capitolo24

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-Laurence's pov-

Stavo morendo.

Letteralmente.

Il caldo era quasi soffocante, in quella sottospecie di forno roccioso, e il mio povero indice stava perdendo molto più sangue di quello che mi sarei aspettato, nonostante Eris avesse tentato di guarirmelo.
E a proposito di quella vecchia bagascia, era proprio colpa sua e della sua corsa disperata per raggiungere Emma e dichiararle amore eterno se due arpie spelacchiate mi avevano rapito e buttato bruscamente in quello schifo di grotta.

Questi anfratti angusti e aguzzi stavano inziando seriamente a nauserami.

Tentai di alzarmi, ma presto finii con il fondoschiena sfracassato sull'ennesima pietra.

Ero troppo debole e troppo legato per riuscire a scappare, o anche solo a guarirmi.

Negli ultimi giorni avevo iniziato a percepire che i miei poteri da figlio di Apollo mi stavano pian piano abbandonando, probabilmente per la distanza sempre maggiore dal sole o dall'eccessivo uso che ne avevo fatto.

Più di una volta, infatti, avevo... incollato, se così si può dire, alcuni cocci di Emma, e mi ero pure guarito le varie ferite, solitamente lievi, ma molto numerose, sparse per tutto il mio corpo, per non parlare di tutte le canzoni che avevo strimpellato e cantato per tenere lontani quegli orribili mostri.

Eh già, il mio fascino e la mia bravura hanno un prezzo, e lo stavo pagando proprio in quel momento.

Il mio stomaco brontolò, riportandomi dolorosamente alla realtà, probabilmente per la fame, che si aggiunse alla sfilza già infinita di mali che mi tartassavano in quel momento.

Quanto mi sarebbe piaciuto assaporare una bella tagliata grondante di sangue, magari condita con un sottile filo d'olio crudo e un pizzico di sale grosso.

Mpf, se Richard potesse sentire i miei attuali pensieri mi tirerebbe addosso un vaso di geranei.
Lui e le sue manie vegetariane...

Non mangiavo della buona carne da prima della guerra contro Gea, e tutto perché ogni volta che provavo anche solo a nominare il cosiddetto "alimento proibito", il figlio di Demetra spuntava magicamente dal nulla, insieme ad un qualche arbusto di origine ignota con cui tentare di decapitarmi, sparando insulti e pensieri catastrofisti sull'ambiente a profusione.

Era buffo quando si accendeva così tanto solo per una semplice e pura ideologia, ma da arrabbiato faceva veramente paura, quindi evitavo sempre di farlo infuriare o di trovare dei pretesti per avercela con lui.

Come se fosse possibile prendersela con il mio faccino da angelo, ad ogni modo.

Decisi comunque di accantonare i miei pensieri sull'unico amico umano che, in pratica (e non solo in pratica) avevo e di trovare un modo per slegarmi e fuggire.

Sì, ero debole, ma anche altrettanto iperattivo, e non sarei riuscito a starmene fermo con le mani in mano ancora per molto.

Per prima cosa cercai di guardarmi intorno, e di trovare una roccia particolarmente tagliente per tagliare le corde che mi stringevano i polsi, così poi da avere le mani libere.

Tutto sommato, per quanto fosse lugubre e spettrale, il posto in cui ero non mi sembrava affatto stretto o piccolo, il che era abbastanza un bene.

Le pareti erano molto più nere del normale, e, nei pressi di alcuni cuniculi bui che si diramavano a partire dalla sala-grotta in cui ero stato gettato, si trovavano delle grosse incisioni più rossastre che recitavano formule oscure ed inneggianti alla morte.

Dato che studiavo il latino, a scuola, riuscii a tradurre abbastanza facilmente la più evidente e vistosa di tutte le frasi che decoravano le pareti.

•Il dono degli Dei||storia di una ragazza molto particolare•Where stories live. Discover now