Arianna sapeva che Raphael la stava seguendo, non riusciva a spiegarsi la ragione ma quando lui entrava nella stessa stanza in cui anche lei si trovava tutto mutava, cambiava, l'aria, persino, diventava opprimente. E come sempre accadeva un peso le si poggiava sullo sterno, un fastidio dovuto alla voglia inopportuna che si costringeva a controllare, zittire e nascondere. Non riusciva a capire bene di che natura fosse il suo desiderio, sapeva che mentre il colore dei suoi incubi era il nero, adesso, se tra i tanti pastelli avesse dovuto scegliere un colore per tratteggiare i suoi sogni, avrebbe scelto il blu, un blu scuro.
Era desiderio fisico? Lo voleva come lo desideravano tutte? Anche lei avrebbe corso il rischio, infine, di apparire del tutto ridicola per ottenere le attenzioni dell'angelo? Era proprio come lei? Come sua madre?
Eppure la risposta le sembrava che fosse no, anche adesso, mentre nel silenzio di quei corridoi eleganti continuavano a condividere quell'incresciosa intimità.
Arianna sentiva tutto il disagio di Raphael e le parve, poco prima che arrivassero alla porta della sua camera, che quel sentimento scomodo fosse contagioso.
Quello che la spaventava era che lei si conosceva abbastanza da non aver bisogno di tirare ad indovinare, di Raphael voleva l'accento sporco, il passato e le parole ipnotiche che usava quando parlava in una lingua che per lui era sicura: la lingua di qualcun altro, quella di Shakespeare o dei suoi re e giullari.
Di Raphael voleva la rabbia, l'onestà e la ribellione che indovinava persino nel suo portamento, lo voleva e lo odiava perché non era mai quel Raphael, non era quasi mai quell'uomo sensibile e sofferente che Arianna riusciva senza fatica a distinguere in mezzo a mille discutibili e perversi comportamenti.
Per questa ragione proprio al centro di quel sentimento oscuro e potente che galleggiava come una gondola stanca in mezzo all'acqua della laguna, si insinuò presto il fastidio pungente per il tempo che aveva trascorso insieme a Giada Foscari.
Fu Raphael ad aprire la porta, Arianna teneva gli occhi bassi, lo faceva perché si era accorta già prima di quell'impercettibile disordine che aumentava ancora di più il suo livore, i capelli erano leggermente scapigliati, gli occhi lucidi e stanchi, il portamento era quello di un perdente, non certo dell'uomo che guardava tutti dall'alto al basso.
Arianna sentì che Raphael richiudeva la porta dietro di sé.
<<Non è bene,>> iniziò a dire.
<<Non è bene cosa?>> le fece eco immediatamente Raphael con un'urgenza che gli spezzava la voce e la rendeva ancora più aspra.
<<Che voi chiudiate la porta della mia camera.>>
<<Siamo passati di nuovo al voi, la vostra pruderie è dovuta alla presenza del vostro fidanzato?>>
Arianna alzò la testa, a dispetto del tono sembrava che il suo maestro fosse sul punto di piangere, si diresse verso il piccolo scrittoio in noce in cui aveva risposto il volume, diede un giro di chiave, si chinò a raccoglierlo.
La mano offesa le dava fastidio, la sentiva ancora pesante, odiosamente morta, come del resto accadeva ogni volta che lui era da solo con lei.
<<Arianna?>> Raphael ridusse la distanza.
<<Non siete qui per vedere il volume?>>
<<Perché non mi hai detto niente?>> Le domandò ancora Raphael mentre le andava vicino e l'aiutava ad alzarsi porgendole la mano.
Nella camera c'era poca luce, era più piccola di quella sul Brenta e le parve d'un tratto troppo intima. Dall'esterno arrivavano i rumori acuti della città, le grida di una donna che vendeva del pesce, le urla di qualche bambino festoso.
Arianna osservò la mano rosa, liscia, armonica e perfettamente sviluppata del suo precettore, fece una smorfia e si mise in piedi da sola ma il peso del volume che teneva sotto il braccio la fece vacillare goffamente. Era troppo vicino, col suo maledetto odore che però le parve, forse per effetto della gelosia, mischiato a un'altra fragranza più forte e ugualmente, dolorosamente familiare.
Raphael sbuffò, un sorrisetto parve per un secondo ammorbidire i tratti duri del suo bel viso.
La guardava in un modo strano, la osservava come se quella fosse l'ultima volta che l'avrebbe vista.
Il pensiero fu ben più doloroso del tempo che aveva trascorso da solo con sua madre.
<<Perché non me lo hai detto?>> insistette lui.
<<Stai parlando del mio fidanzato?>> chiese Arianna, sapeva benissimo che si riferiva al libro ma voleva torturarlo come poco prima aveva fatto lui.
Qualcosa attraversò quel blu, era fastidio. Raphael si atteggiò in una smorfia disgustata che gli fece arricciare le labbra.
<<Non mi importa del tuo fidanzato, sono stato io stesso a proporti di affrettare le nozze, ricordi?>>
<<E allora cos'è che ti disturba?>>
<<Quel libro, perché non mi hai detto che era stato Duccio a procurarti il volume? Perché non mi hai raccontato ciò che persino quello straniero del tuo futuro marito sa?>>
Arianna gli porse il volume, veloce mise la mano guasta dietro la schiena.
<<Perché avrei dovuto dirtelo? Tu mi dici sempre tutto?>> Lo stava sfidando, stava facendo leva sull'orgoglio dell'angelo e anche quello lo stava facendo apposta.
Raphael rapido le tolse il pesante libro di mano e con l'altra imprigionò le dita di Arianna, la stringeva in una maniera convulsa, disperata.
Arianna provò a tirarsi indietro, a sottrarsi, non tanto perché era quello che desiderava, piuttosto perché voleva trovare un modo per pareggiare i conti, voleva che lui confessasse di aver fatto quello che lei aveva intuito, voleva sentirgli dire che aveva tradito la sua fiducia. Eppure no, non era così, a ben pensarci quello che desiderava davvero era lasciarlo ancora un pò sul baratro dell'incertezza, torturarlo, mortificarlo come aveva fatto lui con lei miliardi di volte.
Ma Raphael era più forte e non le consentì di sfilare la mano. Si avvicinò ancora.
<<Cosa vuoi sapere di me? Chiedimelo!>>
<<Tu hai mantenuto la tua, di promessa? Hai lasciato perdere mia madre?>>
La stretta di Raphael si fece quasi dolorosa. Abbassò la testa mentre la bile risaliva lo stomaco della ragazza.
<<Lasciami andare.>>
<<Non volevo che sapessi del mio matrimonio in quel modo, >> le disse come se l'accusa che Arianna gli aveva scagliato addosso non fosse tanto pericolosa, come se neppure avesse parlato, ignorandola. <<Te lo avrei detto io, lo avrei fatto di persona.>>
<<Non mi importa niente del tuo fidanzamento!>> Gli urlò contro Arianna, dimenticandosi della mano deformata che portò avanti e gli scagliò addosso, magra, grigia, fragile e imperfetta com'era. In fondo l'incompiutezza dell'arto martoriato incarnava piuttosto fedelmente quel loro assurdo rapporto.
Iniziò a tempestare il suo corpo di pugni, con la mano sana sentiva il petto duro e scolpito, sentiva persino il calore, con l'altra non sentiva niente.
Raphael la lasciò fare per un po', finché gli occhi blu non parvero troppo pieni di dolore. Infine le imprigionò entrambi i polsi contro il corpo e la spinse verso di lui.
<<Chiedimi quello che vuoi sapere e io te lo dirò, >> le promise accanto al viso con gli occhi stralunati, scioccati, <<ad una condizione.>>
<<Sei stato a letto con lei? Sei stato a letto con mia madre?>> Lo accusò Arianna con la voce incrinata, non voleva mettersi a piangere di fronte a lui, non gli avrebbe dato questa soddisfazione ma la sola possibilità che una cosa del genere fosse davvero accaduta le spezzò il cuore e la fece sentire di nuovo come si era sentita dieci anni prima, quando Giada Foscari l'aveva abbandonata.
Ma stavolta fu Arianna a pensare che sarebbe stato meglio morire.
La bella bocca di Raphael si avvicinò al suo orecchio, <<ti dirò la verità se tu farai una cosa per me.>>
Arianna alzò gli occhi, <<non sta a te dettare le condizioni, credi che sia così stupida da non aver già capito?>>
<<Ma non vuoi rimanere col dubbio, dico bene? Quello che ti stai chiedendo è se hai fatto male a fidarti di me, se è accaduto tutto solo nella tua testa. Le nostre conversazioni, le nostre confidenze e infine questa dannata attrazione...>>
Arianna tentò di nuovo di divincolarsi ma di nuovo lui non glielo permise.
<<Mi metterò ad urlare se non mi lasci. Smettila di usare i tuoi mezzucci, non funzionano con me, non mi interessano le moine dell'angelo, non mi piace l'uomo che sei Raphael Deshawn.>>
Raphael sorrise.
<<Lo so bene, credi davvero che non abbia capito niente di te? Credi che non sappia che provi disgusto per quello che sono? Eppure sei curiosa, vuoi sapere se ho mantenuto la mia promessa e io te lo dirò a patto che tu mi faccia fare una prova. Ho bisogno anche io di sapere una cosa, ho bisogno che ti fidi di me un'ultima volta, devo capire se anche nel mio caso è tutto solo nella mia testa. Accetti le mie condizioni?>>
Arianna lo fissò arrabbiata, delusa. Aveva davvero bisogno di avere una conferma? Era necessario? Presto sarebbe stata lontana, presto di Raphael non avrebbe conservato che il ricordo di due brillanti e sfacciati occhi blu.
Eppure aveva ragione lui, alla fine avrebbe fatto di tutto per dimenticare questa offesa, per perdonarlo, per conferirgli un'attenuante al solo scopo di continuare ad avere di lui un ricordo egoisticamente inaffidabile.
Si, lo avrebbe fatto, si sarebbe detta una bugia. Ma dopo quella notte terribile sapeva che le bugie sono pericolose, posso fare male, cambiare il corso di una vita e spezzare gli affetti, quindi scelse la verità anche se già sapeva che avrebbe fatto male anche quella.
Annuì, era così arrabbiata. Quello che non si sarebbe mai aspettata avvenne in un attimo, le labbra di Raphael furono sulle sue, dolci, timorose, morbide e voluttuose come dovevano esserlo solo i peccati veri. La sua lingua si fece spazio nella sua bocca mentre un rantolo soffocato veniva su dalla gola di quell'uomo. La sorpresa fece sì che Arianna rimanesse con gli occhi spalancati, la schiena rigida e che si limitasse per una buona metà del tempo semplicemente a lasciarlo fare.
Il bacio ben presto però mutò in qualcos'altro, il cambiamento fu dapprima impercettibile, Raphael le lasciò andare le mani e le imprigionò il viso come se sentisse la necessità di averla più vicino, come se volesse inglobarla, poi la spinse verso il letto e, Arianna non capì quasi com'era accaduto, lui le fu sopra. Adesso le labbra erano dappertutto, i suoi occhi blu restavano chiusi, ermetici ad ogni tentativo di Arianna di stabilire un contatto, continuava a cercarla, toccarla con foga, stringerla contro di sé mentre imprecava e imprecava.
Infine i fianchi di Raphael si mossero rapidi sul suo bacino, la sua eccitazione era evidente. Fu quando le mani frenetiche di Raphael le accarezzarono i seni attraverso la stoffa pesante del corpetto, quando i suoi polpastrelli provarono senza successo ad insinuare le mani nella scollatura troppo casta e tentarono infine di tirarle su la gonna, quando avvertì sulla carne le sue dita fredde che Arianna d'improvviso decise, come aveva deciso di voler sapere la verità, che tutto quello che stava accadendo li avrebbe distrutti. Per lei non c'era più speranza, ma forse per lui si.
Gli carezzò lentamente la mascella tesa, era una piccola tregua quella, nient'altro. Raphael aprì gli occhi di scatto, il respiro accelerato, lo sguardo perso.
<<Raphael, >> disse solo. Raphael si tirò di scatto in piedi, si lisciò i pantaloni, la sua eccitazione era ancora evidente e rendeva la situazione piuttosto assurda. Si passò una mano tra i capelli.
<<Maledizione,>> bofonchiò l'uomo tra i denti, <<mi dispiace, Arianna, non volevo... cioè sì che lo volevo, lo volevo eccome, ma non in questo modo, non avevo certo intenzione di spaventarti!>>
Le parole di Raphael erano incerte, timorose quasi. Si poggiò sulla porta e la guardò con una strana, nuova freddezza.
Arianna si alzò a sua volta e non si preoccupò di nascondere la mano.
Si avvicinò rimanendo lo stesso a debita distanza, la bocca era piena dei suoi baci, avrebbe voluto poggiarci sopra una mano, saggiare quel gonfiore nuovo, quella voluttà che le pareva lui le avesse appena trasmesso, avrebbe voluto gridare di gioia ma c'era qualcosa che sporcava quella felicità.
<<Sei venuto meno alla promessa che mi hai fatto? Sei andato a letto con mia madre?>> Gli chiese Arianna. Dove trovò il coraggio in quel momento, rimase per lei sempre un mistero.
Raphael la guardò dritto negli occhi, il blu sembrava scavare all'interno della sua anima, sembrava voler trovare un posto in cui insinuarsi, la bocca rimase una linea dritta mentre le parole venivano fuori chiare, senza incertezze, con un perfetto, scandito, odioso accento veneziano.
<<Si.>>
Era tornato ad essere l'angelo e lei, lei era tornata ad essere una miserabile.
<<Si,>> confessò di nuovo, come se una volta non fosse sufficiente, come se Arianna potesse in qualche modo fraintendere.
La ragazza non disse niente e Raphael si limitò a scrollare il capo e ad uscire chiudendo lentamente la porta alle sue spalle. Quando finalmente i passi si attutirono, Arianna si buttò sul letto, le sembrò che ci fosse ancora la forma dei loro corpi sul copriletto azzurro, che ci fosse il suo odore di tabacco e terra dappertutto, non lo sopportò, tuttavia si costrinse, in una specie di espiazione, a rimanere lì una buona mezz'ora, poi si alzò in piedi, prese i suoi disegni e li osservò, fissò gli occhi neri di quella maschera che per prima le aveva causato tanto dolore e iniziò a piangere.
Sarebbe stato diverso se lei fosse stata sana? Raphael avrebbe potuto innamorarsi di lei? Avrebbe scelto lei anziché sua madre?
Visto che non esisteva una risposta a quella domanda perché il passato non poteva essere modificato ricacciò indietro le lacrime, sistemò le sue vesti e si diresse verso il salotto.
No, il passato non poteva essere cambiato e lei non avrebbe mai potuto dimenticare quella notte. Ma il futuro invece, per quello poteva fare ancora qualcosa. Doveva tirare fuori quello che restava della sua dignità, anche se sembrava impossibile, anche se le labbra erano ancora piene dei suoi baci e il suo cuore traditore ne avrebbe voluti altri.
Ad ogni modo non avrebbe permesso a Giada Foscari di ferirla di nuovo e all'angelo di prendersi quello che restava di lei, ciò che tanto faticosamente e miracolosamente in quegli anni era rimasto intatto. Non avrebbe concesso più niente a nessuno.