CAPITOLO 6

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Sick of dreaming dreamsthat never came true / On a one way street and I know where it is leading to


Il vantaggio di andare a fare la spesa così tardi era trovare il parcheggio vuoto. Lo svantaggio: scaffali altrettanto vuoti, depredati da compaesani più efficienti.

Entrarono in uno di quei supermercati enormi nei quali la quantità di yogurt supera il numero dei clienti e dal quale si esce con troppi acquisti, eppure si dimentica qualcosa. Era il supermercato più vicino e l'unico che rimanesse aperto fino a tardi.

Claudia non aveva avuto tempo di preparare una lista, riempiva il carrello sperando di colmare al meglio armadietti e frigorifero che aspettavano a casa. Andava di fretta, sapeva riconoscere da lontano le confezioni di pesce congelato sul luogo di pesca, biscotti privi di olio di palma, succhi di frutta senza zuccheri aggiunti e latte cento per cento italiano. Negli anni aveva affinato una tecnica per aprire la porta del ripiano frigo quel tanto che bastava per non congelarsi le mani, agguantare quattro o cinque scatole e tenerle in equilibrio bilanciandosi con Oscar appeso alla gamba opposta, rovesciare il bottino nel carrello, ripartire e ricominciare daccapo alla corsia successiva.

Era incastrata tra il burro e i ravioli quando la borsa cominciò a vibrare. Lasciò la porta rimbalzare e chiudersi.

«Oscar, amore, spostati, il telefono.»

«Prendiamo le caramelle?»

«Amore, senti il telefono, devo rispondere.» Spostò le braccine del figlio facendole ruotare intorno alla vita in modo da liberare la borsa, con una mossa che aveva messo a punto negli anni.

Il cellulare annunciava una chiamata da suo fratello.

«Che bello sentirti, Michele, come stai?»

«Starò meglio quando sarò arrivato in albergo.»

Claudia riconobbe il vivavoce. «Sei in macchina? In trasferta ancora?»

«Fine anno, vendite migliori. A proposito, non ti serve un'auto nuova? Ti farei una bella offerta.»

«Grazie, fratellino, non credo di potermi permettere i tuoi prezzi.»

«Ti faccio uno sconto, mona

«Sentiti.» Tentò di suonare allegra mentre trascinava Oscar verso il banco dei prosciutti. «Parli come un veneto, ormai.»

«Prima o poi torno a casa.»

L'aveva già sentita. «Ti aspettiamo.»

«Stavo guardando le case in Molise. Sono grandi e non costano quanto a Milano.»

«Molise?» Gli affettati piombarono sopra le uova e il latte. «Ti... ti trasferisci?»

«Boh. Mi hanno fatto un'offerta, alla filiale là serve qualcuno che rimetta in piedi le cose. Stanno riorganizzando, spostando un sacco di persone.»

«Avevi detto che saresti tornato a casa.»

«Ci torno, prima o poi. Magari l'anno prossimo, o quello dopo.»

Il carrello era pesante. Claudia lo spinse verso la corsia successiva, qualunque fosse. Serviva del caffè in grani? «Adriana cosa dice?» No, non avevano neanche un macinacaffè.

«Chi?»

«Adriana. L'ultima ragazza che mi hai nominato.»

Le parole di Michele si persero in una cacofonia di interferenze, intese solo "mesi fa" e "Camilla".

«Quindi adesso stai con Camilla» concluse persa tra le cialde di miscela arabica.

«No, Claudia, insomma, mi ascolti? Sabrina si chiama, Sabrina!»

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