Capitolo 44

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Questo era il mio ultimo giorno nella mia università. Anche se non l'avevo vissuta come tutti i miei compagni, lasciarla, mi portava un piccolo strascico di sofferenza al cuore. La letteratura, per quanto impegnativa potesse essere, era in grado di dare un significato alle cose che succedevano nella mia vita. Mi sedetti in prima fila,come il mio solito, ed iniziai a fotografare ogni singolo momento che vivevo in quel momento.
Mr Smith:"A fine lezione, vi ridarò i vostri saggi" disse per poi riprendere il discorso. Pensai alla mia ultima sessione di esami, ai miei piagnistei ogni volta che cercavo di fare una versione di latino, e alla grande biblioteca dove ogni volta andavo a rinchiudermi per leggere qualche cosa sui miei autori preferiti. La lezione terminò secondo l'orario, e tutti andarono di corsa verso la cattedra dove il signor Smith consegnava delle strane buste gialle contenenti i nostri lavori.
Mr Smith:"Congratulazioni" mi disse porgendomi la busta "Sapevo che ce l'avrebbe fatta"
Quella risposta mi fece arrossire in volto tanto che dovetti coprirmi con il foglio per mascherare l'imbarazzo, prima di avviarmi verso l'uscita
Mr Smith:"Ah signorina Jones, aspetti un secondo" disse ancor prima di farmi uscire, "Volevo dirle che ho letto il suo saggio e penso che dovrebbe spedire ciò che ha scritto,alla persona per cui ha dedicato il testo"
Il sorriso mi si spense in volto, le parole e i pensieri arrivavano soltanto a chi sapeva andare oltre le parole, e con il signor Smith, non avevo proprio scampo.
"Le auguro una buona vita signorina Jones" aggiunse in fine con un pizzico di rammarico
"Grazie anche a lei!"; lo salutai con un grande sorriso prima di lasciare dietro di me la mia classe di letteratura.

Mio padre stava caricando le ultime valigie colme di tutta la roba che avevo deciso di portarmi a New York. Le cose più ingombranti le lasciai in camera mia, anche se avrei speso tutti i soldi, avevo deciso di comprare tutto nuovo per l'appartamento che sarei dovuta andare a vedere una volta arrivata.
Ryan:"Cos'è quella busta che hai in mano?" domandò incuriosito con le mani in vita
Carol:"Non è nulla, solo un regalo del Signor Smith"
Ryan:"Ecco caricata l'ultima scatola" aggiunse chiudendo il cruscotto della mia macchina. "Ci siamo allora" disse prima che mamma e Brandon uscissero fuori per salutarmi. Mia madre non riuscì a trattenere le lacrime, tanto che fu la prima a venirmi a salutare "Abbi cura di te tesoro, ti voglio bene" biascicò tra i miei capelli
Carol:" Anche io"
Brandon:"Dai mamma ora basta, faccela salutare anche a noi" disse scocciato. La mamma si staccò con malinconia da me, tanto che Brandon dovette spostarla per salutarmi. "Fai il bravo" gli dissi prima di dargli un lieve bacio tra i capelli
Brandon:"E tu mandami la demo di Call of Duty appena uscirà"
Elizabeth:"Brandon!" lo chiamò mia madre in modo severo
Era il momento di salutare mio padre. Era sempre stato il mio punto più debole, per quanto bene gli volessi, non sono mai riuscita a dirgli quanto fosse importante per me. L'ho sempre ammirato per la sua dedizione verso la nostra famiglia. Questi tre messi insieme, erano il mio pezzo di cuore più grande.
Ryan:"Ciao piccolina" mi strinse forte a sè come quando ero piccolina. Mi avvinghiavo a lui per la paura di cadere, ma sapevo che lui, non mi avrebbe mai fatto vacillare "Ciao papà"
Ryan:"Ora vai o farai tardi"
Carol:"Si vado" sorrisi a tutti prima di partire, per poi aprire lo sportello della macchina. L'aereo sarebbe partito tra due ore, ma come solito, avevo la necessità di arrivare sempre prima di ogni appuntamento. Durante il tragitto mi risuonarono le parole che il signor Smith mi aveva detto "spedire il saggio a chi lo avevo dedicato". La busta gialla era posta nel sedile di fianco, ed era come se stesse mettendo a dura prova la mia forza di volontà; e dopo svariate occhiatacce tra di noi, presi la strada che portava verso casa sua e lasciai la busta nella sua cassetta delle lettere.

Cos'è la felicità?
Non sono mai stata brava a dare un significato concreto alle cose che mi portavano felicità, ma sapevo che dietro di esse si celava un grande segreto che mi dava benessere. "Cercare le cose giuste" forse era questo il vero senso che portava noi persone a intrometterci in situazioni che non ci fanno sentire appagate come desideriamo. Viviamo in un mondo fatto di illusioni,di grandi gesti e di piccole bugie tenute da un mostro nero che si nasconde dietro un forte muro:la paura.
Si ha paura di vivere,di buttarsi nelle cose; dove per raggiungere il grande momento bisogna scovare il grande mistero che si cela dietro una parola che porta addosso un grande significato.
La si conosce svariate volte, in un forte abbraccio,nel calore estivo di quando si tocca per la prima volta la sabbia bollente o magari in un paio di occhi che si incrociano per strada e sul quale ci fantastici per giorni interi. La mia felicità non sapeva di nulla ma era così potente da domandarmi se potesse mai esistere una cosa così forte. La sensazione che si ha una volta conosciuta diventa quasi come una forte dipendenza, non si ha nemmeno più la forza di cercarla perché lei ti trova ogni volta che ne abbiamo bisogno. Sapeva farmi vacillare, provare quel piccolo brivido che si sentiva ogni volta che si provava a riprendere l'equilibrio dopo una lunga sbandata. La mia felicità però l'avevo conosciuta sulla mia pelle,una volta sola, e fu proprio quella a farmi colmare tutto ciò che riusciva ad inghiottire dentro di sé. Aveva gli occhi profondi, un paio di occhi che riuscivano ad insediarsi dentro di me senza nessun minimo sforzo, rimanevano lì a fissarmi, a volte parlavano molto, altre lasciavano spazio ad un silenzio assordante. Sapeva di casa, tutto ciò che riusciva a provocare felicità, acquistava sempre un posto sicuro nel nostro animo. Sapevo tenergli testa soltanto quando quelli incontravano la mia ira, quando per la prima volta mi accorsi, che per il merito dell'apparenza bisognava soltanto fingere di credere alle illusioni.
Provo a ricordare i piccoli attimi di felicità vissuti in questo minuscolo tempo che scorre senza fretta, va piano anche lui, proprio come me, fin quando, una volta che ti giri per controllare per l'ennesima volta l'orologio, ti accorgi di non averlo più. Tutto ciò che ci rende felice prima o poi veniva spazzato via, e in quel momento ti rendi conto che LUI era parte di te.

Il migliore amico di mio padre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora