capitolo20

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-Emma's pov-

Pazienza.

Ecco cosa serve per riuscire a sopportare sia le emozioni negative generate dalla resa dei conti imminente, sia i ricordi di ciò che è accaduto nella cabina 1, sia, e soprattutto, Laurence.

Mi costa un immenso sforzo non strangolarlo ogni volta che si caccia nei guai, che mi parla, che respira nel mio spazio vitale e che canta o urla.

Rumoroso sarebbe uno dei primi aggettivi che mi vengono in mente per descrivere quello spruzzetto di sole.

Per una come me, abituata alla solitudine e al silenzio, o alle urla di divinità, avvertire così... chiaramente, la presenza di qualcuno oltre a me era strano, per non dire irritante. 

Invadente sarebbe un altro ottimo aggettivo per lui.

Ma comunque, nonostante tutti i lati del suo carattere che devo ancora imparare a sopportare, ero grata della sua presenza.

Non so come, riusciva ad essere allegro e solare anche nel Tartaro, e, in più, il suo sorriso era pure contagioso.

Ad ogni modo, per far sì che smettesse di farmi domande su qualsiasi cosa, e, di conseguenza, per evitare la sua prematura morte, avevamo già istituito alcune regole.

La prima: ogni giorno avevamo a disposizione  solo una domanda "ufficiale" da porre l'uno all'altra e viceversa.

La seconda, legata alla prima: non potevamo assolutamente mentire o evitare di rispondere.

La terza: se uno dei due necessitava di stare solo e di pensare, l'altro doveva fare silenzio e lasciarlo in pace.

(Cosa che, puntualmente, Laurence non faceva).

La quarta: se un mostro attacca, scappa.

Le altre regole erano ancora in via di sviluppo.

Comunque, nonostante avessimo passato insieme solo poco tempo, mi sembrava di conoscerlo da un'eternità (il Tartaro fa questo effetto).

-"Testa d'argilla!"-

Parli del diavolo, e ti spuntano le corna.

La soave (emh, circa) vocina del figlio di Apollo mi riscosse dai miei pensieri, costringendomi ad abbandonare il mio comodo giaciglio (ossia una roccia un pochino più piatta delle altre) per la "notte" (praticamente era sempre quasi del tutto buio laggiù, quindi non sapevamo di preciso in che momento del giorno eravamo) e ad avvicinarmi al suo (un'altra comodissima roccia)
-"Cosa c'è, sapientone?"-

Si, mi ha costretto a storpiare e ad usare i soprannomi che si erano dati Percy ed Annabeth.

Penso che la sua fissa per la biondina non gli sia ancora del tutto passata.

-"Nulla, volevo solo sapere se fossi ancora viva e un mostro bavoso e viscido non ti avesse afferrato mentre dormivi..."-

In breve, si sentiva solo.

Bhe, in parte lo capivo.

Era stato costretto a prendere parte ad un'impresa, con una sconosciuta, sapendo combattere praticamente solo con l'arco, a malapena, e tutto questo, per sbaglio. O meglio, solo per aver tentato di origliare una litigata, avendo pure scarsi risultati.
Si, gli avevo già chiesto perché fosse il quel cespuglio, e non si era fatto problemi a rispondere sinceramente, come al solito. Altro suo pregio: faceva sembrare il dire la verità una cosa facile. 

Si mostrava come un libro aperto, dalle emozioni vivide e con poche maschere, ma sapevo che, probabilmente, era molto di più di quello a veder. In primo luogo, molto più complicato. Era ancora un enigma, come ogni altra persona appena la si conosce, e io non vedevo l'ora di risolverlo. O almeno, di capirci qualcosa chiaramente. 

•Il dono degli Dei||storia di una ragazza molto particolare•Onde histórias criam vida. Descubra agora