Non era certo stupefacente che il giorno dopo non si parlasse d'altro. In un modo o nell'altro quello che orbitava intorno alla figura dell'angelo era destinato a fare scalpore. Che si trattasse delle scarpe con la fibbia dorata che presto ogni giovanotto alla moda aveva commissionato al proprio calzolaio o dell'accento che qualcuno aveva storpiato per mesi, volutamente, pur di fargli dispetto o più verosimilmente di emularlo.
Fatto stava che all'alba del nuovo giorno, già le servette ripetevano ossessivamente quello che avevano udito per le calli, mentre rovistavano e palpavano mele non abbastanza mature o scartavano polli non sufficientemente grassi.
Camilla Trevisan non aveva indugiato troppo prima di dare la sua versione dei fatti e Marco Landò non aveva fatto nulla per evitarlo, anzi, aveva seguito con compiacenza quell'insperato allentarsi dei consensi.
Non aveva mai digerito che Duccio avesse preferito quell'insignificante plebeo a lui ma tutto sommato adesso era quasi felice che lo avesse lanciato tanto in alto e che la sua caduta, la disfatta di Raphael Deshawn, sarebbe stata altrettanto spettacolare.
Strappare Camilla a Duccio era stato un lieve palliativo, quello che stava per accadere invece lo avrebbe ripagato di tutto.
Lo avrebbe d'un tratto reso di nuovo degno dell'attenzione del suo vecchio amico.
Si rendeva conto che nove anni di fidanzamento erano troppi e che il suo tentennamento doveva finire ma qualcosa lo paralizzava. Camilla aveva un nome che a Venezia contava abbastanza da riscattare del tutto il suo passato, eppure i suoi gusti in fatto di donne non erano scontati come le buone ragioni che avevano sostenuto il suo fidanzamento. Non si trattava solo del fatto che non fosse abbastanza attraente, anche se non lo era, o che non fosse abbastanza intelligente, anche se non lo era. No, non erano questi gli ostacoli che egli poneva tra sé e le sue intenzioni.
Anziché assaporare la vittoria recandosi al Ridotto con Lorenzo, aveva preferito dare a Camilla il beneficio del dubbio. Il suo schierarsi contro Raphael in casa Vivanti gli aveva fatto provare un brivido, ma era bastato poco a spegnere l'ardore.
Attraverso la vacuità dello sguardo della sua Camilla mentre le allargava le cosce aveva visto il furore di altri due occhi marroni che durante la serata se ne erano rimasti per quasi tutto il tempo a fissare il lucido marmo veneziano del pavimento.
Quello si che gli aveva fatto provare un brivido, per la seconda volta ad essere onesti. Era per quel motivo che si era recato da Duccio Vivanti di mattina, prima che scoccassero le dieci, troppo in anticipo per non scontentare l'etichetta e troppo in ritardo per non scontentare il suo cuore.
I bravi se li era portati appresso, nel dubbio che qualcuno lo additasse e lo aggredisse come era accaduto in passato. Il sangue gli piaceva, vederlo scorrere lo solleticava moltissimo, purché non fosse il suo.
Un'altra cosa che aveva in comune con Duccio.
I suoi servitori all'inizio si erano rifiutati di farlo passare e avrebbe anche lasciato stare, alla fine, se dallo stesso portone che lo respingeva non avesse visto in tutta fretta uscire l'angelo.
Si erano scontrati violentemente, tanta era la furia di Raphael che per poco non lo buttava per terra e quando aveva alzato la testa non si era nemmeno scusato, gli aveva lanciato uno sguardo confuso che presto si era fatto furioso.
Con un cenno aveva fermato Ludovico, il suo bravo più affezionato, e lo aveva osservato allontanarsi.
A quel punto si era fatto di nuovo avanti, stavolta usando il mezzo che tra tutti funzionava meglio. Aveva corrotto il domestico e quello lo aveva annunciato con un inchino.
Si era avvicinato allo studio di Duccio con una sorta di piccolo batticuore e una flebile speranza.
La stanza non era vuota, una voce femminile, autoritaria ma nello stesso tempo contrariata, lo raggiungeva anche da lì.
<<È assurdo, maledizione.>>
<<Cosa ti aspettavi? Che stavolta non ne avresti pagato lo scotto? >> dopodiché c'era stata una pausa piena piuttosto lunga e un sospiro.
<<Mi sembrava che i miei debiti fossero già saldati. Non posso farlo, lo sai bene, quell'idiota di mio marito non lo consentirebbe mai.>>
<<Non sarebbe la prima volta Giada, che mi sacrifichi qualcosa per salvarti.>>
Poi era avvenuto l'impensabile, aveva sentito una specie di singulto che si era tramutato presto in una lagna.
Giada Foscari, l'algida bellezza di Venezia era dunque capace di piangere?
Marco Landò si era ravviato la chioma scura, poi il suo umore era decisamente migliorato. La fortuna era dalla sua parte e quel livido che faceva bella mostra sulla mascella non gli doleva poi così tanto. Il Visconte c'era andato leggero, durante le risse in cui s'era trovato coinvolto le cose spesso si erano messe peggio.
<<Non dovevo permettere che ti avvicinassi di nuovo a noi. Lo sapevo che venire a Venezia non era una buona idea...>>
<<No, non era buona nemmeno l'idea di mandarla a Northampton eppure non hai esitato nemmeno un secondo, così come non hai esitato a seguire il nostro Raphael.>>
Marco Landò era sempre più eccitato, ed era sul punto di interrompere quell'amabile tête-à-tête, ma qualcosa trattenne la sua mano sulla maniglia della porta.
<<Mi piacerebbe pensare che tu sia preda di quei rimorsi che solo una madre potrebbe provare ma temo che la nostra piccola Arianna non sia così fortunata.>>
<<Lui è un tuo complice?>> La voce di Giada era nervosa ma aveva riacquistato la calma consueta e la consueta eleganza.
<<Oh, per cortesia, Giada... tanti anni e non hai ancora imparato niente dalla vita. L'angelo, come vi piace chiamarlo, è irraggiungibile, al riparo dagli intrighi tanto quanto lo è dall'amore. Non ha niente da perdere e niente da vincere, è il candidato ideale per farmi da bastone. >>
<<Cosa significa questo?>>
<<Che un uomo che ha già perso tutto è un uomo che non ha niente da perdere.>>
Avvertiva la compiacenza di Duccio, la sottile ironia dei suoi giochetti. E si, diavolo se gli era mancata.
<<E allora per quale motivo dovrei di nuovo essere tua complice se non ho speranze di farmi spazio nel suo cuore?>>
<<Perché puoi sempre farti spazio nel suo letto!>>
Era il momento di intervenire. Un leggero bussare aveva preceduto il suo ingresso.
Duccio esibiva ancora un sorrisetto sfacciato.
<<Oh, caro Marco, a cosa devo la vostra inopportuna visita? Credevo vi sareste nascosto per un po' a leccare le ferite e a sanare l'orgoglio, dov'erano i vostri bravi mentre il Visconte ve le dava di santa ragione ?>>
Marco aveva represso il fastidio. Erano anni ormai che da Duccio non riceveva altro se non insulti e battute.
<<Sono qui appunto per avere quello che mi spetta.>> Giada lo aveva guardato con distacco, come sempre. Indossava un ampio mantello bordeaux foderato di pelliccia, le donava, era il colore che più si abbinava ai suoi capelli biondi.
<<Ma bene, alla fine rieccoci al punto di partenza.>> Disse Duccio senza nascondere il fastidio.
<<Che volete Marco?>> Gli domandò Giada a bruciapelo.
<<Sono qui per ricordati un tempo in cui i tuoi gusti erano più raffinati, puoi darmi del tu adesso, ci siamo solo noi tre, come all'inizio di tutto.>>
<<Siete stato un errore imperdonabile, >> continuò altezzosa Giada, sempre senza degnarlo di uno sguardo.
<<No, non io ma le conseguenze delle vostre scelte, quelle si che sono imperdonabili.>>
<<Oh, ma sentitelo, siete qui per farmi la morale, dunque.>>
<<No, sono qui per farti i complimenti, cara Giada. Non credevo avresti tenuto così bene la parte quando ci siamo incontrati di nuovo. Nemmeno un fremito, un mancamento, un sorriso. Niente che lasciasse presupporre quello che c'è stato tra noi.>>
<<Che sei venuto a fare?>> Gli chiese senza mezzi termini il suo vecchio amico.
<<Sono stanco di essere tagliato fuori, voglio stare al tuo fianco, come un tempo.>>
<<Il mio fianco, nel caso non te ne fossi accorto, è occupato.>>
<<Permettimi di dirti quanto sia curiosa la tua scelta. Ma le modalità mi sembrano sempre le stesse. E che pensi di farne di me? Uccidermi come hai fatto con la regina?>>
<<Le tue accuse sono fuori luogo, vattene, Marco.>>
<<Eppure non ci ho pensato due volte a proteggerti, ho anticipato la tua mossa, ho fatto ricadere tutte le colpe su di lui.>>
<<Vattene Marco!>>
Duccio gli si era avvicinato, lentamente ma inesorabilmente si ritrovò i suoi occhi piccoli, neri, nei suoi.
<<Sarà il tuo capro espiatorio, sarà l'agnello sacrificale dei peccati di tutta la laguna.>>
<<Parli proprio come l'ebreo che sei!>>
In quel momento, Giada che rimasta seduta e aveva mantenuto la calma, si alzò in piedi come una furia.
<<Non lo permetterò, non permetterò che gli facciate del male.>>
Marco si allontanò da Duccio, si accostò alla poltroncina che la sua vecchia amante aveva lasciato libera e si sedette con calma. Osservò Giada e per la prima volta da quando la conosceva non la trovò attraente. No, non possedeva l'anima della figlia, non possedeva quelle attrattive nascoste che lui bramava e che invece Duccio sognava di annientare. Di nuovo.
<<In un modo o nell'altro temo che dovrete entrambi comprarvi il mio silenzio.>>