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Quella giornata aveva dell'assurdo.

Skyler era ormai da diverse ore alla Livetech, dove si era tenuta una riunione tra la sezione marketing e quella di ricerca e sviluppo, presieduta da Croyle in persona.

Non si erano trattati argomenti importanti, era uno dei tanti incontri programmatici e di scambio che il Presidente organizzava per potenziare la coesione; di solito Skyler, che sul lavoro era concreta e poco amante delle chiacchiere, considerava quei momenti inutili e fastidiosi, ma quel giorno fu felice di non dover ascoltare con attenzione, perché era certa che non ci sarebbe riuscita.

Anche solo vedere Croyle la destabilizzava, perché i fatti accaduti quel sabato l'avevano convinta non solo che l'uomo dubitasse di lei, ma che fosse la persona che stavano cercando. Sapeva che a capo della creazione del virus c'era lui, che i rischi corsi durante l'indagine erano attribuibili a lui, che almeno due persone avevano scoperto la propria natura sintetica a causa sua; e vederlo lì, in quell'elegante sala riunioni e indossando un abito all'ultima moda, dare direttive e consigli saggi con espressione amichevole le faceva ribollire il sangue.

Ryben, dopo averla salutata, non le aveva più rivolto la parola e la cosa non la infastidiva affatto: non avrebbe saputo cosa dirgli e sarebbe stato imbarazzante. Lo aveva tenuto d'occhio per l'intera durata della riunione, trovandolo più tranquillo di come si sarebbe aspettata, come se il weekend trascorso gli fosse stato sufficiente a superare lo shock. Più probabilmente non aveva creduto a una sola parola di quello che lei e Jacen gli avevano riferito.

Croyle l'aveva trattata come al solito: le aveva rivolto la parola in due sole occasioni e lei non aveva notato né toni né espressioni inconsuete.

Dal canto suo, Skyler si era sforzata di nascondere l'angoscia che provava, seguendo il consiglio che le aveva dato Jacen, di fingere che quell'uomo fosse solo un innocente sosia del vero Avix Croyle o un gemello filantropo e generoso. Il Vortex le aveva confermato che il tentativo di mascherare le proprie emozioni aveva avuto successo, i parametri erano nella norma e non segnalavano stress.

Jacen. Aveva pensato a lui più del solito in quelle ultime ore, era stato un chiodo fisso il giorno precedente. L'uscita nel distretto Thedus le aveva dato speranza di veder ricambiati i propri sentimenti e questo era riuscito a mettere in secondo piano addirittura la preoccupazione che Ryben avesse raccontato a Croyle della loro indagine.

Mentre abbandonava la sala riunioni assieme ai colleghi ripensò alla passeggiata che avevano fatto dopo la cena, lungo le meravigliose vie della zona sottomarina, che rilucevano candide al loro passaggio come se vi fossero incastonati dei cristalli di plaxite. Ricordava bene le musiche che avevano fatto da sottofondo ai loro discorsi. E di chiacchiere ce n'erano state tante: lei gli aveva raccontato che amava scrivere e lui aveva insistito perché gli inviasse qualcuna delle sue storie e l'aveva tempestata di domande su come creasse le trame e i personaggi. Poi Jacen le aveva confessato di avere un debole per i simulatori, passione ereditata dal padre e dal nonno. Avevano così scoperto di avere in comune l'amore per Easthace, e avevano programmato di giocarci assieme in settimana.

Era stata una serata molto piacevole e, prima di separarsi, Jacen l'aveva abbracciata. Le sembrava di sentire ancora il calore di quell'abbraccio.

Distratta dai ricordi si accorse di Ryben solo quando le toccò il gomito. Il giovane l'aveva affiancata lungo il corridoio e stava cercando di attirare la sua attenzione già da qualche secondo.

«Oh, Ryben, scusami, ero sovrappensiero»

«Lo immagino» rispose lui con voce allegra e un sorrisino che Skyler non riuscì a spiegarsi. «Volevo proprio parlarti, ma lontano da occhi e orecchi curiosi e gelosi»

Marchio di fabbricaWhere stories live. Discover now