26 - seconda parte

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Sopra lo spiraglio luminoso si formò un improvviso alone di luce, che Skyler trovò accecante dopo tanto buio; si portò una mano davanti agli occhi perché si abituassero.

Aveva intuito che doveva trattarsi di una porta, e non fu sorpresa di percepire la presenza di qualcuno. Quando gli occhi si abituarono e misero a fuoco Croyle lo trovò quasi deludente tanto era banale.

Si accesero le luci, candide e fredde, che le permisero di vedere meglio i macchinari attorno a lei, alcuni dei quali ora emanavano un lucore azzurrognolo.

«Signorina Lyell, il suo atteggiamento mi ha molto amareggiato» esordì. «Si è comportata come la proverbiale serpe in seno, ficcando il naso in faccende che non la riguardavano affatto»

La voce era pacata e calda, come se si trovassero alla Livetech, attorno al tavolo della sala riunioni mentre discutevano la campagna pubblicitaria per l'ultimo gadget per homesweep. Skyler avrebbe preferito un tono irritato o delle urla.

«Dov'è Jacen? Cosa gli avete fatto?» chiese, senza riuscire a celare una preoccupazione che aveva sperato di non lasciar trapelare.

Croyle sorrise. «Jacen? Immagino si riferisca al detective Kinall»

«Cosa gli avete fatto?» ripeté lei, alzando la voce e battendo un pugno sulla parete della cella.

Lui rise. «Dopotutto devo aver sopravvalutato le sue capacità se non è stata in grado di comprenderlo da sola: non abbiamo fatto nulla alla Sentinella, non abbiamo mai nemmeno avuto a che fare con lui»

Per un confuso istante Skyler pensò alla manipolazione mnemonica. Magari il ricordo di Jacen nella dropcar era fasullo, impiantato nella sua testa per qualche motivo. Ma non era possibile, non in un periodo così breve. A meno che non fosse trascorso molto più tempo di quel che credeva.

Croyle la fissava divertito, e la cosa era tutt'altro che rassicurante; Skyler ebbe la sensazione che potesse leggerle ogni singolo pensiero e la sola idea le dava i brividi.

«Non riesce a capire, eh!» allargò le braccia e un ghigno gli comparve sul volto. «Non c'era nessun Jacen nell'auto. I miei androidi hanno clonato quello che credevano essere il suo Vortex, signorina, come da istruzioni. Ma non era lei, nel Kyhome, e il bracciale apparteneva a una Sentinella. Il che mi ha dato accesso a un programma piuttosto interessante...»

Il cuore di Skyler sprofondò. Non era Jacen il ragazzo nella dropcar, ma qualcuno con le sue sembianze. E lei non era nemmeno riuscita a distinguerlo. Ora diventava chiaro il seguito, non era difficile immaginare perché non rammentasse il viaggio in auto e i ricordi terminassero pochi secondi dopo la salita.

Si sentì incredibilmente sciocca per non aver saputo prevedere che Croyle – ancora a piede libero – avrebbe potuto elaborare un altro piano. Una vocina dentro di lei le ricordò che aveva di fronte uno degli uomini più brillanti del Paese, ma ciò, anziché ridonarle un po' di autostima, le fece tremare le ginocchia al pensiero di averlo come avversario, da sola.

«Dove mi trovo?»

«Non credo sia di alcuna utilità per lei saperlo. Però se ci tiene le comunico che siamo in un laboratorio di mia proprietà, situato nel distretto Sibel»

«Perché mi trovo qui? Ho visto che mi avete privata del Vortex, che altro vi serve da me?»

Croyle simulò un'espressione contrita e scosse la testa. «Mi delude una seconda volta, signorina Lyell. Davvero crede che impossessarmi del Vortex fosse il mio obiettivo ultimo? Se l'ho fatto clonare è solo per sicurezza! Perché mai avrei dovuto esserne interessato? Per approfondire la sua vita sentimentale, come se fosse un olofilm romantico? O forse per carpire i segreti della sua abilità come grafica?»

Marchio di fabbricaWhere stories live. Discover now