UN AMORE PROIBITO Cuori Spezz...

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Damon Sanders, due occhi magnetici e letali che sanno scavarti l'anima, un corpo marchiato, dove i tatuaggi a... Еще

NEWS
PROLOGO
Capitolo 1 Damon
Capitolo 2 Damon
Capitolo 3 Allyson
Capitolo 4 Damon
Capitolo 5 Allyson
Capitolo 6 Damon
Capitolo 7 Allyson
Capitolo 9 Allyson
Capitolo 10 Damon
Capitolo 11 Allyson
Capitolo 12 Damon
Capitolo 13 Allyson
Capitolo 14 Damon
Capitolo 15 Allyson
Capitolo 16 Damon
Capitolo 17 Allyson
Capitolo 18 Damon
Capitolo 19 Allyson
Capitolo 20 Damon
Capitolo 21 Allyson
Capitolo 22 Damon
Capitolo 23 Allyson
Capitolo 24 Damon
Capitolo 25 Allyson.
Capitolo 26 Damon
Capitolo 27 Damon
Capitolo 28 Allyson
Capitolo 29 Damon
Capitolo 30 Allyson
Capitolo 31 Damon
Capitolo 32 Allyson
Capitolo 33 Damon
Capitolo 34 Allyson
Capitolo 35 Damon
Capitolo 36 Damon
Capitolo 37 Allyson
Capitolo 38 Allyson
Capitolo 39 Damon
Capitolo 40 Damon
Capitolo 41 Damon
Capitolo 42 Allyson
Capitolo 43 Allyson
CAPITOLO 44 Damon
CAPITOLO 45 Allyson
Capitolo 46 Damon
Capitolo 47 Allyson
Epilogo Allyson
UN AMORE PROIBITO - VITE LONTANE
Nuova Storia solo per VOI

Capitolo 8 Damon

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Esco dall'aula, sfilo il cellulare dalla tasca e mi decido a rispondere all'ennesima telefonata ricevuta nelle ultime sei ore.

«Ti ho detto che non dovevi chiamarmi, mi sarei fatto sentire io», ringhio. Ascolto le sue parole con le quali cerca di rassicurarmi invano.

«Non mi importa, qui è tutto uno schifo», tuono esasperato contro mia madre; so che non è colpa sua, ma la collera ha la meglio sulle mie azioni e senza pensarci chiudo la chiamata. Mi dirigo verso l'aula di economia aziendale, le lezioni stanno per terminare. Mi appoggio al muro e aspetto.

«Damon, non ho tempo per i tuoi giochetti», mi avvisa Alec non appena mi vede. Faccio un passo verso di lui bloccandogli il passaggio. «Io credo di sì, invece. Mi devi molto e lo sappiamo entrambi». Anche se tenta di mettersi a muso duro, sa che ci vorrebbe poco per metterlo con il culo per terra davanti a tutti, non sarebbe poi la prima volta.

«Quante volte dovrò ancora dirti che è stato solo un incidente?», continua a propinarmi le sue cazzate, con la convinzione che, malgrado siano passati anni, io abbia dimenticato quella notte che ha ormai messo radici nella mia vita.

«Fin quando avrai fiato», minaccio e sorrido di fronte al suo sguardo che vacilla alle mie parole.

«Cosa vuoi?», domanda.

Ecco quello che aspettavano di sentire le mie orecchie.

«Una tregua, per ora, visto che siamo tornati in pista», rispondo, tornerà utile tenerlo buono per un po' di tempo.

«Mi stai prendendo per il culo?», chiede incredulo.

«Ho una sola parola e sai quanto vale la mia. Quando dico una cosa è quella». Fino a quando mi andrà bene. Ovviamente dimentico di proposito di terminare la frase. «Allora?», incalzo mentre lui si guarda attorno come se avesse timore che qualcuno possa sentirlo.

«A una condizione», propone. «Allyson deve stare fuori dai combattimenti. Lei deve pensare che...».

Immaginavo che si sarebbe fatto comandare a bacchetta dalla biondina.

«Parli della mia sorellastra?», l'interrompo e vedo il suo volto impallidire all'istante.

«Quando l'hai...», biascica a fatica.

«Scoperto?», aggiungo io per lui mentre scrollo le spalle indifferente. Non ha importanza, tanto lei non lo sa e non ci voglio avere nulla a che fare», concludo intravedendola venire verso di noi di tutta fretta.

«Non dimenticarti che questa sera Bret dà una festa a casa sua per il nostro ritorno. È importante che ci vedano uniti, è solo una questione di affari, amico», gli ricordo. Lei si blocca non appena ci vede e i libri le cadono dalle mani; starà pensando che gli stia spifferando tutto riguardo a ieri sera. Sorrido e mi sporgo appena per godermi meglio la scena.

«Qualcuno ti sta cercando», dico ad Alec dandogli una pacca sulla spalla. Si volta per raggiungerla e io lo seguo, perché sono troppo curioso di vedere quel volto così innocente mortificarsi dalla vergogna.

«Tutto bene, Ally?», le domanda mentre si china a raccoglierle i libri da terra e in quel momento siamo uno di fronte all'altra. La fisso, vedo il timore rendere prigionieri i suoi occhi che si inchiodano ai miei. Mi passo il pollice sul labbro inferiore, la vedo ipnotizzata dal mio gesto e la cosa non mi diverte soltanto, mi stuzzica ancora di più.

«Sì, sono solo un po' stanca», prova a spiegare tentennando.

«Stavo dicendo ad Alec che stasera Bret darà una festa», prende i libri dalle mani di lui che la cinge subito in vita. Trattengo il sorriso che quasi m'implora di comparire sul volto, mentre con un gesto rapido passo la lingua sulla bocca al ricordo del dolce sapore della sua ragazza. «Ci si vede», mi limito a dire e tolgo il disturbo; entrambi mi salutano, anche se quello di Allyson mi giunge come un sussurro.

Vado a cercare Cody, chissà se è ancora sveglio o se è svenuto su qualche banco; mi toccherà setacciare l'intero campus per trovarlo.

Una volta in stanza, mi metto alla scrivania e inizio a buttare giù qualcosa. La matita sembra scivolare da sola sul foglio bianco. Sono talmente concentrato da non rendermi conto di non essere più solo.

«Non ci credo», esclama Cody ridendo, «Damon Sanders che studia».

Metto subito il foglio nel raccoglitore prima che lo veda.

«Non farlo mai più», lo minaccio.

«Rilassati, è anche la mia stanza», puntualizza il mio amico buttandosi sul letto e coprendosi il volto col cuscino, io approfitto di questo istante per nascondere il raccoglitore sotto il materasso.

«Fatti una dormita che stasera abbiamo una festa che ci aspetta», su Cody le parole "Festa" e "Stasera" messe nella stessa frase hanno l'effetto di una scarica di adrenalina pura. Si scopre il volto lanciandomi il cuscino addosso.

«Me lo dici così?», replica Cody tirandosi sui gomiti mentre io prendo l'asciugamano per farmi una doccia.

«Vuoi che ti spedisca una cartolina?», ribatto prendendolo per il culo.

«E da quando tu e Bret siete nuovamente amici?», chiede e io non posso fare a meno di sorridere alla sua domanda mentre chiudo il cassetto della biancheria.

«Dimentichi Alec», aggiungo con un ghigno impresso sulle labbra e lui scatta a sedere sul letto come una piccola pettegola.

«Sanders, sei un fottuto bastardo», dice Cody e mi limito a scoccargli un'occhiata complice.

Il gioco sta per iniziare.

«Hai detto che sarei dovuto rientrare nel club. Ora sono ufficialmente dentro».

Cody è sempre stato dalla mia parte, l'unico del quale potevo realmente fidarmi. Quando in un solo istante ho visto crollare davanti ai miei occhi i legami a cui tenevo di più, lui era lì a fermarmi, prima che la rabbia prendesse possesso del mio corpo facendomi commettere l'errore più grande della mia vita. Il perdono non appartiene al mio mondo, per me nella vita ci sono solo lotte da affrontare e persone che devono essere rimesse al proprio posto.

L'acqua scivola sul mio corpo e sento sciogliersi la tensione che si era accumulata da quando sono arrivato. Devo riprendermi la mia vita ed è quello che ho intenzione di fare. Mi avvolgo l'asciugamano e poco dopo incomincio a vestirmi, infilo i jeans chiari e quando sto per mettere la maglia sento dei ragazzi farfugliare qualcosa sul mio conto dalla parte opposta delle docce. Li raggiungo all'istante.

«Avete qualche problema?», domando con le braccia incrociate al petto; sono in tre, ma di certo non sono intimorito dalla loro presenza, anzi, direi quasi divertito.

Non aspettavo altro che scaricare un po' di tensione esattamente come piace a me.

«Si dice che sei il figlio del sindaco Parker», commenta quasi divertito il più alto, mentre gli altri due ridono alle sue parole. Le mani si serrano in due pugni. Odio quel cognome e tutto quello che ha rappresentato in questi due anni.

«Il mio cognome è Sanders e non lo ripeterò un'altra volta», l'avverto. Il tipo si gira verso gli amici, riconosco quello sguardo di sfida, lo stesso che appartiene anche a me.

«Non ci piacciono le minacce», si sporge verso di me che non mi sposto di un millimetro.

«E a me i coglioncelli come voi», con una spinta finisco contro la parete di piastrelle alle mie spalle, sorrido e poi mi avvento contro di lui, colpendolo con un pugno in pieno volto. I suoi amici mi bloccano per le braccia, così provo a fare leva per divincolarmi dalla loro presa.

«Perché non mi affrontate uno alla volta, femminucce?», ringhio e lo colpisco con qualche calcio, ma non riesco a evitare i suoi pugni che mi raggiungono alla bocca dello stomaco facendomi piegare dal dolore; un altro, si abbatte subito dopo sul mio mento e il sapore metallico del sangue mi riempie la bocca, per poi scivolarmi in gola. Lo guardo e gli sorrido poco prima di sputargli in faccia.

«Sei finito», lo minaccio e in quell'istante entrano dei ragazzi che si mettono in mezzo per togliermeli di dosso. Uno di loro è il tipo che si era avvicinato la mattina precedente per chiedere chi fossi.

«Tutto bene, amico?», mi asciugo col dorso della mano i rivoli di sangue che scorrono sul viso.

«Sto bene», sbraito in preda alla collera.

«Ci si vede, Sanders», continua lo spilungone beffandosi di me.

«Ci puoi giurare. Chiuditi a chiave la notte, d'ora in poi, perché sei un uomo morto», raccolgo la maglia dal lavabo dove l'avevo lasciata sporcandola con il mio stesso sangue. Incrocio Cody in corridoio mentre va verso il bagno, chino lo sguardo per evitare di mostrargli cosa mi sia successo. Sono un fascio di nervi.

«Che cazzo hai?», la mano di Cody preme contro il mio petto bloccandomi.

«Solo una testa calda, niente d'importante», minimizzo rispondendo al mio migliore amico.

«Chi è stato?», abbaia. Potrei con lui andare anche ora a fargli la festa, ma sarebbe troppo prevedibile. Invece deve sentire la paura, impossessarsi di lui giorno dopo giorno e solo allora gli restituirò il favore.

«Lascia perdere. Vado a mettermi un'altra maglia, ma tu muoviti».

Entro in stanza e sbatto forte la porta alle spalle, sferro un calcio alla sedia facendola ribaltare a terra e il tonfo riecheggia nelle mie orecchie. Poggio le mani sulla scrivania e cerco di rallentare il respiro al quale sembra non bastare più l'aria stessa. Poi, prendo dal cassetto una maglia pulita.

Mi guardo allo specchio, vedo il labbro spaccato e di fronte al mio riflesso non resisto più, scagliandomi contro quell'immagine che cade in frantumi. Raccolgo tutti i vetri prima che ritorni Cody e li butto, poi mi vesto, metto le mie Converse e l'aspetto. Sarà una serata lunga, molto lunga, prometto quasi a me stesso.

«Lo specchio?», indica con il pollice all'indietro.

«Domani lo ricompro, ora andiamo», non chiede altro e poco dopo siamo già nel parcheggio del Campus.

«Guido io. Non vorrei che il tuo umore uccidesse entrambi», prendo le chiavi della macchina e gliele lancio.

«Divertente. Non è colpa mia se te la fai sotto per un po' di velocità», gli faccio notare accomodandomi al lato passeggero.

«Prevedo una grande serata con te in questo stato», mi volto verso di lui mentre fa retromarcia.

«Hai detto bene, fratello. Stasera voglio proprio divertirmi».

Arriviamo di fronte alla casa di Bret, i genitori sono fuori città e il viale è già pieno di macchine; alcuni ragazzi sono sul portico con in mano le loro birre. Scendiamo, salutiamo qualche vecchia conoscenza, altri li fulmino con lo sguardo pregando che vengano a rompermi i coglioni, così potrò sfogare quello che ho dentro in questo momento.

«Non iniziare», mi ammonisce subito Cody notando il mio sguardo in cerca di guai; sollevo le mani in segno di resa ed entriamo in casa. Guardo dove sono gli altri e li raggiungiamo.

«Damon, cos'è successo?», mi domanda subito Joselyn provando a sfiorarmi il volto, ma sollevo la testa per non essere toccato.

«Sto bene», dico a denti stretti e mi allontano per prendere da bere. Quando mi avvicino al tavolo di fianco alla finestra, dove trovo una vasta scelta di roba con la quale farmi male, la vedo. I capelli sciolti le ricadono sulle spalle in onde quasi perfette. Indossa un vestito lilla non molto aderente, con un paio di stivali sotto il ginocchio. I miei occhi cadono proprio su quel pezzo di pelle appena scoperto fra il vestito e gli stivali. Sollevo subito lo sguardo prima che se ne accorga, anche se sembra essere troppo impegnata a parlare con Alec. Prendo un bicchiere, lo riempio di vodka e lo butto giù tutto d'un sorso.

«Che cos'hai fatto al labbro?», me ne verso un altro e prima di berlo, senza guardarlo, rispondo: «Una questione che risolverò presto, non preoccuparti», rido da solo all'idea delle mie mani sul viso di quel bastardo. Guardo con la coda dell'occhio Alec allontanarsi.

«Chi ti ha...», le scocco un'occhiata e lei china subito il capo intimorita. «Lascia perdere», si limita a dire e si sposta per raggiungere gli altri.

«Brava, vai a cercare il tuo cagnolino», mi verso ancora un bicchiere, il petto dopo il secondo giro non brucia più e sento la vodka scendere quasi come acqua.

«Comunque, mi dispiace», aggiunge, l'afferro per il braccio mentre prova ad andarsene.

«Cosa? Dimmi cosa ti dispiace», soffio al suo orecchio.

«Lasciami andare per favore», con il pollice le disegno dei piccoli cerchi sul braccio, sopra al tessuto del vestito. Osservo il suo viso dipingersi d'imbarazzo. Mi attirano le sue guance che prendono colore così facilmente. Mi attira il suo essere così ingenua, è come una farfalla dai mille colori che si è appena posata sul fango che è la mia esistenza imbrattandosi le ali.

«Mi dispiace per quello che ti hanno fatto. Ora puoi lasciarmi andare?», chiede, non si volta nemmeno e la lascio libera di andare, ma d'istinto mi volto a guardarla mentre si allontana.

«Dam, stanno per giocare a gira e striscia», mi avvisa Cody tutto eccitato; in effetti non ho dei brutti ricordi di quel gioco, che era diventato anche una parte del nostro rito alla fine degli incontri.

«Sono dei vostri», proclamo. Afferro la bottiglia di vodka e raggiungo gli altri che si stanno già disponendo in cerchio.

«Alec, tu non giochi? Hai anche la ragazza», i miei occhi lo stanno sfidando, come sempre del resto, perché sono convinto che la piccola ALLY non conosca nemmeno questo altro lato del suo ragazzo.

SPAZIO XOXO

Commenti e stelline...

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