CAPITOLO 68

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You wanted more from me / Than I could ever be


Fermò la Citroën con un singhiozzo nel parcheggio del centro sportivo. Ombre nebbiose si allungavano tra i lampioni e i negozi intorno, velando il parabrezza con uno strato di smog trasformato dai tergicristalli in poltiglia fangosa. Altre auto, poche, buie e spente. Di tanto in tanto una figura imbacuccata usciva dal palazzetto dello sport con una borsa in spalla e il passo svelto.

Costrinse i ragazzi ad aspettare in auto, «Così non prendete freddo», e loro volentieri ubbidirono, «Tocca a me adesso», «No, il videogioco è mio», «Allora dopo ne faccio due io».

L'avversario era in ritardo. Una caratteristica imperdonabile per Marco, affine a Claudia. Avevano altre cose in comune lei e l'amante?

Sistemò la sciarpa intorno al collo.

Quella sera il misterioso Enrico avrebbe visto la donna con i ragazzi. Forse l'amante li considerava ancora una presenza astratta, sagome di poco conto in sottofondo alla relazione. Oggi avrebbe scoperto quanto invece erano reali e quanto Claudia amava la famiglia, certo più di un agente immobiliare che si presentava in ritardo.

Almeno, amava i figli. Il marito era una variabile ancora da calcolare nell'equazione.

Smise di raddrizzare il bavero della giacca perché fosse perpendicolare alla sciarpa, in strada coppie di luci si susseguivano veloci ignorandolo.

Dodici minuti di ritardo.

Un affronto.

Finalmente due fari svoltarono nel parcheggio. Un'automobile piccola e lucida, ingrigita dalla nebbia.

Marco allentò la sciarpa scombinando la geometria.

Dalla portiera spalancata, ancora prima che l'agente si districasse dalla cintura, giunse una voce squillante.

Più basso di lui, con il cappotto nero assomigliava a un pinguino entusiasta dalla chioma ingellata luccicante sotto i lampioni.

«Signora Benvisi, buonasera, mi scuso per il ritardo. Oh, ha portato i bambini, è importante il loro parere. Porterà il marito, è importante che la famiglia sia d'accordo in un passo così importante.» Enrico l'agente aveva sì e no venticinque anni e il vizio di ripetere gli stessi aggettivi.

«Prima di comprarla, non crede sia meglio che veda la casa?» replicò dubbioso. Possibile che lei lo trovasse interessante, spontaneo, insomma, meglio di lui?

«Certo, importante» annuì l'agente. I capelli impastati non si mossero. «Mi segua, ci metteremo poco, è qui vicino.»

Un quarto d'ora dopo Marco lo seguiva in stanze sconosciute ricche di caratteristiche "importanti", dalle porte massicce e solide, ottima distribuzione degli spazi, comoda distanza dal supermercato e la fermata dell'autobus.

Il padrone di casa, un anziano in pantofole scozzesi, li pedinava muto dopo che Silvia si era conficcata come un palo sulla soglia, le cuffie ben calzate e l'aria di chi farebbe di tutto per negare di essere interessata. Al contrario di Oscar, incollato alla borsa e alla gamba materna.

Il vociare continuo e irrefrenabile di Enrico descrisse il giardino come una richiesta della signora, alla stregua lo studio per il marito e le camere separate per i ragazzi.

La lista delle necessità di Claudia era più lunga del previsto.

Marco ascoltava di malavoglia il pericolo Enrico, cercando di tanto in tanto sollievo dalla presa tentacolare di Oscar.

«Che vista!» L'agente immobiliare si sbracciava verso una porta finestre rivolta sul buio di un prato. «Importante anche la vista, signora Benvisi.»

«La portata dei balconi» rispose la cliente senza entusiasmo.

«Sì?»

«Può dirmela?»

L'agente era impreparato per un cliente con un padre geometra e tra gli interessi la meccanica e l'architettura. Rispose vago ondeggiando sui talloni come un insetto in bilico su un corrimano.

«Che mi dice della ventilazione del tetto?»

«Travi a vista! Saliamo, saliamo. Sono importanti nella geometria della stanza.»

«Sono camere mansardate, molto belle» concesse una volta al piano superiore. «Mansardate, appunto. D'estate può fare caldo senza un tetto ben costruito. Cosa mi dice anche della portata drenante del terreno, le bocche di lupo che abbiamo visto in lavanderia hanno un ponte termico?»

Il proprietario intervenne con qualche dettaglio a sopperire alla vergognosa carenza del venditore e si rese disponibile a recuperare il progetto della casa dal catasto, se alla signora interessava.

A Marco non interessava.

Che importava un giardino, uno studio, una lavanderia né un piano superiore con travi a vista? Non voleva cambiare casa.

Aveva visto abbastanza.

Se Claudia aveva davvero un debole per uno come Enrico, che se lo prendesse: Marco si era chiaramente sbagliato su di lei.

Se però Claudia non aveva un debole per Enrico, restava soltanto la prima spiegazione, la peggiore.

Cercando la sciarpa da allentare al collo, si accorse di averla lasciata all'ingresso.

Vent'anni fa come adesso, c'entrava sempre lei quando perdeva il controllo di emozioni e pensieri facendo cose stupide, come gareggiare con un ragazzino con più gel che vocaboli.

Vent'anni fa come adesso aveva ancora il potere di fargli perdere l'equilibrio, di indurlo a valutare strade che da solo temeva di intraprendere. Cambiare casa, per esempio.

Perché? Stavano bene, con abitudini consolidate, distanze conosciute, la distribuzione delle stanze nel loro appartamento, degli interruttori della luce, dei mobili consentivano programmazioni precise e ripetibili.

Marco detestava cambiare. Fatica inutile, energie da impiegare meglio.

Era sempre stata lei a occuparsi di cambiare. Lavoro, agenda, vita. Intanto lui procedeva come stabilito.

Stabilito. O dato per scontato?

Come la loro storia. Come la presenza di lei accanto a lui. Come i pensieri di lei, che fossero come quelli di lui.

D'un tratto si ritrovò all'automobile, i ragazzi per mano, l'agente già al telefono con un altro cliente, la nebbia appiccicata fino al cuore.



Canzone Per DueWhere stories live. Discover now