Il freddo si propagava nel suo corpo come una piacevole vibrazione provocandogli brevi sussulti. Era l'unico filo che lo teneva ancorato alla coscienza, fuori dal confine protetto che era la sua mente, era sicuro che fosse ancora buio pesto.
Lì invece era pieno di luce, il sole sembrava riflettersi e rinfrangersi sui capelli biondi di Isabella. La carrucola arrugginita strideva per contrastare il peso del secchio pieno d'acqua, la sua risata cristallina, acuta, gli spezzava il cuore all'infinito.
Quanto tempo era passato? Troppo tempo, era troppo tardi, gli suggerì una voce lontana, ne riconobbe il lieve accento inglese, anche nella sciagura il tono del Visconte tradiva quel curioso e sovversivo intento ironico. Si, era proprio sua la voce, ma parlava coi versi di qualcun altro.
<< [...] tu vedi come il cielo
quasi sdegnato dell'agir dell'uomo
distenda tutto un velo minaccioso
sopra questo spettacolo di sangue.
Per l'ora è giorno, eppur l'oscura notte
soffoca la pellegrinante lampada.
È la notte che ha preso il predominio,
o è la terra che si copre il volto?>>
Come continuava? Pensava Raphael, eppure non gli interessava davvero, sentiva un piacevole tepore sul viso nel luogo in cui si trovava. Isabella gli dava le spalle. Ma la sua voce, di solito tanto allegra, gli parve lugubre quando disse: <<Non puoi rimanere qui, Raphael.>>
<<Non c'è altro posto in cui vorrei essere.>>
Vide Isabella scuotere il capo, i suoi capelli biondi scendevano in morbide onde sulla schiena come se volessero accarezzarla. Fu in quel momento che si voltò, non lo guardò negli occhi, continuò a fissare la terra battuta sotto ai suoi piedi. Lentamente sollevò la pesante gonna di lino marrone mostrando a Raphael una ferita rossa e gonfia che si trovava proprio sulla coscia destra, uno squarcio simmetrico e purulento. Raphael ricordò subito, Isabella sosteneva di essersi ustionata col ranno, la miscela di cenere e acqua bollente che i Vivanti pretendevano usasse per lavare la biancheria. Non aveva mai messo in dubbio la sincerità di Isabella ma in quel momento, quando finalmente incrociò lo sguardo di due occhi desolati e dispiaciuti, capì che era stato uno sciocco. Quella non era un'ustione, non lo era affatto, era un taglio, preciso e profondo. Scosse il capo e arretrò.
<<Non tapparti gli occhi, amore mio, >> gli disse la sua Isabella, <<avanti, concentrati, come continua?>> insistette avvicinandosi.
Raphael sentiva di nuovo freddo, il sole che illuminava Isabella lo respingeva, lo tagliava fuori.
<< È un fenomeno fuor della natura
come l'atto che qui s'è consumato.
Martedì scorso, un falco
che volteggiava in cielo a grande altezza
toccato ch'ebbe l'apice del volo
fu raggiunto da un gufo cacciatore
assalito e ucciso.>>
<<Ma che diavolo vai blaterando? Un gufo non può uccidere un falco, >> sentì dire vicinissimo alla sua bocca, <<ho sempre sostenuto che il tuo poeta dal nome impronunciabile avesse scritto un mare di fandonie.>>
Sentì un risolino, <<Raph, amico mio, non sarai conciato davvero così male.>>
Raphael spalancò gli occhi, fece per muovere le mani ma non ci riuscì. Per un attimo gli venne in mente quella volta, quando era solo un ragazzo e si era lanciato nel fiume Ribble per vincere una scommessa con suo cugino Edwin. Era talmente fredda l'acqua che quando era tornato a galla, la prima boccata d'aria calda gli aveva dato l'impressione che gli avrebbe perforato i polmoni.
Nello stesso modo, l'aria fetida dei Piombi, lo persuase che avrebbe fatto la stessa fine.
<<Eccoti qui, finalmente. Mi sei mancato e io? Ti sono mancato?>>
Raphael si allontanò violentemente con la sola forza dei piedi, spingendosi il più possibile contro la parete.
Sentì il dolore dei polsi, poi si guardò intorno. Che ore erano? Non era più notte, c'era abbastanza luce per riuscire a distinguere qualcosa nella cella.
<<Devo essere geloso? Mi hai già sostituito? No, sono sicuro che la vostra intesa derivi unicamente dai comuni natali.>>
<<Dov'è?>> domandò Raphael con voce strozzata. Duccio Vivanti schioccò la lingua come a voler richiamare al trotto un cavallo imbizzarrito.
<<Oh, non preoccuparti del Visconte, cos'avrà poi di tanto speciale, ad ogni modo in questo momento il tuo concittadino è diretto a S. Croce, chissà il popolo di che parte del corpo riterrà opportuno privarlo, fosse stato per me gli avrei strappato con le pinze quel sorrisetto beffardo che non risparmia a nessuno, nemmeno a me quando era spacciato. Voglio dire, >> Duccio si alzò in piedi, aveva una benda bianca intorno alla fronte da cui trapelava un po' del pus della ferita. Raphael per la prima volta l'osservò vedendo quello che non aveva mai visto, il mento volitivo, gli occhietti incastrati troppo stretti nelle ossa del viso, la bocca sottile e crudele, << non gli avrei certo risparmiato la forca, il cammino dei condannati ha qualcosa che ho sempre trovato struggente, è talmente coreografico da essere uno spettacolo per gli occhi. Non lo avrei certo graziato, no, ma ci sarei andato più leggero. Invece vedi Raph, lui mi ha provocato, mi ha guardato in quel modo, come se sapesse esattamente quello che provavo, quello che avevo in mente.>>
<<La gamba di Isabella... >> disse all'improvviso Raphael scuotendo la testa in modo convulso.
Duccio Vivanti strinse gli occhi, si rabbuiò quanto era possibile a qualcuno che concentrasse in sé già tanta oscurità, <<non guardarmi così anche tu, Raphael, avanti, tu mi conosci davvero, lo sai che non è la crudeltà a spingermi.>>
<<Come hai potuto farle del male?>> mormorava Raphael a bassa voce, più tra sé che a Duccio, <<come ho fatto a non capire?>>
<<Non avrei mai permesso che lei si mettesse in mezzo alla nostra amicizia, non ne valeva la pena, te lo concedo era attraente e sinceramente innamorata di te, ma era un'anima così banalmente comune. Non è stato difficile plagiarla, all'idea che potessi farti del male non ha avuto dubbi su quale fosse la cosa migliore da fare.>>
Duccio dovette accorgersi della smorfia rabbiosa e frustrata di Raphael Deshawn, << hai sempre saputo che ero stato io Raph, dentro di te lo hai sempre immaginato, ma forse anche tu non volevi che niente si mettesse tra di noi.>>
<<Sei solo una bestia, un essere immondo, un bastardo! >> Gli sputacchiò addosso Raphael masticando le parole tra i denti. Si morse così forte il labbro che la ferita che Arianna Foscari gli aveva fatto, riprese a sanguinare.
<<Non avrei dovuto lasciarti in queste condizioni disumane, di questo mi rammarico. Marco sosteneva che la prigione ti avrebbe reso più mansueto, ma che può capirne uno come Marco Landò di te? Lui è come un bambino che si ritrovi di colpo con un'arma pericolosa tra le mani, è incapace di dosare la forza e non trae piacere dalle proprie azioni, si muove in maniera così convulsa e impulsiva che dalla sua vicinanza non può venire niente di buono.>>
<<Tu condanni la natura violenta di Marco Landò?>> lo rimbeccò Raphael ferocemente, <<tu giudichi con severità la sua impulsività?>>
<<Guardia?>> chiamò Duccio impensierito con le mani sui fianchi. Poi si abbassò di nuovo alla sua altezza prendendogli il mento tra le dita. Raphael di scatto si sottrasse ma lui lo agguantò con maggiore convinzione stringendo fino a fargli male.
<<Non è la crudeltà a spingermi, la violenza è necessaria, diciamo pure che è un effetto collaterale ma non è il punto.>>
<<Necessaria?>> gli sputò addosso Raphael desiderando che le parole fossero veleno. Duccio fissava rapito le labbra di Raphael dove il sangue stillava, non come se volesse baciarle, no, come se fosse rapito dall'immagine della carne spaccata, di una tale bellezza deturpata. Si fece pensieroso, poi di colpo mollò la presa sulla mascella del suo amico.
<<Guardia!>> Urlò con stizza e stavolta un uomo pingue, basso e preoccupato che sembrava più un sacerdote che un secondino, si affacciò trafelato sull'apertura della cella.
<<Liberalo, >> disse con urgenza Duccio.
<<Ti ucciderò, >> lo minacciò serissimo Raphael alzando in alto i polsi dove la catena aveva lasciato un profondo segno violaceo, <<se mi togli queste ti ammazzo come si merita di essere ammazzata una carogna come te.>>
Duccio in tutta risposta rise, una risata aperta, in contrasto con la situazione assurda in cui si trovavano, una risata che s'infranse contro il piombo del soffitto e contro il petto di Raphael.
<<Oh no, sono sicuro che per oggi il gufo non ucciderà il falco.>> Ma l'espressione di Raphael dovette persuadere persino Duccio che nella sua convinzione poteva esserci una piccola, infinitesimale possibilità di errore perché aggiunse, <<se lo farai, se mi farai del male, Marco Landò si prenderà la bella colombina. Non siamo d'accordo su molte cose, purtroppo, amico mio, ma ti assicuro che sarebbe proprio un peccato.>>