CAPITOLO 75

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So hold me close better hang on tight Buckle up, baby, it's a bumpy ride 



«Zingara?»

«Lo so, lo so, è un'idea stupida.»

Silvia si sporse tra i sedili anteriori. «Quale, mamma? Quella fuori dal supermercato?»

Marco scrutò la moglie nei suoi stessi occhi. «L'hai incontrata anche tu?»

«Anche tu...» riuscì appena a ripetere Claudia.

«Com'era?»

«Non ricordo bene.» Si massaggiò le tempie con più insistenza. «Quanto vorrei del vino!»

«La mia aveva i capelli lunghi» insisté lui. Le mani sul volante tremavano.

«Neri. Mossi.»

«Occhi ancora più neri.»

«Gonna rossa.» Lei scuoteva la testa. Stavano descrivendo persone diverse, vero?

«Non ricordo la gonna, anzi sì!» esclamò come suo cognato al gol di campionato. «Disegnava a terra.»

«A che ora?»

«Le sette e mezza o giù di lì.» Abbaglianti irritati apparvero nello specchietto retrovisore, Marco spostò l'auto verso il marciapiede.

«Otto. Uscivo dal supermercato.»

«Dici quella a cui hai lasciato la borsa della spesa, mamma?» Silvia infilò il viso tra i sedili.

«Le hai lasciato anche tu una borsa?» Troppe coincidenze. Marco sentì freddo. «Ti ha parlato, cos'ha detto?»

«Poco.» Claudia balbettava. «Che avevo fortuna.»

«Perché ho te» concluse per lei Marco.

«Le dissi che non mi capisci.»

«Che volevo che tu provassi a vivere la mia vita.»

«Starti vicino. Oh, no.» Claudia scivolò fin quasi a terra.

«Mamma, di che parlate? Possiamo andare a casa?»

«Sì, certo, Silvia.» Spostò le mani sul volante, ruotandolo di centottanta gradi. Scatenò grida di proteste e spaventi che lo lasciarono indifferente.

Piombarono nel parcheggio ormai vuoto del supermercato, la mendicante non c'era. Non c'era anima viva.

«La vedi?»

«No.»

«Guarda meglio, faccio un altro giro.» Lui vagò tra i posteggi deserti, passò davanti all'entrata tre volte. «Magari la troviamo quando riapre il supermercato. Domani.»

«Festa, sarà chiuso» disse lei, il respiro ghiacciava contro il finestrino.

«Domenica, forse, o lunedì.» Poi Marco rinunciò a pensare e a parlare, sconfitto.

Dimenticò di aver compiuto il tragitto fino a casa, gli parve di svegliarsi quando il cancello si stagliò davanti a loro.

Claudia sgusciò dal silenzio. «Cos'hai fatto dopo?»

«Tornato in albergo.»

«Dopo?»

«Lavorato un poco, cenato con Lia verso le nove, lavorato ancora un po', dormito.»

Claudia imprecò tra i denti. Al contrario di suo marito, lei non aveva lavorato, aveva cenato a un'ora diversa e aveva letto un libro. Niente più fatti identici nello stesso momento. A meno che...

«Cazzo.»

«Cosa c'è?» chiese Marco fermando la macchina. Il cancello automatico si bloccò scricchiolando.

«Cos'hai fatto prima di dormire?» La voce di Claudia, la sua voce, sembrava scricchiolare ancora più forte.

«Lavorato, te l'ho detto.»

Lei sbuffò, ma era spaventata. «Dopo aver lavorato, prima di avere dormito. Che cosa hai fatto?»

«Niente.» Lui però avvampò ricordando.

Dalla rampa si alzava una fitta nebbia mista allo smog. L'auto non si lasciò inghiottire.

«A parte una cosa. Da solo.» Esitò.

Silvia si era ritirata sul sedile scocciata per essere esclusa dalla conversazione, calzava le cuffie del lettore mp3, forse non ascoltava i genitori, forse sì.

Claudia si schiarì la gola due volte. «Anche io.»

Guardavano entrambi davanti, casa era sfuocata.

«Mezzanotte.»

«Stessa ora» confermò lei.

«Lontano da te, ho pensato a te» confessò lui.

«Ci siamo svegliati così.»

«La faccenda è chiara.»

«Dobbiamo rifarlo?»

«Insieme.»

Claudia imprecò più forte. «È un'idea assurda, tutto è assurdo!»

«Concordo» rispose Marco mentre il cancello si richiudeva. «Purtroppo è anche l'unica idea che abbiamo.»

«Non si può comandare certe cose, farle così su due piedi perché sei costretto!» Perse la voce, perché lui la fissava nel buio opaco del lampeggiante.

«Beh, non è che io mi senta costretto. A dire la verità mi andrebbe proprio, che risolva o no la faccenda. Su due piedi. In piedi, perché no?»

Claudia rabbrividì nonostante il caldo e il sedile morbido. «Perché no?»

La vecchia auto singhiozzò, lui la tenne sveglia con un ruggito mentre cercava il telecomando per aprire di nuovo il cancello.

Sorrise, non vista. Di solito era lei quella che non sapeva aspettare, che aveva fretta, che imprecava.

Il cancello si schiudeva rachitico. Marco dava gas come un pilota alla linea di partenza e la mente al traguardo, quando Claudia lo fermò.

«No, non possiamo!»



Canzone Per DueWhere stories live. Discover now