CAPITOLO 12

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And I stand alone / Cause I know that you're not coming home 


«Mamma, cosa c'è per cena?» Con un urlo belluino, Oscar si catapultò dal suo mazzo di figurine.

Silvia era già sparita in camera, la porta sbarrata.

Attorniata dalle borse accalcate sullo zerbino, impacciata dal cappotto pesante tonnellate, Claudia non ebbe la forza di ricordare loro di togliersi le scarpe. L'orologio a parete segnava quasi le otto. Tardissimo. Alle otto e un quarto bisogna cenare, sennò si fa troppo tardi, presto, in fretta, fretta.

La serratura di una qualche altra porta del pianerottolo scattò. Ci mancava soltanto dover salutare qualcuno, mostrarsi tranquilla e sana di mente. Afferrò altre borse, la plastica biodegradabile cedette prima di lei, la spesa rotolò sul pianerottolo.

«Oh, che sfortuna, succede sempre anche a me. Aspetti, l'aiuto.»

«Ehm, non serve, grazie.»

La vicina, una ragazza del Sud con un nome assurdo e il vizio dell'allegria, era già lì a cacciare le mani tra i surgelati e il latte.

«Ero in supplenza in classe di Oscar stamattina, glielo ha raccontato?» chiacchierava Meraviglia in ginocchio accanto a lei. «Proprio un bravo bimbo, educato. Mi ha detto che vorrebbe giocare a calcio, le iscrizioni sono ancora aperte. Mio cugino allena quelli dell'età di Oscar, potrebbe...»

«Grazie.» Facendo rotolare in casa sacchetti e scatole, Claudia quasi strappò di mano alla vicina l'ultima borsa per sprangare ben bene la porta.

Ancora in abiti da lavoro si affrettò in cucina, svuotate le borse a casaccio rovesciò qualche surgelato sul fuoco. Le ultime due birre aspettavano in frigorifero, dove le aveva lasciate.

"Il giorno in cui Renata trova lavoro."

Stappatane una, senza neppure cercare un bicchiere bevve dalla bottiglia un sorso frizzante, gelido e confortante. Mentre il ghiaccio scoppiettava sul fuoco e il nasello alla mediterranea si cuoceva a velocità eccessiva, riprese un pacchetto di patatine che aveva appena sistemato nella dispensa per una prossima festa di compleanno o una merenda tra amici dei ragazzi. Lo finì in meno di tre minuti, ancora prima che il purè in fiocchi si addensasse sul fuoco.

Alla vista delle briciole unte sulle dita si risvegliò con un conato acido in gola. Era a dieta, niente schifezze! Bevve un altro sorso. Un altro ancora, eddài, se lo meritava. Un ultimo goccio? Meglio andare in bagno e cambiarsi d'abito, struccarsi, rilassarsi con una passata di crema idratante, merda il timer, non c'è tempo. Fretta, in fretta.

A tavola, i soliti battibecchi sfiancanti di Silvia e Oscar. Fortuna che era soltanto mercoledì: impedì ai ragazzi di guardare la tv dopo cena per spedirli a letto tra brontolii e lamentele, domani c'è scuola, cartella, pigiama, denti, storia veloce, buonanotte.

Finalmente sola e in silenzio, sgusciò dal tailleur per avvolgersi nel confortevole pigiama un tempo tuta da ginnastica adattata con l'uso alle sue forme. In bagno si struccò con insistenza, seduta sulla tazza, la stanchezza appiccicata più profondamente del mascara. Estrasse dal mobile delle scope la bilancia e si pesò con tiepida aspettativa. Nonostante gli sforzi, ben sei nuovi etti in più. Provò l'impulso di scagliare la bilancia dalla finestra.

Si chiuse in camera da letto con un altro bicchiere di vino e il pacco dei libri. Finalmente sola. Finalmente libera. Sarebbe stata sveglia ore a leggere e rilassarsi, godersi il tempo per sé, ritrovare la pace. Proprio come stava facendo suo marito tra le braccia di quella donna affusolata che doveva pesare sì e no quaranta chili.

Si alzò dal letto un minuto dopo, aveva dimenticato di preparare i vestiti per l'indomani. Entrata dai ragazzi in punta di piedi per non svegliarli, alla luce soffusa del corridoio prese loro abiti puliti e li sistemò con cura in bagno prima di mettersi di fronte al proprio armadio.

Staccò grucce, rovistò cassetti, scagliò gonne e camicie sulle coperte, con brividi di freddo per il riscaldamento spento. Niente le piaceva, niente le stava bene.

D'un tratto tra le dita una stoffa morbida e lucida, nera e invitante.

Cadde a sedere sul letto.

Tanto tempo fa. Not so long ago. Lei con indosso sottovesti o camicie da notte cortissime. Marco che si avvicinava, le fossette della gioia non ancora mutatesi in quelle della tristezza. Le sue lunghe dita di pianista che slacciavano il nodo alla cravatta prima di scorrerle tra le cosce.

"Satisfaction is guaranteed. Lay your hands on me."

Mormorava sempre qualche verso di Jon prima di fare l'amore con lei. Tanto tempo fa.

La sottoveste di seta e raso che teneva in mano era stato un regalo di Marco, aveva segnato notti di fuoco e amore che nessun film o romanzo sarebbe riuscito a descrivere. Tanto tempo fa, dieci chili in meno e un marito che ancora parlava.

L'ultimo San Valentino, Claudia aveva fatto un ultimo tentativo. Da giovani le settimane prima del quattordici febbraio traboccavano di preparativi, sotterfugi, anticipazioni, e culminavano con il bel sorriso di Marco che con la sorpresa in mano non vedeva che lei, non voleva che lei.

Per ritrovare l'amore di allora, per il marito, per loro due, ammesso che loro due esistessero ancora, aveva valutato cento e più opzioni.

Il nuovo disco di Bon Jovi. Marco se l'era comprato da solo, lo stesso giorno in cui Claudia l'aveva ordinato su internet dimenticandosi di avvertirlo, così si erano ritrovati con due copie della stessa musica. Ognuno si era tenuto un disco e lo ascoltavano separatamente.

Un négligé come ai vecchi tempi. Figuriamoci, con i chili di troppo! Viaggi in località esotiche, ingressi alle terme, concerti: tutti scartati in mancanza di baby sitter.

Alla fine aveva ripiegato su un profumo costosissimo, Seduzione Blu, la famosa creazione che ancora dopo mesi faceva parlare di sé. Tempo addietro aveva condotto una vincente campagna promozionale, "Stupore", per fragranze e deodoranti, aveva quindi imparato a riconoscere i migliori prodotti e sapeva come trovarli. Le erano occorse comunque settimane per mettere le mani su una bottiglia del formato più piccolo. Avvolto con cura in una carta sfavillante che scrocchiava allegra tra le dita, un fiocco rosso come la passione e un bigliettino dai colori sgargianti con una bella frase stampata. Una frase un po' banale, pazienza, non c'era tempo di pensarne una originale.

Marco aveva scartato il ramoscello d'ulivo mentre Claudia si fingeva disinteressata, si era rigirato la bottiglietta tra le mani e biascicato un incerto "Lo sai che non uso profumi".

Aveva cercato di spiegargli la ricercatezza del regalo. Lui si era concentrato sul costo. Poi il consueto litigio, reso più amaro dalla constatazione che suo marito aveva rinunciato all'ultima possibilità di riavvicinarsi.

Appallottolata la seta in un ammasso informe, se la gettò alle spalle in un angolo della camera.

Scelta per l'indomani la mise grigia, ripose il resto a casaccio nell'armadio con il disordine che irritava tanto Marco, scolò il vino e si ficcò sotto le coperte con un libro estratto a caso dal pacco.

Non superò la prima pagina. Le parole si confondevano, la concentrazione dissolta dopo poche righe. Cambiò posizione, si tolse la felpa perché il fresco aiuta a dormire, secondo chissà che giornale, o forse online?

Niente. Via il libro, gli occhiali, spenta la luce.

Nemmeno una telefonata da Marco.



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Le citazioni in questo capitolo sono:


Non così tanto tempo fa. (Livin' on a prayer).


La soddisfazione è garantita. Posa le tue mani su di me (Lay your hands on me).

Canzone Per DueWhere stories live. Discover now