CAPITOLO 63

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Step out off the edge / It's worth the risk


Renata si abbatté sulla casa come un temporale. «Ecco il risultato di lasciare i propri figli incustoditi! Claudia, non so cosa ti passa per la testa.»

Marco si scansò dalla porta per non essere travolto.

Dietro sua sorella c'era Meraviglia, e in mezzo a loro Oscar, coperto di polvere, un fazzoletto macchiato di sangue premuto sulla fronte e un livido scuro sullo zigomo.

«Sant'Iddio, cosa è successo?»

Attirò a sé il figlio e si inginocchiò a controllare le lesioni.

«Niente» brontolò Oscar spingendolo via.

«Ha fatto a botte!» gridò Renata lasciando cadere la borsa sul divano e tornando per sfogare la propria incredulità. «Te lo dico da amica e sorella, di sicuro se non fai qualcosa i tuoi figli resteranno degli irresponsabili.»

Lui evitò di rispondere. A parte il taglio sulla fronte e il livido, suo figlio non sembrava avere subito danni.

«È vero?» sussurrò.

Il bambino fissò il pavimento, le labbra uno spicchio di luna puntata all'ingiù.

Meraviglia gli pose un fazzoletto pulito sul taglio. «È stato provocato, però, signora. Un ragazzino lo ha infastidito per un pezzo, Oscar bravissimo lo ha dapprima invitato ad allontanarsi, poi si è allontanato lui, ma l'altro ha continuato, alla fine il piccolo ha reagito.»

La cara zia si impossessò della parola. «Non era guardato a sufficienza. Claudia, abbandoni i tuoi figli.»

Marco cercò qualcosa da dire.

«Non l'ha abbandonato» intervenne calma Meraviglia.

«Lei sarebbe?» scattò Renata, come se non aspettasse altro. «Sua madre, per caso? Grazie per averci accompagnato, come vede ce la caviamo da soli.» Spinse fuori la maestra, chiudendole la porta in faccia.

Marco si alzò in piedi e fronteggiò la sorella. «Da casa mia caccio io fuori la gente.»

«Dovresti, sicuro, quella donna impicciona, appena mi ha visto con Oscar si è avvicinata, mille domande, consigli non richiesti, chi si crede di essere?»

«La sua insegnante, diplomata e qualificata» disse, secco. «Ora lasciami sola con mio figlio.»

Renata ci pensò su, aprì la bocca, la richiuse con uno sbuffo. Anziché andarsene, si chiuse in bagno con la scusa di lavarsi il sangue di Oscar dalla manica.

«Adesso.» Marco strinse le mani del ragazzino tra le sue e vi depose un bacio leggero. «Mi vuoi dire chi è stato?»

Il bambino si appese alle sue braccia e cominciò a dondolare. Canticchiava, sommesso, parole inventate.

Il padre lo condusse sul divano, un po' abbracciando e un po' trascinando. «Sei sempre stato timido e tranquillo, invisibile. Proprio come papà alla tua età» aggiunse soprappensiero. Guadagnò un'occhiata interessata. «Mi sembrava ti divertissi, quando ti ho lasciato al parco con i tuoi amici. Te ne stavi in un angolo con, come si chiamano, Fabio e Nicola. Chi ti ha dato fastidio?»

Distinse a fatica il nome nel borbottio biascicato che gli venne concesso.

«Alessandro Vilipoti?» ripeté. «La peste che vi rubava il cibo?»

«Ha detto cose brutte.»

«Su di te?»

«No. Su di te e mia sorella.»

Il cuore di Marco impiegò un attimo per riprendere a battere. «Quindi, cowboy, le hai prese per difenderci?»

Prima che potesse stringere suo figlio, Silvia, fino ad allora osservatrice annoiata in corridoio, lo precedette. Si ritrovarono stretti l'uno nel calore dell'altro in un abbraccio che non richiedeva parole, la camicetta di Marco intrisa delle lacrime di entrambi i figli.

Renata piombò su di loro come la Santa Inquisizione. «Perché non me lo hai detto!»

Sbandierava una stecca bianca in aria e un sorriso falso che riconobbe perfino lui, edotto dalla nascita a perdonare la sorella.

«È negativo» fece notare accennando al test di gravidanza sventolato nel mezzo del salotto. Si alzò, scivolando via dall'abbraccio, e si piantò tra i figli e Renata.

«Stai cercando un bambino, sicuro.» Sua sorella girava in tondo nel salotto come una mosca impazzita. «Mentivi il mese scorso, lo sapevo che vorresti il terzo. Il sogno di una donna sono sempre i figli.»

Marco scuoteva la testa. «Non voglio altri figli.»

«Dài, sì,» squittiva lei senza ascoltarlo, «quello che ci vuole tra te e mio fratello, un figlio per rinsaldare il rapporto.»

«Un bambino non dovrebbe nascere con il peso di risolvere i problemi dei genitori.» Gli tremò la voce, prese un respiro per calmarsi e rilassare le mascelle. Inutile. «Smettila di parlare così davanti ai ragazzi.»

Silvia saltò su. «Non è suo quello, zia,» e prima che Marco potesse fermarla:

«È mio!»

Renata diventò di tutti i colori. «Allora aveva ragione Giulia.»

"Poverina, bisogna aiutarla, Marco, aiutala, la mia bambina."

"Lo faccio, vedi, mamma, anche quando delira." «Cosa?»

«Claudia, è soltanto colpa tua, come stai crescendo tua figlia, sta venendo su una sgualdrina viziata, vergogna.»

"La mia povera cara bambina, chi penserà a lei?"

«Modera i termini.» Teneva un tono di voce ragionevole e cortese.

Al contrario di lei. «Giulia ha sentito Silvia con la Vilipoti. Di chi è incinta?»

«Ti sarei riconoscente se non credessi agli estranei quando parlano dei tuoi nipoti.»

Renata sorvolò sul linguaggio della cognata, quella sera così simile a quello del fratello, e sventolò di nuovo il test in aria. «Allora questo come lo spieghi?»

"Che c'entra, tu sei un uomo."

«Con affari che non ti riguardano.» Marco le aprì la porta d'ingresso.

Silvia e Oscar li guardavano stralunati in assoluto silenzio.

Con le labbra strette e gli occhi ridotti a fessure, sua sorella lo superò. «Vedremo cosa ne penserà Marco.»

Non aveva intenzione di ascoltare la verità, avrebbe creato una bolla enorme, avrebbe parlato con chiunque le capitasse a tiro. Vera o falsa poco importava, la notizia di una ragazzina che fa sesso con l'insegnante era troppo appetibile perché la gente si stancasse presto di parlarne, e nel caso Renata avrebbe prontamente rinnovato il ricordo.

Dove non fosse arrivata la madre, sarebbe poi arrivata la figlia, che origliata la conversazione di Silvia era corsa a riferirla alla madre, e a chissà chi altri.

Canzone Per DueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora