usata come un fermaglio. Alcune ciocche le ricadevano selvagge lungo la nuca, fino alla metà della sua schiena. Tra le mani stringeva un paio di scarpe di tela, i piedi nudi sull'erba come sua abitudine.

Regulus scosse le spalle, senza sapere bene cosa rispondere. Stava trascorrendo uno dei compleanni più tristi della sua vita, Lais e tutti gli altri erano scomparsi da ore e solo lei si era fatta viva. E per di più si stava comportando come se quello fosse un giorno come un altro.

‹‹Ma tu guarda, il principe si è tolto le scarpe›› l'amica scoppiò a ridere, indicando i piedi di Regulus che timidamente si affrettò a nascondere nell'erba alta della riva del Lago Nero.

‹‹Cos'è un figlio dei fiori?›› Regulus non aveva mai sentito nessuno in casa sua usare quell'espressione.

‹‹È una cosa dei babbani. Sono giovani ragazzi che professano l'amore libero e la pace. Indossano abiti dai colori sgargianti, fiori e bandane nei capelli, portano i capelli lunghi sia le femmine che i maschi.

Per le strade di Londra è facile incontrarne, anche se mia zia Livia dice di averne visti un sacco in America. Pensa che ne ha visti a milioni a Washinton DC, davanti alla Casa Bianca che protestavano contro la guerra del Vietnam›› Lais si era seduta a gambe incrociate sul prato. Proprio accanto a Regulus che ancora stava in piedi. Non era mai stato in nessun posto nominato dall'amica, aveva solo una vaga ide di dove fossero Washinton DC e il Vietnam, ma al di fuori di quello non sapeva nulla. Al di fuori di Londra e della cerchia di amici dei genitori, Regulus si rese conto di non conoscere nulla.

‹‹Farò finta di sapere cosa sia la guerra del Vietnam›› borbottò Regulus, spostando il peso da un piede all'altro. Non sapeva se sedersi lì con l'amica o andarsene altrove. Alla fine, l'aveva ignorato per tutto il giorno, e di sicuro non indossava i vestiti giusti per rotolarsi nel prato.

‹‹Secondo zia Livia è solo l'ennesima occasione in cui gli americani giocano a chi ce l'ha più grosso›› l'amica scosse le spalle, con un gesto della mano fece segno al ragazzino di andarsi a sedere accanto a lei. Lui, ancora dubbioso, si ficcò le mani nelle tasche dei pantaloni. Lais scoppiò a ridere, sguaiatamente, l'attenzione di tutti gli altri studenti su di loro. La testa di lei gettata all'indietro, altre ciocche sfuggite dalla sua precaria acconciatura. Lui completamente rosso in viso, che con movimenti meccanici cercava di sedersi sul prato, pregando che tutti si stufassero di guardarli.

‹‹Oh, finalmente siamo alla stessa altezza››

‹‹Sto seriamente pensando di buttarmi nel Lago Nero e sparire dalla faccia della terra››

‹‹Sei bravo a nuotare o trattenere il fiato sott'acqua?››

‹‹No››

‹‹Beh, questo potrebbe essere un problema›› Lais ridacchiava ancora, in maniera più contenuta. E, per qualche strana ragione, anche Regulus si ritrovò a imitarla. 

I due amici rimasero seduti davanti al Lago Nero, chiacchierando dei loro piani per l'estate, anche se nessuno dei due ragazzini aveva una chiara idea di quello che avrebbe fatto. Da seduti i due si ritrovarono sdraiati, con l'erba che solleticava il loro viso. Uno di fianco all'altra, si stavano dedicando al commento delle forme delle nuvole in cielo. Come punta da qualcosa, Lais si rialzò immediatamente, prese per il polso Regulus e iniziò a trascinarlo verso il castello. Nonostante le proteste e le richieste di chiarimenti da parte del ragazzino, Lais non disse nulla; o per lo meno fino a che non arrivarono davanti alla Sala Grande. Dalla tasca della salopette, la ragazzina tirò fuori una bandana.

Il Diario Dell'EredeWhere stories live. Discover now