Dolore e perdono (Parte VII...

Od marinamtf

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Settima parte del romanzo "Dolore e Perdono" (nove in totale) Una storia di sofferenza e redenzione, una pass... Viac

Note dell'autrice
Parte VII. La tragedia
Capitolo 41 (I). Una voce
Capitolo 41 (II). Una voce
Capitolo 41 (III). Una voce
Capitolo 41 (IV). Una voce
Capitolo 41 (V). Una voce
Capitolo 41 (VI). Una voce
Capitolo 41 (VII). Una voce
Capitolo 42 (I). Il fidanzamento
Capitolo 42 (II). Il fidanzamento
Capitolo 42 (III). Il fidanzamento
Capitolo 42 (IV). Il fidanzamento
Capitolo 42 (V). Il fidanzamento
Capitolo 42 (VI). Il fidanzamento
Capitolo 42 (VII). Il fidanzamento
Capitolo 42 (VIII). Il fidanzamento
Capitolo 42 (X). Il fidanzamento
Capitolo 42 (XI). Il fidanzamento
Capitolo 42 (XII). Il fidanzamento
Capitolo 42 (XIII). Il fidanzamento
Capitolo 42 (XIV). Il fidanzamento
Capitolo 42 (XV). Il fidanzamento
Capitolo 43 (I). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (II). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (III). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (IV). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (V). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (VI). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (VII). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (VIII). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (IX). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (X). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (XI). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 43 (XII). Silvia Palestro, in Testino
Capitolo 44 (I). Una tomba vuota
Capitolo 44 (II). Una tomba vuota
Capitolo 44 (III). Una tomba vuota
Capitolo 44 (IV). Una tomba vuota
Capitolo 44 (V). Una tomba vuota
Capitolo 44 (VI). Una tomba vuota
Capitolo 44 (VII). Una tomba vuota
Capitolo 44 (VIII). Una tomba vuota
Capitolo 44 (IX). Una tomba vuota
Capitolo 44 (X). Una tomba vuota
Capitolo 44 (XI). Una tomba vuota
Capitolo 45 (I). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (II). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (III). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (IV). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (V). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (VI). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (VII). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (VIII). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 45 (IX). Andrea e la sua famiglia
Capitolo 46 (I). La mamma di Emanuele
Capitolo 46 (II). La mamma di Emanuele
Capitolo 46 (III). La mamma di Emanuele
Capitolo 46 (IV). La mamma di Emanuele
Capitolo 47 (I). Anna dottoressa
Capitolo 47 (II). Anna dottoressa
Capitolo 47 (III). Anna dottoressa
Capitolo 47 (IV). Anna dottoressa
Capitolo 47 (V). Anna dottoressa
Capitolo 47 (VI). Anna dottoressa
Capitolo 47 (VII). Anna dottoressa
Capitolo 47 (VIII). Anna dottoressa
Capitolo 48 (I). Un sogno che si avvera
Capitolo 48 (II). Un sogno che si avvera
Capitolo 48 (III). Un sogno che si avvera
Capitolo 48 (IV). Un sogno che si avvera
Capitolo 48 (V). Un sogno che si avvera
Capitolo 48 (VI). Un sogno che si avvera
Capitolo 48 (VII). Un sogno che si avvera
Capitolo 49 (I). La lenta discesa
Capitolo 49 (II). La lenta discesa
Capitolo 49 (III). La lenta discesa
Capitolo 49 (IV). La lenta discesa
Capitolo 49 (V). La lenta discesa
Capitolo 49 (VI). La lenta discesa
Capitolo 49 (VII). La lenta discesa
Capitolo 49 (VIII). La lenta discesa
Capitolo 49 (IX). La lenta discesa
Capitolo 49 (X). La lenta discesa
Capitolo 50 (I). La trappola

Capitolo 42 (IX). Il fidanzamento

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Od marinamtf

«Perché non conosco nessuno Marco», aveva detto porgendo il vassoio con i cestini a uno dei ragazzi per portarlo fuori; si era poi riavvicinata a Franco per aprire la seconda scatola, «ho già salutato i tuoi suoceri, ho fatto due parole con i custodi, Ilaria l'ho vista stamattina, altri non li conosco, un poco Andrea e suo papà, poi li saluto, ma altri no, i nonni materni di Anna sono fin troppo eleganti, mi vergogno ad andare vicino a loro, fammi stare qui, ti prego.»

Nel mentre il fattorino dell'agenzia di catering era giunto in cucina; «salve, ci sono i primi; dove li posso portare?», spingeva un carrello con sopra due bauletti foderati di isolante. «Venga con me», Franco lo aveva portato nel retro cucina dove c'era un'ampia dispensa e dove si stava accumulando tutto il pranzo, cibi e bevande. 

«Vedi Marco... Franco ha da fare», le aveva detto la mamma, mentre disponeva su un altro vassoio il carpaccio di salmone, «io sto qui per lui.» 

«Franco ha gli aiutanti mamma... e non dire che sono pochi: se ce ne fossero stati il doppio tu saresti stata qui lo stesso, ti conosco», si era alzato, le era andato vicino, «mamma, fermati un attimo», le aveva detto ponendo le mani sulle sue spalle e girandola verso di sé, «guardami, sono io. . . tuo figlio, non sono "il padrone"; anche se sposo Anna e divento in un certo senso il superiore di Franco non ti devi sentire inferiore a me perché sei la compagna del cameriere. Sei sempre mia mamma! Lo capisci?» 

«Ma. . .», Irene aveva guardato in basso, «Marco. . . io. . . non sono di questa gente, anche se non fossi la compagna di Franco avrei imbarazzo e starei in un angolo, da sola, non è soltanto per lui, lo sai? Franco caro. . . diglielo tu», nel frattempo Franco era ritornato dal retro e il fattorino era andato con il carrello vuoto a prendere altre pietanze dal furgoncino parcheggiato. «Che c'è Irene? Cosa devo dire a Marco? Pensi che non lo sappia?», le aveva detto andandole vicino, l'aveva vista triste e aveva capito il motivo: «perché non vai fuori con gli altri? Faresti contento tuo figlio! Marco,», si era poi rivolto a lui, «non ti credere: non sono io che la trattengo; è da tutta la mattina che glielo dico, ma. . . non vuole. Irene. . . davvero qui io. . .», per tutta risposta Irene si era abbracciata al compagno, «Franco, fammi stare qui con te, non mandarmi fuori, non tu», lo aveva interrotto, dandogli una carezza, e un bacio veloce sulla guancia, «non dire altro. Marco. . . non è lui, sappilo, che mi trattiene. Sono io.»

«Mamma, ma. . . è anche la tua festa! Non è solo la mia, un conto era la laurea. . . posso capire, in parte, ma il fidanzamento no!», Marco si sentiva male, come se si fosse reso conto in quel momento che la scelta di fidanzarsi con Anna stesse creando una frattura non solo tra lui e Ilaria ma tra lui e sua mamma. «Pensa a cosa accadrebbe se i genitori di Anna se ne stessero chiusi nel salottino oggi che Anna si fidanza! Ci rimarrebbe male Anna. . . non trovi?»

«Oh, beh. . . Marco. . . non è la stessa cosa!», Irene aveva di nuovo ripreso a disporre il carpaccio sul vassoio: non aveva frequentato un alberghiero, ma anni di servizio in sala le avevano dato una mano molto sicura, ogni fetta veniva disposta con cura, senza una grinza, gli sorrise: «non puoi confrontarmi con il signor Luigi e la signora Sara. I genitori di Anna certo che stanno fuori, ma è diverso: loro sono i padroni qui, Marco, non lo dimenticare. . . io. . . no, non è posto mio, sarà il posto tuo, però, perché, sposandola, farai parte della loro famiglia.» 

«Oh, Signore benedetto!», Marco si era reso conto che quando voleva sua mamma era ancora più testona di sua sorella, il che non era un bel primato: «mamma, anche tu farai parte di questa famiglia! Lo vuoi capire che se io sposerò Anna è anche perché Sara e Luigi hanno accettato te? Che sanno benissimo da dove vengo, che mestiere fai, quali sono le tue origini? Le hanno sapute fin dal primo giorno!»

Marco aveva poggiato i pugni sul tavolo, impotente; non sapeva come fare: gli sembrava di fidanzarsi, non solo senza un papà, ma senza mamma e questo non gli piaceva; «non dirmi che farai così anche al matrimonio! Che mi lascerai da solo», le aveva detto triste, gli era venuto da piangere, Irene si era resa conto che il suo comportamento rendeva triste il figlio, aveva interrotto il lavoro ed era andata ad abbracciarlo: «Marco... non sei senza mamma! Quando mai lo sei stato? Se tu non mi avessi avuta dove saresti adesso?» 

«È proprio per questo mamma che io sto male!», le aveva risposto, abbracciandola a sua volta, gli veniva da piangere, si sentiva lo stesso solo; «perché so quanto ti devo, e so che Luigi e Sara lo sanno. Pensi si vergognino a farti vedere in giro? A presentarti come la mamma del fidanzato? Sarebbero meschini se fosse così, se accettassero me, il genero ingegnere, e non accettassero da dove vengo, dalla mamma cameriera, da te, non trovi?» 

«Marco...», Irene lo aveva tenuto stretto, carezzandogli il capo e facendolo un po' dondolare come quando da piccolo piangeva per il papà assente, sapendo di calmarlo, «sei ancora tanto giovane, non hai malizia, ti ho cresciuto con un cuore buono, e questo è l'importante, ma a volte non è così semplice la vita. Non ci sono solo i genitori di Anna, Marco, quelli... so che sono bravi e hanno capito: ma. . . la gente può essere cattiva, può parlarti dietro. . . e io non voglio che lo facciano su di noi. Preferisco stare in disparte e non dar loro motivo di pettegolezzo», era rimasta un poco in silenzio mentre Marco si faceva accarezzare, «vai dalla tua fidanzata, ora, ti prego, rispetta il mio volere anche se ti sembra strano.»

Marco si era dunque arreso, dopo un poco si era staccato e le aveva detto: «Va bene, mamma... ma, almeno mangia qualcosa, eh? Non stare a servire soltanto», e, su questo punto, Franco era intervenuto: «ah, stai tranquillo Marco, su quello ci penso io, tanto qui di roba ce n'è per il doppio delle persone, qui in cucina sta' sicuro che non si muore di fame.»

***

Marco era poi ritornato in giardino e dopo qualche minuto era arrivata Anna dal colloquio con Ilaria; era un poco triste e aveva pensato di chiederle di andare poi in cucina insieme per almeno salutarla visto che, conoscendola, non avrebbe osato avvicinarsi a lei. Dopo essersi riuniti, come già detto, furono di nuovo attorniati da ospiti e, dopo aver smaltito anche quest'ultima fila, diedero il via al pranzo prendendo per primi il piatto con gli antipasti seguiti dagli altri in fila ordinata.

Per Anna era un po' scomodo andare in giro con i tacchi, il vestito lungo e nello stesso tempo tenersi il piatto e le posate, perciò i due scelsero di mangiare seduti al loro tavolo riservato in fondo alla sala ma alzandosi spesso per dare altri saluti e servirsi; la sala era affollata ma non piena, per chi avesse voluto sedersi c'era ancora posto; Anna aveva visto giusto: a fine giugno molta gente preferiva prendersi il piatto e mangiare su una sdraio, una sedia o anche seduti sul muretto all'ombra di un ulivo; la giornata era calda, ma con una piacevole brezza.

Andrea, che né Marco né Anna avevano ancora visto, si presentò in sala con Emanuele e Silvia; si guardò in giro, e, dopo averli visti, andò a salutarli al loro tavolo; Emanuele era tenuto in braccio dal papà, aveva il viso appoggiato alla sua spalla sulla quale era poggiato un bavaglino, teneva in mano un grissino che sgranocchiava sbavando parecchio, Silvia stava un passo dietro il papà per controllarlo: aveva in mano un tovagliolino che usava per asciugargli la bocca e togliergli le briciole.

«Ah, finalmente riesco a trovare un momento in cui siete soli», esordì appena si fu avvicinato, nel frattempo anche Anna e Marco si erano alzati ed erano andati loro incontro, «finora eravate stati così tanto assediati che era speranza vana salutarvi. Ciao allora, congratulazioni!», disse Andrea salutando con il braccio libero in modo anche gentile; si scambiarono i saluti, abbracci e varie strette di mano; «Ora siamo pari, Marco, entrambi fidanzati, mi sembra», si guardò un po' intorno, «anche se tu abbondi sempre: due fidanzate sono meglio che una. . . ma. . . non ho più visto Ilaria, non c'è in giardino, dov'è? Non dovrebbe stare al vostro tavolo per fare una festa unica, o no?»

«Andrea... non so dove sia mia sorella», Marco rispose educatamente, ignorando la battuta: «io... sono stato qui con Anna nell'ultima mezz'ora, era con te, micia, vero?»

 «Sì, gattino. . . era con me. . . abbiamo un poco parlato», anche Anna ignorò la battuta: il fatto che Ilaria non fosse in giardino era ciò che la preoccupava, voleva dire che era ancora triste e chissà dove si fosse nascosta; «... poi però ha detto che voleva far due passi; casomai dopo la vai a cercare, non mi piace che stia troppo da sola», Anna voleva evitare che l'assenza della sorella aumentasse la malinconia di Marco, già presente per quella della madre.

«Andrea, su. . . perché devi sempre distinguerti», lo rimproverò Silvia mentre puliva il bambino, «e lasciali in pace, no? Se sono contenti così! Amore di mamma... come ti sei sporcato: lasciati pulire il musetto»; Anna la guardava con attenzione: si atteggiava proprio da madre, era in un certo senso peggiorata dal compleanno, sembrava proprio immedesimata nella parte; questo, ovviamente, a Ilaria non aveva fatto piacere vederlo, cominciò a capire la sua tristezza.

«Scusa cara, era una battuta troppo bella per lasciarla non detta...», Andrea continuava a sorridere, però nessun altro aveva riso: persino Emanuele aveva fatto una smorfia di disapprovazione pensando che il papà avesse meglio da fare che continuare a prendere in giro la mamma e lo zio; «va bene, va bene, niente battute oggi», vide attorno a sé sguardi seri e cercò di ritornare serio anche lui, «la ritiro, è la vostra festa, divertitevi... Vi saluto: noi andiamo a trovarci un posto da sederci... oh... ho parlato troppo presto... Emanuele che c'è?»

Emanuele aveva visto un altro palloncino appeso a una poltrona vicino alla finestra aperta, si era mosso con un poco di brezza e l'aveva incuriosito, aveva buttato il grissino che aveva in mano per terra e aveva cominciato ad agitarsi per scendere; «oh no!, di nuovo un palloncino?», disse Andrea girandosi e vedendo cosa lo interessasse; «va bene, va bene... andiamo a prenderlo...», disse rassegnato, lo mise giù e, tenendolo per mano, andò verso la poltrona; Silvia raccolse il grissino per terra, lo buttò in un cestino vicino e poi prese l'altra mano del bimbo, «caro... che ci vuoi fare? Gli piacciono... amore? andiamo a prenderlo?», ed Emanuele, sentendosi chiamato in causa, cominciò a trotterellare più spedito. Anna volle seguire Silvia, voleva ancora osservare come si comportasse con il bambino e Marco le andò dietro.

«Scusalo Anna, fa sempre lo sciocco. . . si deve far notare come un bambino», le disse, appena la vide a suo fianco.

Anna alzò gli occhi al cielo e fece uno sguardo commiserante: «lo so Silvia, lo conosco da una vita, molto prima di te; credo proprio che il vostro matrimonio sarà divertente, considerando il suo humour», «chissà, speriamo!», Silvia sorrise, «a volte, però, un poco inopportuno, devo dire», Anna volle puntualizzare, Silvia non commentò e cercò di cambiare discorso: «Questo verde comunque proprio ti dona, Anna, ma l'hai scelto tu? Ti sarai fatta consigliare. . .», Silvia si fermò, lasciando la mano al piccolo; le toccò il fiocco: «che bello, sembra scolpito ed è solo stoffa...», anche Anna si fermò per farsi vedere meglio, vide che Marco stava seguendo Andrea per dare il palloncino al bambino. 

«Mi tieni per favore Emanuele mentre slego il palloncino?», chiese Andrea, «certo; Emanuele, vieni da zio...», Emanuele cambiò mano con gioia, zio Marco era sempre uno spasso e ci stava volentieri, «sarà un po' troppo grande, però, Andrea, forse è meglio sgonfiarlo un poco», «ci provo», rispose Andrea cercando di sciogliere il nodo; ci si mise d'impegno, ci riuscì, ridusse il palloncino alla grandezza di un melone e lo diede al bambino che non stava più nella pelle per l'attesa; «allora? è di tuo gradimento?», Emanuele lo prese con gioia e lo lanciò a Marco che glielo ridiede, «oh, finalmente, ci farà quietare un poco, spero», commentò Andrea.

«Sì, certo...», aveva detto Anna a Silvia, «sono andata dalla sartoria dove lavora Ilaria, la padrona è proprio un'esperta di colori e di tagli; appena mi ha vista mi ha detto: "ho io la stoffa perfetta per la tua carnagione e i tuoi occhi", prese questa e, devo dire, ci ha azzeccato, non sei l'unica a dirlo, comincio a crederci...», Anna aveva visto che Emanuele era con il palloncino che giocava con Marco, si diresse verso di loro.

«No, credici, stai veramente bene... è un abito magnifico, sia la stoffa che il taglio», le disse, con sincerità, ma anche un pizzico di invidia perché era risaputo che la sartoria dove lavorava Ilaria era una delle migliori, ma anche probabilmente la più cara; si avvicinò a Emanuele che giocava con Marco, si accucciò: «amore, che fai col palloncino? giochi? ora... caro...», si alzò, si rivolse ad Andrea, «magari se possiamo cominciamo a mangiare anche noi?»

Anna si guardò in giro, la sala non era al completo: «ci sono ancora dei posti liberi, laggiù per esempio», indicò un tavolo mezzo vuoto vicino al corridoio.

«Oh, sì, Anna non ti preoccupare delle sedie libere tanto... è speranza vana cercare di mangiare da seduti con Emanuele che vuole camminare dappertutto e assaggiare qualunque cosa», Andrea fece un gesto di noncuranza con la mano e uno sguardo rassegnato, e poi, rivolto a Silvia, «cara, cos'ha cercato di mangiare finora? Di tutto: tartine, pizzette, grissini, tutto vuole mettere in bocca: olive, salatini, pezzi di parmigiano e focaccia; dà un morso e poi sputa, però non gli puoi neppure dare la sua pappa, ci abbiamo provato: vede quella dei grandi e vuole quella, chiamalo fesso, ho assaggiato i suoi omogenizzati, fanno proprio schifo.»

«Su, caro», gli disse Silvia dandogli un bacio, «però almeno un po' di prosciutto cotto con due penne col pomodoro le ha mangiate, Franco è stato così gentile da cucinarcele; va già bene così per oggi, mangerà di più stasera, è troppo eccitato per stare seduto.»

«Sì, infatti: adesso guardalo qui», Emanuele era sempre sotto di loro che si divertiva tantissimo a lanciare il palloncino a Marco e poi riprenderlo, sorrideva e saltellava ogni volta che Marco glielo ritirava indietro, a volte ci cascava sopra ma si rialzava, «ancora con questi palloncini! Alla prossima festa dobbiamo ricordarci di non metterli: diventa matto ogni volta che ne vede uno; io spero solo che tra poco sia così stanco da dormire... ma che ore sono?», guardò il suo orologio, «quasi l'una e mezza, spero che tra poco crolli.» 

«Non dirmelo Andrea, con questi tacchi, poi... stargli dietro!», Silvia alzò una caviglia e se la massaggiò, «io invece devo ricordarmi di portarmi le scarpe basse di ricambio la prossima volta che siamo invitati a una cerimonia... è stancante corrergli dietro...», Silvia si accucciò e prese il nasino di Emanuele fra le sue dita per scherzare e gli disse: «ma che ci possiamo fare, amore di mamma, se il papà è così alto? Che facciamo? Non possiamo mica sfigurare? Non vuoi che la mamma sia una tappa vicino a papà? Che dici cucciolo? Che dici a mamma?» 

Emanuele guardò Silvia e pensò che forse aveva ragione; l'altra mamma era più alta, stava meglio vicino a papà, però... pazienza, se questa seconda mamma era più bassa avrebbe accettato anche questa mamma con i tacchi. Per risponderle fece un «Ah!» acuto, lanciandole il palloncino addosso, accompagnato dal suo sorriso e vari movimenti di gambe e braccia che Silvia intese complessivamente come un «Sì». 

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