9.1) Dibattiti con una con i calzini con il merletto... questa ragazza è strana

16 2 6
                                    

BLAKE

-Cavolo Evans, quanti drammi che fai- la schernii.

-Ho diciassette anni che vuoi farci- scrollò lei le spalle.

-Ciò ti giustifica? - le domandai stranito.

-È il momento di sbagliare.- disse lei all'improvviso. Non le credevo.

-L'incarnazione della perfezione, miss "se ho un capello fuori posto dalla coda di cavallo esplodo" che sbaglia in qualcosa? Sto avendo un miraggio.- risi di gusto.

-Stai zitto mister "ti contraddirei anche sul colore dei calzini" non hai voce in capitolo.- quella ragazza sapeva tenermi testa.

-Probabilmente ti contraddirei anche su quello, ma cos'è che ti frena tanto dallo sbagliare come dici tu?- chiesi allora io, mentre riflettevo sul fatto che probabilmente lei era una da calzini alla caviglia con il merletto ricamato.

-Sai sono sempre stata una persona super razionale e con una specie di disturbo ossessivo compulsivo sugli avvenimenti. Sono una specie di maniaca del controllo della mia vita.- si, era palesemente una dai calzini con il merletto. Era bello vederla aprirsi in quel modo, sentirla parlare, lo percepivo, il sollievo che tingeva la sua voce quando si liberava dai pesi semplicemente parlandone, ma allo stesso tempo mi accorgevo che faticava ad accettare di farlo. Nei corridoi era continuamente in fuga. Quando incontravo il suo sguardo per errore, subito lo distoglieva, e poi era capace di distruggere una persona semplicemente guardandola negli occhi. Vedevo che svoltava l'angolo di proposito quando avanzavo nella sua direzione e che fingeva di non sentire la mia voce quando gridavo il suo nome nei corridoi. Scappava da me, ed era comprensibile, dato che non facevo che contraddirla e mandarla in confusione. La verità era che anche lei confondeva me. Mi mandava lo stomaco in subbuglio e avvertivo il caos nella mia testa ogni qual volta che lei apriva bocca.
Aveva una percezione così dannatamente tetra della vita, ma allo stesso tempo razionale e immensamente grande.
E nonostante fosse stata capace di tenermi testa anche a costo di morire, sapevo che fosse infinitamente fragile. Ancora non mi capacitavo di come quella piccola ragazza potesse racchiudere così tanta grandezza, di come sapesse esercitare un così grande potere su coloro che la circondavano. Forse a causa del suo linguaggio uscito direttamente da un romanzo ottocentesco, o alla sua empatia smisurata.

-Ho sempre avuto questo bisogno di avere il pieno controllo e di mantenere regolare e stabile l'andamento della mia vita. Nel momento in cui una certezza viene meno io implodo. Ho bisogno di poggiarmi sempre su pilastri stabili e a lungo termine. - "Si Josephine Evans, lo so. Lui mi aveva messo in guardia su questa parte di te." Pensai. Ma non potetti dirglielo, nonostante l'irrefrenabile bisogno di dirle tutto quello che sapevo, che lui mi aveva detto di lei, tenni il becco chiuso, per il mio e per il suo bene.

-Hai mai provato l'ebbrezza di perdere il controllo? Hai mai provato a volare senza poggiarti a nessuno di quei pilastri che ti incatenano alla stabilità? - le chiesi di punto in bianco. Non sapevo perché iniziassi a parlare così in sua presenza. A parlare come se dovessi risultare all'altezza di qualche termine di paragone, semplicemente sentivo che meritava qualcuno che la ascoltasse per davvero e che le ponesse le domande giuste, o semplicemente che controbattesse usando le parole giuste.

-Ho paura di annegare. - "non annegheresti neanche se ti legassero negli abissi Evans, sei troppo forte per farti annegare, e io ne so qualcosa" pensai.

-In cosa? - curiosai nella sua mente che tanto mi affascinava.

-Nell'oblio. - mi lasciò spiazzato, disarmato. Lui mi aveva detto che lei era diversa, mi aveva detto che aveva qualcosa di oscuro a logorarla dentro, qualcosa di tenebroso che la consumava lentamente. Mi aveva detto che mi avrebbe letto l'anima con lo sguardo, che mi avrebbe tenuto testa anche a costo di morire. Ma mai mi sarei aspettato che quella ragazza dalla bellezza disarmante, unica, rara, avesse quello sguardo carico di dolore che conoscevo bene. Era una sensazione strana. Qualcosa di inspiegabile. Guardarla era estenuante, stremante. In lei rivedevo me stesso. Quella parte di me stesso che reputavo il mio più grande demone. La parte di me stesso squarciata da una voragine. In quella ragazza rivedevo il bambino che nove anni prima aveva perso tutto.
In lei rivedevo la mia oscurità.
Era lo specchio delle tenebre della mia anima.

Lei sembrava completarmi, ma non potevo lasciare che lo facesse, non con l'impegno che avevo preso con lui, lui che ora mi faceva ribrezzo.

-Che cos'è per te l'oblio? - le chiesi.

-Un'esistenza basata sull'incertezza, abbandonata al controllo di forze oscure. - fu la sua risposta.

-Dovresti smetterla di vederla sotto questa prospettiva, se ti fa tanto paura annegare nell'oblio, impara ad addentrarti al suo interno, diventa padrona di quell'oscurità. Molla il controllo sulla tua vita e gettati a capofitto nell'ignoto. - "Lei non è James." Pensai. "Non rivolgerle le stesse parole che rivolgevi a James".
Mi ammonii, ripensando al fantasma di James, che ancora abitava tra gli scheletri del mio armadio.

-E se non ci sarà nessuno a prendermi? - "ci sarei io" pensai.
E improvvisamente non fu più per lui. Ma perché desideravo salvare quella ragazza nella quale rivedevo la parte rotta di me. Perché sentivo il bisogno di aggiustarla, come non ero riuscito a fare con me stesso.

-Atterrerai sulle tue gambe. - fu però la risposta che diedi.

-Devo distruggere quell'equilibrio statico che ho cercato per tutta la vita e vivere nell'instabilità della follia?- chiese più a sé stessa che a me.

-Esatto. -

-Mi autodistruggerò. -

-Lo farai con stile almeno. - tentai.

-Oh, ci puoi scommettere Blackwell. -

La guardai.

-Ora ripetilo. - le dissi.

-Cosa? -

Cuore di TenebreWhere stories live. Discover now