CAPITOLO 77

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But the band they played our favourite song And I held you in my arms so strong


Era quella la famiglia che invidiava?

La casa dei suoi genitori storpiata da lavori di ristrutturazione mai finiti, amici ubriachi in attesa della partita, una maglietta da calciatore che costava quanto la cena per dieci e una consorte egocentrica che restava per il bene di una figlia plasmata a propria immagine. All'improvviso, vide quello che vedeva Claudia.

Renata fece per chiudere la porta. Con un piede Marco bloccò l'uscio.

«Tutta invidia la mia, eh?» Lo disse con la cortesia che riservava a Santini quando voleva coglierlo in fallo. Li zittì con più efficacia di un pugno. Cercò Gianni tra i volti accaldati. «Credevo ti piacesse vedermi. Che ti è successo al naso? Renata, che ha combinato?»

Sua sorella parlò di problemi al lavoro e un cliente manesco, mentre cercava di allontanarlo dalla porta.

«Un cliente?» Marco guadagnò l'atrio. «O una cliente?»

Il cognato brontolò «cazzi tuoi» e poco altro, prese una bottiglia ma era vuota.

«Mi sembri un po' pallido» insisté Marco. «Vuoi venire da me, ti offro una birra? A quanto pare qui le avete finite.»

«La tua birra fa schifo, come la tua vita.» L'altro si asciugò le labbra con il braccio, chiese una sigaretta al compare più vicino.

«Senz'altro, visto che include te.»

Si alzò un coro misto di risatine e rimproveri, Gianni scattò, era in gioco il suo onore davanti ai conoscenti. I più ragionevoli cercarono di trattenerlo, con il risultato che i due si fronteggiarono nel mezzo del salotto, a pochi centimetri di distanza, amici e parenti a fare da contrappeso e impedire lo scontro.

«Il naso non è ancora abbastanza storto.» Marco strappò la manica dalle grinfie di Renata, per ritrovarsi bloccato dalla moglie.

Gianni ruggì, lo sguardo arrossato dalla birra e dall'ira. «Figa, e ti avevo pure offerto un lavoro!»

«Ah, sì, credevo che l'offerta comprendesse altro. Vuoi ripetere i dettagli in pubblico?» Accennò alla sorella, che strillava senza far caso a quanto diceva.

Nel suo corpo alto e maschile, Claudia, con il figlio contro la spalla, si incupiva e fissava il cognato. «Quale offerta?»

«Claudia, cosa cerchi di insinuare?!» si intromise Renata. Dunque ascoltava. «Mio marito ti non ha fatto nessuna proposta, di qualunque genere!»

«Ne ha fatte due, una più generosa dell'altra» rispose Marco, sostenendo lo sguardo sempre più annebbiato del cognato. «Marco però non lavorerà con un idiota simile. Quanto all'altra offerta...» Si voltò verso la sorella che, aggrappata al suo braccio, in lacrime scuoteva la testa.

Claudia tirò forte la manica del marito. Aspettava da anni che smettesse di fare il codardo e affrontasse la sorella; era arrivato il momento proprio adesso, mentre Oscar le pesava sullo sterno e Silvia era a portata d'orecchio dei chiassosi amici di suo cognato. Marco era irriconoscibile, stringeva sua sorella per le braccia e le parlava di sentimenti, lui che a malapena stringeva mani e si nascondeva dietro il cellulare per non stabilire un contatto visivo.

«Mi fa cosa?» strillava Renata arruffando le piume. «Lui sì che è un bravo marito, non ci abbandona per viaggiare per il mondo. Nessuna sorpresa che i tuoi figli vengano su così.»

Claudia deglutì, l'odore di qualcosa che bruciava in cucina contaminò il salotto bianco e cancellò la pietà. Potevano offenderla, la stanchezza non le lasciava più molte energie per difendersi. Nessuno però poteva permettersi di insultare chi amava. Smise di trattenere il marito. «Cos'hai da dire sui miei figli?»

Renata si faceva aria con le mani. Suo fratello non aveva mai alzato la voce con lei, impossibile che iniziasse ora. «Sapessi! Colpa di tua moglie, sicuro. Mi dispiace essere io a dirtelo, Marco, ormai lo sanno tutti!»

«Lo sanno tutti perché non hai esitato un attimo a gongolare dell'accaduto» intervenne il vero Marco.

«C'è poco da fare se tua figlia è una puttanella» ridacchiò Gianni.

Più tardi Claudia avrebbe avuto modo di analizzare i fatti e le reazioni, metterle in ordine e chiarirle, esaminare eventuali alternative, come suo marito le raccomandava sempre. Per il momento, sequenze vivide si succedettero in fretta una dopo l'altra.

Gianni che ghignava tranquillo spalleggiato dai dubbi amici. Sua cognata che frignava di stress e pastiglie di valeriana. Sua nipote che spuntava dalla cucina e sventolava il cellulare a Silvia, la chat di classe aperta. Silvia di colpo tra la zia e i genitori, le fossette della tristezza e gli occhi lucidi. Il padre che la tratteneva con un gentile «Tranquilla, cucciola, ci siamo noi» e stringeva la piccola mano della figlia. Oscar completamente sveglio che osservava la scena con i pugni chiusi.

La falcata verso il cognato, le lunghe gambe del corpo robusto di Marco. Le mani di Marco, le sue mani, che afferravano Gianni per il collo, come nei film sembrava tanto facile, ed era davvero così facile ora con il corpo di un uomo. La voce cupa di Marco che vibrava della sua ira mentre gridava:

«Cos'hai da dire su mia figlia, tu che ti sei passato le mamme delle elementari e medie, incluse metà delle maestre? Non che tua moglie abbia fatto da meno con i papà, vero?»

Renata che urlava, gli altri che scattavano in piedi. Il suo corpo basso e imbacuccato che lo allontanava parlando come Marco, due o tre degli amici più svegli trattenevano suo cognato.

«Basta, Claudia.» Marco le mise una mano sul collo e le fece abbassare la testa, perché le loro fronti si sfiorassero. Si sentiva stranamente placato, come se la furia di sua moglie avesse esorcizzato la propria. Era ancora lei, ancora Claudia. Sempre la più coraggiosa tra loro due, si trattasse di attaccare chi non gradiva Davide sul palco, o chi dicesse che Bon Jovi aveva una voce da femminuccia, o chi offendeva coloro che avevano la fortuna di essere amati da lei. «Dovrei essere io a prenderlo a pugni sul naso. In effetti, ho avuto questa soddisfazione e non mi dispiacerebbe ripeterla. Non guardarmi così.»

Da qualche parte sua sorella strillava ancora. «Sei scema, Claudia, chiami mio fratello col tuo nome?»

«Spero invece di essere nel pieno delle mie facoltà» disse Marco allontanandosi dalla moglie e lasciando scivolare Oscar a terra per affrontare la sorella. «Perché assumeremo una tata e potremo lasciarvi in pace. Inoltre, Marco cambia lavoro, non sarà più dirigente, perciò quei soldi che avevi chiesto per il gazebo, dovrai farteli dare da tuo marito.»

«Oh, la partita!» chiamò qualcuno alzando il volume del televisore.

«Oh, il fumo!» disse qualcun altro aprendo una finestra.

Renata e Gianni non si mossero.

Non rimase a scoprire cosa si sarebbero detti, né come avrebbero fatto a rappacificarsi e sua sorella a ottenere quello che voleva. Non dubitava che sarebbe accaduto: lei e suo marito, come lui e Claudia, erano fatti l'uno per l'altra.

Prese Oscar per mano, sua moglie già fuori con Silvia lo aspettava.

Si imbatté nella nipote, troppo intenta a messaggiare con un cellulare rosa per accorgersi di bloccare il passaggio.

Marco si chinò su di lei come per darle un bacio. «Valentina dice che le devi dei soldi per le sigarette.»

Soltanto anni dopo, quando ormai Lorenzo e il test sarebbero stati dimenticati, Giulia avrebbe scoperto che Valentina Vilipoti non rivelava a nessuno le proprie transazioni con i debitori.

Intanto Marco era sul marciapiede, dove l'auto li aspettava con le frecce lampeggianti, in quattro così come l'avevano lasciata. Gettò indietro la testa e gridò forte nella nebbia.

«Sant'Iddio, avrei dovuto farlo prima.»

«Noleggiamo un cartone animato?» Claudia teneva la mano sulla maniglia, incapace di andare avanti.

Lui inspirò. «No, per favore. Ora...» Cercò la cravatta che lo strangolava, non trovò nulla che gli impedisse di parlare. «Ora più che mai ho bisogno di te.»

Con la gola gonfia, lei salì in auto.

Canzone Per DueWhere stories live. Discover now