Capitolo 41

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Perchè rimani lì impalata a fissare la porta, ribellati a tutto ciò che quell'uomo ti ha fatto passare, mi ripetei guardandomi allo specchio. Fuori ero rimasta in silenzio a cercavo in tutti i modi di soffocare,ma in un modo o nell'altro uscivano fuori nel momento meno opportuno, i ricordi. Che ne aveva fatto quest'uomo di me,mi domandai più volte togliendo da sotto gli occhi le ultime lacrime che mi stavano riempiendo gli occhi. Dopo le ultime parole che aveva detto prima di uscire, la mia testa si era ritenuta complice di tutto ciò che era stato detto in quel momento. Avevo alzato una muraglia di fronte a lui,una muraglia invalicabile ma ogni volta come un prode cavaliere, riusciva ad insediarsi dentro di me come nessuno altro faceva. Sembrava essere uno scherzo del destino quasi, uno scherzo talmente grande che mi faceva rivivere gli stessi errori andando a ritroso nel tempo. E forse era proprio questa la mia punizione in tutta questa faccenda, avere una bella scossa ogni volta che si ricominciava a vivere.
Salii le scale non appena sentii la porta dello studio di mio padre aprirsi subito dopo il boato della porta. Non volevo mi vedesse in questo stato, anche perché non sarei stata in grado di spiegargli il perché dei miei occhi lucidi. La mia camera sembrava essere fredda, e in quel preciso istante mi sentii una sconosciuta tra quelle mura che conoscevo molto bene. Cominciai a sentire freddo e così decisi di raggiungere il letto,dove la mia amata coperta mi stava attendendo. Poggiai la testa sul cuscino e lì iniziò di nuovo il mio loop infinito con i pensieri.
"Sei tu che non hai perso nemmeno un secondo a trovarti un altro"
Non avevo idea di quanto tempo ci misi a togliermi quell'espressione sofferente davanti al volto. La vita mi metteva ogni volta a prendere una scelta,e a rinunciare accidentalmente a tutto ciò che portava dei guai. Era diventato questo ormai, il mio più grande guaio mai commesso in tutta la mia vita. Quelle parole mi fecero rimanere molto male, per dirla tutta, rimasi proprio delusa da come uno come lui avesse avuto così tanta sfrontatezza di dire a me di essermi rifugiata in altre braccia quando lui è stato il primo a correre in un'altra direzione per non affrontare i problemi. Ogni ricordo, ogni promessa che ci eravamo fatti stava diventando giorno per giorno un punto morto per me. Guardai fuori dalla finestra la luce riflessa che illuminava la scrivania, sgorgare dalla metà della mia finestra. Entrava luce in quella camera, come se volesse riscaldare tutto quel freddo che avevo portato da quando ero tornata li. Assomigliava molto al clima mattutino di quando stavamo a New York, già New York, la vacanza più tragica e bella che io potessi ricordare. Mi spuntò un sorriso malinconico nel ricordare le lunghe passeggiate in quei piccoli vicoli colorati, i colori autunnali delle piccole foglie, le nostre chiacchierate nel piccolo bar vicino al fiume Hudson,i nostri baci, i nostri momenti. Immersa nella parte che avevo cercato di accantonare per tutto questo tempo, sentii bussare alla mia porta. La maniglia si abbassò lentamente e pregai con tutta me stessa che non fosse venuto mio padre a darmi spiegazioni per aver sentito la porta dell'entrata sbattere. Fortunatamente era James, aveva in volto un'espressione molto pensierosa che lasciava spazio nel far credere a chiunque lo guardasse in quel momento che gli fosse accaduto qualcosa di drastico.
James:"Disturbo?" disse timidamente
Carol:"No entra pure" dissi io non aria molto distaccata. Non mi alzai minimamente dal letto, ma iniziai a concentrarmi sulle varie espressioni che faceva in quel momento. James iniziò a fare avanti e indietro per tutta la stanza mandando ancora di più in fumo il cervello, fin quando per il troppo nervosismo che mi stava creando in quel momento, mi alzai e lo presi per le spalle.
James:"Stai bene?" mi chiese con aria preoccupante
Carol:"Si certo" mi schiarii la voce dopo quell'affermazione ma ebbi soltanto un grande nodo in gola
James:"Non sembra che tu stia bene" sentenziò venendosi a sedere vicino a me sul letto. Mi spostai più in là per fargli spazio e poi rimanemmo in silenzio accompagnato ogni volta da qualche sospiro che proveniva da lui.
James:"Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente, controlla il passato"
Non capivo perché continuasse a citare George Orwell. La sua espressione si spostava da me al mio armadio bianco posto in fondo alla stanza. Fai qualcosa, pensai tra me e me. Lo fissai a lungo fin quando non decise di prendere la mia mano.
James:"Forse non è questo il nostro momento" disse a testa bassa
Carol:"Ma cosa stai dicendo?" dissi incredula. James si sistemò dritto vicino alla testiera del letto, per poi girarsi completamente nella mia direzione.
James:"Potrei stare qui ore ed ore a girarci intorno ma, quando sto con te mi sembra di tornare di nuovo adolescente e di rivivere tutte quelle emozioni che ti scompigliano lo stomaco.." mi disse guardandomi dritto negli occhi. Aveva un'aria molto strana, non saprei spiegare se fosse dipeso dal discorso che stava facendo ma James stava rendendo tutto ciò molto inquietante.
James:"Io mi sono innamorato di te"
Carol:"Oh" fu tutto ciò che uscì dalla mia bocca dopo la sua affermazione. Lui non ne fu molto sorpreso anzi fu come se fosse una conferma alla domanda che si era posto già. Ero innamorata di lui io? Per quanto James sapesse farmi sentire bene,e per quanto mi fossi imposta di meritarmi uno come lui, i miei sentimenti per lui, non erano gli stessi...
Carol:"Io..."
James:"Non dire nulla, a me sta bene così" Era una domanda a cui nessuno poteva dargli una risposta,tanto meno io. Sapevo che non si sarebbe meritato tutto ciò e sperava con tutto se stesso di farmi cambiare idea,le nostre uscire, le cento frasi lette vicino al lago, mi hanno portato solamente a capire che io non ero quella giusta per James. Continuava ad accarezzare la mia mano, come se quella che era stata appena rifiutata, fossi io. Conoscevo benissimo quella sensazione, quella sensazione che è più una conferma che una supposizione. Meritava una persona capace di amare solo lui, e non due persone contemporaneamente, proprio come stavo cercando di fare io.
Carol:"James, per quanto bene siamo stati in questo mese,forse siamo arrivati alla conclusione di avere due diversi concetti di amicizia..." cercai di spiegargli io "Mi hai sempre fatto capire quanto sia importante dire la verità, e forse la mia verità ad oggi è che sono aggrappata ancora ai ricordi di un passato che non potrà mai tornare indietro"
James:"Se torni sempre nello stesso punto, significa che non se n'è mai andato del tutto.."
Carol:"A cosa ti riferisci?" dopo la mia domanda James lasciò la mia mano, e poggiò le braccia sulle ginocchia piegate.
James:"Ti ho sentito parlare prima con Chris.."
Dopo l'ultimo nome pronunciato, mi voltai verso di lui con aria preoccupante. Percorsi nella mia mente tutto ciò che in quel momento ci fossimo detti, i gesti, le parole; ripercorsi anche tutto ciò che avevano intorno a noi, ma nella mia mente, James non era presente in quel momento.
Carol:"Andrai a dire tutto a mio papà?" furono le ultime parole che dissi prima di chiudere gli occhi e nascondere tra il silenzio. James sembrava riflettere su ciò che gli avevo chiesto, per quanto buono potesse essere sapevo che si sarebbe tenuto tutto per se, anche a costo di essere infelice.
James:"No" disse "Cerca la tua parte mancante, che sia lui oppure no e ricomincia ad amare perdutamente"
Lo guardai dritta negli occhi per far vedere a me stessa che persone buone al mondo esistevano, e James ne era la prova. Aveva gli occhi lucidi come me, sia per la situazione che si era creata, che per le parole che James aveva speso per me, ma che alla fine erano indirizzate al suo cuore vagabondo che stava cercando soltanto un posto in cui restare. Mi appoggiai con la testa sulla sua spalla, e lui mi cinse a sé con il braccio. Sembravamo due caduti in guerra, una guerra che avevamo perso senza nemmeno puntarci nessuna arma contro,una guerra in cui, nessuno dei due, ne era uscito vincitore. Volevo consolarlo in quel momento, dire le mie solite parole motivazionali ogni qualvolta si presentassero dei momenti del genere, ma non ne ero più capace e la situazione si era ribaltata, perché era James che stava consolando una totale incompetente che avrebbe dovuto soltanto buttare fuori.
James:"Dopo questa dichiarazione non pensare di liberarti di me tutti i pomeriggi" disse alzandosi dal letto, sforzandosi di fare un sorriso
Carol:"Non vedo l'ora" dissi io lentamente mentre lo guardai aprire la porta
Carol:"James..?"
James:"Si?" disse voltandosi verso la mia parte
Carol:"Grazie"
Dopo aver richiuso la porta non sapevo più se lo avrei rivisto di nuovo: tutto questo suo essere così chiaro verso di me,mi aveva fatto accettare che la mia vita era soltanto da decifrare, e così quel giorno, quando sentii per l'ennesima volta un'altra porta sbattere, capii che la mia solitudine andava soltanto trasformata in parole.

Il migliore amico di mio padre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora