CAPITOLO 40

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Oh, there's nowhere to run / No one can save me 


Gli fu impedito di crogiolarsi nel proprio silenzio da eroe ferito dopo che Renata se ne andò: Oscar non sapeva tagliare il pollo, Silvia trovava le zucchine disgustose e le preferiva come mamma le cucinava di solito.

«Mi spiace comunicarvi che nei vostri piatti sta tutto ciò che avrete per cena» disse Marco.

La figlia mise il muso e poggiò la forchetta sul piatto con inutile violenza; il figlio aspettò che la bistecca gli venisse tagliata, attività nel quale la mamma sembrava averci preso gusto, ingoiò due volte dopodiché sostenne di essere pieno.

«Abbiamo mangiato alla festa» sostenne con la bocca all'ingiù.

«Per forza» aggiunse Silvia alzandosi da tavola. «Cos'altro potevamo fare?»

«Non c'erano altri bambini?» chiese cedendo alla tentazione di imboccare Oscar pur di farlo mangiare ancora.

«Tantissimi. Amici di Giulia. Stesso quoziente intellettivo.»

Marco non se la sentì di sgridarla.

Seguì un quarto d'ora di "c'è un dolce?", "non voglio la verdura, voglio una mela", "le banane non mi piacciono", "voglio vedere un cartone", "oggi da Giulia abbiamo guardato un film di bambini sgozzati", "facciamo le tagliatelle?".

Non urlava mai, men che meno contro i ragazzi. L'aveva giurato. Da quando aveva tenuto un giorno intero Silvia, età quattro anni, la mamma via per chissà quale impegno. Capricci e pianti da rendere folle il ghiaccio. La sculacciata era stata leggera, niente di più che un segno per richiamare la figlia all'ordine. Ricordava ancora lo sguardo della sua bambina: sorpreso, deluso. Tradito.

Da allora uno strillo e lui se ne andava in un luogo sicuro dove non poteva perdere la calma, lasciando che fosse Claudia a sbrigarsela, meglio di quanto potesse fare lui.

«Posso giocare ai videogiochi?» La voce di Oscar giungeva ovattata da oltre la babilonia di pensieri che regnava nella sua mente.

Marco non si oppose; la fronte troppo pesante sulle mani, contava le briciole intorno al piatto, le divideva in gruppi di tre.

«Mamma, gli lasci guardare la televisione dopo cena?» esclamò Silvia, fissandolo con lo stesso sguardo deluso. «Oscar, non saltare sul divano!»

Il cellulare squillò, Marco corse via a chiudersi in bagno.

C'era mancato davvero poco. Non avrebbe urlato, non avrebbe perso la pazienza, non sarebbe tornato al punto di partenza.

Anche se, a conti fatti, lui adesso era Claudia, e Claudia urlava eccome, perdeva la pazienza ogni cinque minuti e lui era il primo a criticarla.

Sedette sulla tazza, davanti a una matassa di forcine e spazzole e dubbi.

La criticava, e faceva bene. Gridare contro i propri figli era da incivili. Bisognava parlargli con calma, ragionarci, trattarli da adulti.

«Quindi, ci vorrebbe del blu, non del rosso, scontato, no?»

Si accorse di tenere il cellulare all'orecchio, dall'altra parte un adulto parlava da un pezzo. Federica. Cianciava di colori ed efficacia comunicativa.

«Vuoi che modifichi ancora quel file?» intese alla fine Marco.

Qualcuno bussò alla porta.

«Mamma, hai finito? Devo lavarmi i denti.»

«Aspetti.»

Silvia sbuffò con forza sufficiente da attraversare la porta. Marco riconobbe il volume dell'mp3 al massimo.

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