Capitolo 36

2.5K 84 7
                                    

Si dice che quando si ama una persona non la si deve lasciare andare per nessun motivo, deve rimanere ancorata al nostro bisogno di essere amati nella maniera più incondizionata di sempre,ma io non ero capace di trattenere nessuno sopratutto nel momento in cui capivo che piano piano svanivano insieme alla parte più sensibile di me. Dicono che l'amore ha sempre la meglio su chi si ama veramente,su chi sente la vita scorrere nelle vene,su chi sente il cuore battere a due mila,su chi vede la propria anima incontrarsi con qualcun'altra che sembra bastargli per tutta la vita; ma poco dopo capiamo che tutti abbiamo un enorme sasso che ci portiamo dentro,quel sasso che ci ha fatto ritorcere lo stomaco fino a toglierci il fiato; ognuno di noi è schiavo del proprio dolore, è schiavo di chi lo vive,di chi lo sente e non di chi immagina cosa si prova. Al corso di letteratura latina ci hanno spiegato più volte cosa significasse la parola amore ovvero "senza morte" e stava a significare l'intensità  infinita che questo sentimento aveva in qualsiasi forma esso si celava, ed io facevo parte di tutte quelle piccole anime del mondo che in quel momento stavano morendo d'amore.
Passavo le mie giornate a fissare fuori dalla finestra le solite macchine che impegnavano ogni giorno la mia strada, avevo iniziato ad interessarmi della vita dei nostri vicini che sembrava essere più interessante della mia. La signora Canfield,una simpatica anziana che viveva vicino casa nostra, ogni giorno si occupava a portare il suo piccolo cagnolino peloso a spasso per il quartiere in cerca di qualche apposito posto per fare i propri bisogni. Portava sempre una fantomatica mantellina ricamata probabilmente da lei e fui incantata dalla precisione e dalla scelta dei colori che aveva usato per ricamare due margherite color rosa chiaro. Nonostante la sua anziana età, trovava sempre la forza e la voglia ogni giorno di portare fuori il suo cagnolino e di fare una grossa scorpacciata di aria pulita vicino ad un giardino che si trovava poco dopo casa mia. La signora Canfield viveva da sola in una piccola casina che si affacciava subito all'inizio del nostro quartiere,non aveva figli ma ogni tanto vedevo che una signora le faceva visita portandole anche qualcosa da mangiare. Ogni pomeriggio si metteva seduta fuori la propria veranda a fissare il vialetto vuoto come ad aspettare il ritorno di qualcuno; sorrideva spesso probabilmente il ricordo della sua giovinezza le faceva spuntare quel piccolo sorriso che colmava il suo vuoto. Io ultimamente ero diventata proprio come lei aspettavo e speravo nei ritorni delle persone,aspettavo che qualcuno bussasse improvvisamente alla mia porta per portarmi via da questo grande caos che stava oscurando la mia vita, ma le promesse, così come i ricordi, erano soltanto delle futili bugie. Chris non si sarebbe mai voltato indietro a cercare ciò che aveva perso perché tutto ciò che aveva perso lo aveva ritrovato nella brillante Mia.
Sento bussare improvvisamente la porta e spero che il mio desiderio si avveri su chi si celasse dietro di essa, ma le mie aspettative sapevano prendersi gioco di me alla grande perché non appena la porta si aprì, trovai mia mamma con una tazza di the fumante.
Elizabeth:"Posso entrare?" disse aprendo lentamente la porta, mostrando solamente la mano  con il the caldo
Carol:"Si puoi entrare" dissi a voce bassa quasi inesistente. Mia mamma entrò in silenzio senza fare domande ma già sapevo che nella sua testa frullava il  perché questa volta non reagissi a ciò che stavo vivendo
Elizabeth:"Ti ho portato un pò di the caldo" disse venendo verso di me che stavo ancora fissando fuori dalla finestra come se in quel momento volessi scappare da quella stanza.
Carol:"Grazie, poggialo pure sulla scrivania"
Elizabeth:"Oggi non vai all'università?" mi domandò poggiando una mano sulla spalla
Carol:"No"
Elizabeth:"Però" disse con tono esclamativo "Guarda che carina la signora Canfield che passeggia sotto questo sole" disse sorridente "Perché non esci a fare una passeggiata anche tu?"
Carol:"Non so se sia una buona idea.."
Elizabeth:"Ma sì,vedrai che ti sentirai meglio" sentenziò per poi lasciarmi di nuovo da sola nella stanza "Fammi sapere se cambi idea" disse poi chiudendo la porta.
Sembravo essere diventata una di quelle persone che si vedono per strada prive di ogni singola emozione, non avevo più niente da dare perchè tutto quello che avevo da offrire era stato preso da una persona che credevo ne avesse avuto cura, ma di me,alla fine, non era rimasto assolutamente niente. Il senso di vuoto faceva a gara con i ricordi più belli che avevo di noi; ogni giorno venivo risucchiata in un vortice che mi ero creata solamente io; lo avevo idealizzato, avevo idealizzato che lui potesse essere il meglio che mi era stato augurato poco prima da un ragazzo innamorato, ci avevo creduto, Dio se ci avevo creduto a tutte quelle stupide cose che diceva ogni volta per fare colpo, sapeva che ero dipendente da lui ma alla fine ero stata colpita proprio dalla mia paura più grande.
Mi alzai da vicino la finestra per distaccare un po' i pensieri da quella che ormai era diventata l'unica percezione che avevo sulla mia vita, e mi andai a sedere sul letto dove avevo lasciato il telefono. In questi casi la maggior parte delle persone chiama i propri amici per uscire da questo enorme tormento, cosa che potevo fare anch'io, potevo chiamare Abigail, ma il senso che potessi recarle disturbo era più forte del dolore, cosi riposai il telefono sul comodino. Nel posare il telefono,  feci caso a quel piccolo bigliettino con quel bruttissimo font gotico che avevo depositato lì. Lo presi in mano e rilessi di nuovo il numero ricordandomi della richiesta che mi aveva fatto James l'ultima volta che lo avevo incontrato. Erano passate due settimane da quando mi diede il bigliettino fuori dalla mia macchina e i suoi occhi chiedevano espressamente una risposta il più presto possibile. Papà ogni volta che tornava a casa da lavoro, ci raccontava spesso su quanto fosse ossessionato nel tenere le cose sempre sotto controllo così, ogni volta, chiedeva a lui di visionare i nuovi arrivati all'ufficio. Fissai quel foglietto per una buona mezzoretta domandandomi se fosse davvero giusto farmi sentire cosi improvvisamente dopo due settimane, magari si sarà anche dimenticato di avermi dato il suo numero. Dopo un po' di ripensamento mi feci coraggio e mi memorizzai il suo numero sul telefono, forse uscire e conoscere nuove persone mi avrebbe fatto bene.
"Ciao James sono Carol...dopo due settimane è ancora valida la proposta che mi hai fatto?" inviai il messaggio senza rileggerlo e più che un messaggio sembrava una richiesta d'aiuto. Dopo nemmeno cinque minuti il mio telefono vibrò sul comodino.
Jason: "Oscar Wilde aspettava questa risposta da un bel po' " diceva il messaggio. Mi scappò un mezzo sorriso nel leggere quello che aveva appena scritto. Me lo immaginavo smanettare il telefono mentre se la spassava a lavoro su quella sua strana sedia girevole di pelle nera.
Carol:"Ah ma che onore parlare con il mio autore preferito in persona"
Jason:" L'onore è tutto mio di aver ricevuto una risposta da una delle mie più brillanti lettrici" quel messaggio aveva un non so che di familiare che mi faceva scaldare il cuore, pensavo che tutti i dipendenti di mio padre fossero solo giacca e cravatta, invece da quando trovai quel libro sulla sua scrivania mi ricredetti, sopratutto su di lui.
Carol: "Sono molto lusingata nel ricevere un commento del genere da lei, il maestro dell'estetismo"
Jason:" Così mi fa arrossire, se non ha nulla in contrario potremmo vederci per discutere del mio libro da vicino; che ne dice?"
Mi fermai di nuovo prima di dargli una risposta certa, non volevo assolutamente rinunciare all'occasione di condividere le mie idee su quel libro che mi aveva cambiato l'esistenza, ma allo stesso tempo ero ancorata a questa camera che non mi lasciava nessuna via di scampo; dovevo ritrovare di nuovo la motivazione e la forza che avevo perso per guardare avanti,ecco cosa dovevo imparare a fare, dovevo imparare ad andare avanti e pensare che prima o poi tutto ciò che mi aveva fatta soffrire cessasse di essere la mia rovina più grande
Carol:"Si, affare fatto!"

Il migliore amico di mio padre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora