CAPITOLO 31

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On the street where you live girls talk about their social lives / They're made of lipstick, plastic and paint



Federica piombò su di loro con ancora il cappotto addosso. «Claudia, vieni, finiamo il lavoro» e andò a chiudersi nel proprio ufficio.

«Porca l'oca, ha due labbra che sembrano salsicce!» sussurrò Antonella, apparentemente senza distrarsi dal computer. «Si sarà fatta iniettare doppio botulino?»

«Non saprei» balbettò Marco.

La collega lo sbirciò da oltre lo schermo. «Davvero non l'hai visto? Di solito sei tu che noti i dettagli e capisci le persone.»

Lui grugnì un suono neutro e raggiunse Federica nel suo ufficio. Non la stette molto a sentire, curioso di verificare che sì, le labbra erano davvero più gonfie di un'ora prima.

«Pranzato bene?» domandò. Chissà se si poteva mangiare in quelle condizioni.

«Sono a dieta» mugugnò la sua responsabile tra le labbra turgide. «Hai sistemato i colori?»

«Sì, e il grafico a pagina venti» aggiunse cercando di guardare altrove.

D'accordo, era un uomo con un debole per le belle labbra. Il sorriso di Claudia, il rossetto della commessa a Roma, la sua pubblicità preferita, quella del motel sulla strada tra casa e la Gabi Group.

Anche l'uomo per cui Federica si era conciata così la pensava come lui?

Sant'Iddio, le donne non avevano proprio stima di loro stesse, pensavano davvero che bastassero le labbra per far innamorare un uomo.

«Chi ti ha detto di cambiarlo?» strillò lei, compensando con l'acuto l'impossibilità di spalancare la bocca. «Rimettilo com'era.»

Marco si costrinse a concentrarsi sul grafico. «Non era intuitivo.»

«Claudia, non ci siamo, non credere di sapere fare questo lavoro, hai ancora tanto da imparare. Rimettilo com'era.»

Lui annuì agli strilli. Si stava facendo tardi, i ragazzi stavano per uscire da scuola, era ancora nel corpo sbagliato quindi doveva andare a prenderli a scuola. Doveva mettere fine in fretta a quello strazio.

«Passami l'acqua» sospirò Federica e prese dalla borsa un barattolo dal quale estrasse un paio di pillole. «Ne vuoi? Sono fantastici, calmano in un baleno.»

Rifiutò, impasticcarsi al lavoro esulava dai suoi passatempi.

«Non dirmi che con i figli non ne senti il bisogno. Ti renderanno isterica.» Federica gettò indietro il capo, imprimendo lo chignon nel poggiatesta. «Dio, per fortuna non ho figli!»

Marco si chiese se lo dicesse a chiunque incontrasse, o si limitasse alle colleghe che si barcamenavano tra lavoro e famiglia.

Quando tornò da lei, l'orario di uscita era passato e il suo capo aveva ancora da lamentarsi per la tabella a pagina otto.

«Claudia, come sempre hai fatto il minimo indispensabile. Potresti essere tanto brava, magari perfino dirigente come me, se soltanto non avessi il carrozzone dei figli. Scommetto che non avresti mai voluto farli.»

L'aria gli uscì dai polmoni come se lo avesse colpito al petto. Non era vero, non poteva essere vero! Era Federica, sì, quella pazza, sua moglie invece era diversa, non la pensava così.

Si resse alla sedia mentre si alzava. «Scusami, devo fare una telefonata.»

«Non adesso!» strillò la donna. «Dobbiamo vedere le animazioni. I tuoi figli possono aspettare, manda la babysitter. Anzi, tieniti pronta, ho sentito che l'amministratore delegato vuole revocare i part-time, c'è troppa gente che ne approfitta.»

«Perché mai dovrebbe toglierti una possibilità così comoda di deridermi?» rispose, glaciale come faceva con Elio Quarti.

Come Elio Quarti, anche Federica impiegò qualche secondo per comprenderlo, tuttavia reagì con più ferocia.

«Claudia, sono generosa e perdono il tuo comportamento di oggi, però domani tieni la bocca chiusa, stai a modo e lascia parlare me.»

Confuso, Marco reclinò il capo. «Domani?»

«Sì, Zante ha chiamato stamattina per spostare la riunione a domani, un impegno imprevisto. Non te l'ho detto?»

Sant'Iddio, quella donna instabile cianciava di modifiche inutili per una riunione che era stata rimandata? Aprì la bocca, la richiuse, non trovò altro che sfoggiare le fossette della tristezza.

Lei gli offrì altre pasticche, amabilissima. «Stasera do una festa a casa mia. Vieni? Puoi lasciare i bambini alla tata o a tua cognata e venire a divertirti, ti farebbe bene. Sei l'unica a non avere ancora visto la mia casa.»

Marco scosse la testa, nel tentativo di riattivare i neuroni e trovare una risposta appropriata.

«Che vita noiosa deve essere la tua» rideva Federica mentre lui usciva.

Dovevano essere le pastiglie a renderla così e certamente non le stava assumendo da molto tempo, l'ufficio del personale se ne sarebbe accorto e l'avrebbe sospesa dal lavoro. Perché sua moglie non poteva essere costretta a sopportare quella donna ogni giorno.

Basta pensarci, era libero finalmente, le chiavi dell'auto... dov'era la borsa? Era in ritardo di cinquantasette minuti, e lui odiava essere in ritardo. I ragazzi, perché la scuola non aveva chiamato?

Nell'ufficio senza finestre, Antonella gli porse la borsa. «Andava tua cognata a prendere i bambini?»

Renata! Cara Renata, sorellina, Marco aveva ragione ad aver comprato casa per starle vicino.

Telefonò alla sorella mentre superava Daniele e gli rubava l'ascensore. Gli rispose una voce seccata che sul momento non riconobbe.

«Sì, cara, li ho io i tuoi figli, sono qui alla festa di Halloween della mia Giulia.» In sottofondo l'immancabile televisione.

«Grazie, puoi accompagnarli da me dopo la festa» ordinò pratico, raggiungendo il parcheggio. Intanto lui sarebbe andato a casa a godersi la pennichella, il caffè e il meritato riposo.

Sua sorella doveva essersi spostata, perché il baccano diminuiva. «Possibile che non trovi mai il tempo di andare a prenderli? Sono già tre volte questa settimana, ho impegni anche io e la tua mancanza di organizzazione mi crea notevoli problemi.»

Marco pensò che ci fosse un'interferenza. Di solito sua sorella ciarlava senza ascoltarlo, piagnucolava per qualcosa che dimenticava appena lui staccava un assegno. Una piscina mai sfruttata perché c'è sempre troppa aria fuori per la piccola Giulia, un corso di cucina mai terminato perché insegnavano soltanto ricette piene di grassi, un intervento dal dentista mai eseguito per paura del dolore. Non era acida, però, al massimo lagnosa. Forse l'ultima delle folli diete alla moda che seguiva le aveva provocato una gastrite.

Certo sarebbe venuta a lui, in mezzo a tante donne impazzite.

«Hai ricominciato con la dieta dei sottaceti?» indagò.

«Sto seguendo quella del cavolo, non ricordi?» rispose Renata offesa.

Marco trattenne un commento ironico perché gli fu abbaiato:

«Dovresti seguirla anche tu, te l'ho detto, avrai messo su tre chili dal mese scorso, sui fianchi. Te li porto alle sette i tuoi figli, in punto, vedi di essere a casa o li lascio sullo zerbino».

Portava e lasciava i bambini come valigie. Chissà perché quel pomeriggio Marco trovò fastidiosa l'espressione.

Il telefono suonò proprio mentre saltava in auto. Claudia!

Era il tecnico, aspettava scocciato che qualcuno aprisse.

Tecnico? Il post-it sul frigorifero!

L'automobile tentò di spegnersi, la tenne sveglia con un rombo di acceleratore.

Senza più molte speranze, compose di nuovo il numero del proprio cellulare.



Canzone Per DueWhere stories live. Discover now