Capitolo 26

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L'aria mattutina che proveniva dalla finestra aperta mi svegliò improvvisamente. Non dormii granché durante la notte perché il pensiero che Chris dovesse dividere la casa con Mia mi stava angosciando particolarmente. Allungai una mano per accarezzarlo , ma la mia mano toccò la sua parte di letto vuota, così mi girai per vedere dove fosse finito. L'aria di New York mi aveva contagiato con questa sua malinconia durante questa primavera che risultava più triste del solito. Mi voltai verso la finestra ad osservare una signora annaffiare la piccola pianta che teneva sul suo davanzale come se fosse l'unica cosa di cui occuparsi. Improvvisamente sentii un gran frastuono provenire dall'ingresso e fui costretta a mettermi diritta sul letto per non cogliermi impreparata nel caso fosse successo qualcosa. Vidi Chris girato di spalle fare attenzione a non far cadere ciò che portava. Si girò e vidi la sua espressione stupita.
Chris:"Non ti avrò mica svegliato io?" disse con un vassoio colmo di roba in mano
Carol:"No no mi sono svegliata poco fa"
Chris:"Scusami per il trambusto ma non riuscivo ad aprire la porta" disse venendosi a sedere sul letto con le cose in mano.
Carol:"Cos'è tutta questa roba?"
Chris:"Colazione a letto" disse sorridendo "Non sapevo cosa ti piacesse così ho preferito prendere un po' di tutto"
Il vassoio era ricco di prelibatezze cornetti,frutta,bacon e uova come potevo fare la mia solita colazione con tutto questo ben di Dio davanti gli occhi. Di solito facevo colazione con latte e cereali o quando la mamma era in casa ci faceva i suoi pancake speciali che mi mettevano l'acquolina solo a pensarli,ma lui queste cose come poteva saperle... Mia me la immagino più una tipa da cappuccino da portar via o qualche centrifugato di sedano per non guastare la sua linea perfetta, loro due seduti nella sua sala da pranzo a ridere e scherzare davanti al suo piatto preferito...Chiusi gli occhi per scacciare via quel pensiero che si stava insediando nella mia mente. In questo momento c'eravamo solo io e lui ed io mi stavo uccidendo da sola con un pensiero che era a 10 ore da qua.
Chris:"Ci sei?" disse passandomi una mano vicino gli occhi
Carol:"Cosa?"
Chris:"Preferisci il dolce o il salato?"
Carol:"Il dolce però vorrei assaggiare anche quelle uova li giù" dissi indicando il piatto
Chris:"Hai già deciso non si torna indietro" disse portandosi alla bocca la forchetta colma di uovo "O mio Dio Jones non puoi capire che bontà"
Lo lasciai mangiare, godendomi ogni sua espressione compiaciuta ad ogni boccone che si portava alla bocca; io mi dovetti accontentare di un croissant semplice e di una tazza di caffè. Finita la colazione Chris si sdraiò sul letto e io mi accucciai vicino a lui.
Chris:"Questa colazione è stata fantastica" disse chiudendo gli occhi
Carol:"Concordo il caffè era buonissimo" dissi guardandolo poggiata con il mento sul suo petto. Chris aprì gli occhi e iniziò ad accarezzarmi i capelli con smettendo di guardarmi negli occhi
Carol:"Cosa c'è?"
Chris:"Niente sei bella" disse mettendo più volte una ciocca arruffata dietro l'orecchio. Risi a quello che aveva appena detto e mi rifugia con la faccia sul suo petto per coprire la vergogna
Chris:"Sopratutto quando ti imbarazzi" disse dandomi un lieve bacio tra i capelli; "Ora vestiti che usciamo"
Carol:"E dove andiamo?"
Chris:"Andiamo a vedere la città siamo qui apposta no?!" disse alzandosi e lasciandomi da sola sdraiata a letto. Andò verso il bagno mentre io iniziai a pensare a qualcosa di comodo da mettermi. Dalla finestra non entrava quel solito spiraglio di luce che proveniva dalla mia camera, le tende si muovevano ogni tal volta che il vento iniziava a soffiare. Fortunatamente ad ogni viaggio portavo con me, una felpa che serviva sempre per tempi come questi. Dalla valigia estrassi un pantalone a zampa di jeans che era molto comodo per camminare e poi le mie amate scarpe da ginnastica.
Chris uscì dal bagno già tutto vestito mentre io non sapevo nemmeno da dove cominciare. Andai dopo di lui portandomi con me i vestiti. Mi stiracchiai un po' prima di lavarmi la faccia, e poi aprii l'acqua per iniziare il mio restauro. L'asciugamano era poco più in là del lavandino,ma ad occhi chiusi fu quasi un impresa trovarla. Aprii gli occhi e rimasi a fissare lo specchio. Su di esso c'erano dei post it con su scritto qualche cosa. Mi avvicinai di più ad essi e mi scappò un sorriso. Ecco perché ci aveva impiegato così tanto. "Sei la mia persona preferita" diceva uno di essi, Dio quando poteva essere perfetta quella frase detta da lui. Ormai mi aveva stregato sia il cuore che la testa, tanto che qualsiasi cosa mi avesse detto in quel momento, ci sarei cascata in pieno. Ancora con il sorriso stampato in volto mi soffermai su quello attaccato al centro "Ti amo". Il sorriso si trasformò in una cosa che pareva più seria rispetto ad una reazione che una persona normale ha. Non lo avevo ancora mai detto, per paura o magari per la reazione che avrebbe avuto l'altra persona dopo che l'avrei detta anch'io. Staccai i post it dallo specchio e li poggiai sul lavandino, quest'uomo era tanto intelligente quanto pazzo. Mi affrettai a finirmi di preparare per poi passare una buona mezz'ora a truccarmi. Uscii dal bagno di corsa per il grande ritardo che stavo facendo.
Carol:"Prima che tu dica qualcosa lo so hai ragione ora possiamo andare" dissi con il fiato smorzato. Chris alzò gli occhi al cielo per poi decidersi di alzarsi dal letto e venire verso di me, che lo stavo aspettando vicino ai piedi del letto. Prese una giacca dall'armadio e ci avviammo verso la porta insieme. Chiuse la camera a chiave per poi indirizzarci verso l'ascensore. L'ascensore aveva sempre quegli specchi che ti facevano sentire ogni qualvolta a disagio con te stessa, anche se pur non volendo, rischiavi di buttare l'occhio sul tuo riflesso per vedere come le persone realmente ti vedevano. Alla reception c'era sempre il ragazzo che ci accolse il giorno prima al quale chiedemmo per la Signora Green; Chris gli lasciò le chiavi e ci congedò con un sorriso cordiale.
All'uscita dell'hotel c'era un via vai di gente con delle valigie dietro che entravano ed uscivano dalle porte scorrevoli, dove file di taxi facevano capolinea per tutte quelle che dovevano alloggiare in questo hotel. Fortunatamente fu una fortuna anche per noi,infatti fu molto semplice prenderne uno. Speravamo con tutto il cuore di trovare Mike, l'autista dell'altra volta, ma al suo interno trovammo un simpatico signore con il sorriso contagioso pronto a portarci a Manhattan, la destinazione che aveva deciso Chris.
Manhattan era qualcosa di veramente eccezionale, da lontano l'Empire State Building faceva capolino sui grandi grattacieli che c'erano intorno. In lontananza un carretto che preparava degli hot dog mi provocò un forte brontolio allo stomaco nonostante la colazione abbondante fatte poche ore prima. Chris mi teneva la mano ed era attento ad ogni singola parte che ci fosse in questo posto, osservava, rifletteva, rideva come se con la mente riuscisse a fotografare e immagazzinare i momenti in una sola parte del suo corpo, cosicché una volta tornati, poteva riprenderli a vivere.
Camminavamo senza mai fermarci, sembravamo una di quelle coppie sdolcinate che non si vedevano da tempo e che avevano soltanto poche ore per stare insieme per poi salutarsi davanti alle porte aperte di un treno in partenza. Stavo bene, al sicuro in una città sconosciuta che mi provocava le farfalle allo stomaco per la gioia di sentirmi così viva. Central Park era una grande chiazza verde, che girava intorno ad un fantastico laghetto popolato da persone che lo usavano per andarci in barca. Gli alberi avevano già sfumature verdi dando quel senso di giardino incantato. Ad ovest di Central Park, capitammo tra la 58ª strada e la 125ª strada, all'Upper West Side, un quartiere che ospitava le più belle case mai viste d'ora. Alcune avevano un colore proprio che si differenziava dalle altre. Ogni edificio aveva un tetto diverso e addirittura un'altezza differente. Andando più avanti, trovammo in mezzo alla strada una vecchia cabina che scattava delle foto.
Chris:"Hey Jones guarda là" disse indicandomi la cabina. Era felice, glielo si leggeva negli occhi che tutto quello che voleva era entrarci dentro. Lo accontentai senza fare domande, odiavo farmi le foto ma nonostante ciò amavo il fatto di vederlo felice. Chris inserì la moneta richiesta per iniziare a scattare, il timer diceva di guardare fissi nell'obiettivo, ma io non ero per niente brava in queste cose. La cabina era molto piccola, tanto che in due persone era un po' difficile starci. Chris mi fece mettere sulle sue gambe e mi strinse la vita per non farmi cadere. Iniziò il countdown allo scatto, giurerei che la prima fosse venuta male perché non sapevo dove si trovasse l'obiettivo, le altre furono storia. Ci affrettammo ad uscire per vedere il risultato. Nella prima avevo gli occhi che puntavano da tutt'altra direzione;la seconda una volta capito il meccanismo, cercai di mettermi in posa, ma venne un po' sfocata;la terza, per colpa di Chris, venne mossa con entrambi che ridevamo; l'ultima,fu l'unica ad uscire bene, eravamo stati immortalati durante un bacio rubato, che per me rappresentava l'epicentro del mio cuore.

Il migliore amico di mio padre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora