26 - seconda parte

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Il tono era evidentemente sarcastico, Skyler capì che stava cercando di umiliarla. Non senza risultati, peraltro, dal momento che non si sentiva così ingenua, sciocca e inutile da quando era stata surclassata dal fratello in una partita ad Aphebis. A pensarci ora sembrava una sciocchezza, ma aveva commesso una serie imbarazzante di errori, che Shan le aveva fatto pesare fino allo sfinimento, con la delicatezza che lo contraddistingueva. Ora Croyle si stava comportando allo stesso modo, facendosi beffe di ogni suo sbaglio. Ma con conseguenze molto diverse e imprevedibili.

«Nel suo bracciale non c'è nulla di interessante per me. Crede forse che il mio obiettivo fosse cancellare ricordi pericolosi? Mi sottovaluta se pensa davvero che non sappia che gli stessi episodi si trovano anche in altri Vortex, primo fra tutti quello del suo amico detective. No, il bracciale non mi interessa; le è stato disattivato e tolto per evitare spiacevoli inconvenienti, come comunicazioni inappropriate. Sarebbe stato un vero peccato se lei avesse contattato gli amichetti per raccontare loro ciò che le è accaduto, magari inviando la posizione attuale. Una seccatura per me e la mia squadra, glielo assicuro; ma forse questo può capirlo addirittura lei»

Stavolta Skyler ignorò la stoccata, perché ogni cellula nervosa era concentrata sulle conseguenze del discorso appena ascoltato. Per quanto ci pensasse non riusciva a immaginare quali fossero le volontà di Croyle, ma non nutriva dubbi sulla pericolosità della situazione. Era convinta che, in ogni caso, non avrebbe lasciato quello stupido laboratorio tanto facilmente; ma cosa poteva guadagnare l'uomo dalla sua scomparsa? Non riusciva a pensare a niente di sensato.

Di nuovo Croyle la fissava beffardo, di certo cercando di capire a cosa stesse pensando. Non voleva dargli alcuna soddisfazione e cercò di convincere paura e preoccupazione ad abbandonare il suo volto, restituendogli un apparente serenità. Non era sicura di esserci riuscita, ma le parve di aver recuperato un pizzico di controllo e si sentì meno in balia delle onde. Anche se la situazione non era affatto mutata.

Dopo qualche minuto Croyle si stancò e avviò una comunicazione tornadica. Durò pochi istanti, ma la ragazza comprese che aveva dato il via libera a qualcuno e fingere indifferenza divenne subito più difficile: l'apparente equilibrio stava per essere di nuovo stravolto, e ne ebbe paura. Presto avrebbe scoperto a cosa doveva la propria presenza in quella prigione trasparente.

La porta si spalancò e due persone fecero il loro ingresso nel laboratorio. Il primo era un uomo alto e ben piantato, dal fisico scolpito; non poteva avere più di trentacinque anni, i capelli erano scuri e cortissimi, gli occhi azzurri rivelavano un'impassibilità quasi annoiata. La seconda era una giovane donna dai capelli dorati raccolti sulla nuca. Anche i suoi occhi erano azzurri, ma anziché noia vi trasparivano determinazione e freddezza; Skyler capì subito che si trattava di una persona pratica.

«Bene. Possiamo procedere» disse Croyle inclinando leggermente la testa verso il punto in cui si trovava Skyler.

L'uomo dagli occhi azzurri non se lo fece ripetere; si mosse con passo deciso ma tranquillo verso il cilindro e, a un suo comando, le pareti scivolarono verso il basso, sprofondando nel pavimento. Skyler le guardò scomparire, silenziose.

«Non le conviene tentare mosse azzardate» l'avvertì subito Croyle. «Se si ribellerà saremo costretti a prendere provvedimenti poco piacevoli»

L'uomo dall'aria annoiata le afferrò un braccio, senza dire una sola parola, e la condusse verso una postazione sulla destra; qui vi era una sedia con braccioli e un banco da lavoro quasi vuoto, ad esclusione di una scatolina colorata che a Skyler non ricordava nulla che avesse già visto.

Non oppose resistenza quando la fecero sedere e alzò gli occhi su Croyle sperando di sembrare più risoluta di quanto si sentisse.

Sussultò quando si rese conto che le braccia, che l'uomo aveva posizionato sui braccioli, non rispondevano ai comandi e giacevano immobili. Per la prima volta si sentì davvero indifesa e alla mercé di Croyle e dei suoi collaboratori.

Marchio di fabbricaWhere stories live. Discover now