Good Girl | Billy Hargrove

Od Honeymoon_28

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Billy Hargrove aveva sempre saputo che il mare prometteva di lavare via tutto, di fargli dimenticare. Non sap... Více

Escapade
Blame it on the holidays
Late night talking
Old habits die hard
Burger Break
Not so Lovers Lake
Stranger thoughts
Ego's bruises
Blame it on the weed
Yo-yo feelings
Let me in
If you're a good girl
You wanna play that game?
The worst in me
In a big mess
Something new
You're coming with me tonight
Rock my year
Heated kisses and motor oil
I'll make you feel good
What is that feeling?
Runaway
You promised
Shattered
I still want you girl
Maxie
Bitter truth
Closure
Saint Valentine...or not
Bad news
Stranger things happen
Dark times
Vecna's curse
Worlds apart
Hearts Broken in Two
And nothing else matters
The Dive
War is coming
The Creel House battle
Hungry Eyes
CONTINUO/FINALE ALTERNATIVO?

Losing ground

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Od Honeymoon_28

24 MARZO 1986

Io e Billy dormimmo più a lungo di quanto avremmo voluto. Era stata una notte lunga e tormentata e nonostante la sera prima c'eravamo finalmente ritrovati, potevo sentire che non c'eravamo veramente riappacificati. Le parole dette – soprattutto le mie - erano riuscite a incidersi nel profondo e onestamente mi stavo allontanando da lui sempre più. Paradossalmente, aver fatto l'amore con Billy non aveva fatto che insidiare in me sempre più dubbi e sconforto. Lui lo aveva percepito. C'eravamo scambiati poche parole dal momento in cui c'eravamo svegliati, sentivo che si tratteneva. Si tratteneva dal darmi attenzioni ed essere premuroso per non starmi troppo addosso. Nonostante ciò non mi sentii di rassicurarlo nè di invitarlo a fare. Con la vita appesa ad un filo, ciò che desideravo di più era rendere una mia ipotetica scomparsa meno dolorosa possibile per lui.

Arrivati a casa di Nancy, a darci il benvenuto non fu altro che un'altra cattiva notizia. Scoprire ora che mi rimaneva meno di una settimana prima che Vecna prendesse anche me, non fece che peggiorare le cose. Piegai la lettera fra le mie mani con un sospiro e la inserii nella busta.  Vi scrissi il nome di Billy. Voltai leggermente il capo guardando alle mie spalle con la coda dell'occhio. Era seduto sul divano accanto a Steve, Dustin e Lucas. Con un'espressione stoica in viso, leggeva uno dei fogli di giornale che Robin e Nancy avevano dato loro prima di recardi a quell'ospedale psichiatrico per parlare con Victor Creel. Nessuno di loro mi stava guardando in quel momento, ma ero riuscita a sentire i loro occhi perforarmi la schiena da quando m'ero seduta alla scrivania.

-Lo so che mi state fissando.

Colti sul fatto, finsero naturalezza.

-Cosa? Scusa?

-No, ma che dici?

-Ti serve qualcosa?

Billy fu l'unico a non dire nulla. Sospirò e scosse la testa, tornando a leggere. Alzai gli occhi al cielo nel vedere Dustin e Lucas afferrare un libro alla rinfusa e Steve lanciare una pallina in aria.  -Cazzeggiamo. – aggiunse Steve.

Iniziai ad accumulare le lettere fra le mani. -Pensate che stando lì seduti a fissarmi la nuca mi proteggerete da Vecna? Non credo.

Raccolsi tutte le buste e mi alzai dalla sedia, contandole un'ultima volta. Sospirai, sapendo già che non si sarebbero limitati ad ascoltare ciò che gli avrei detto. Specialmente Billy. Fu l'unico a fissarmi mentre li raggiunsi davanti al divano. Gli altri tre fingevano ancora di essere distratti a fare altro. Aspettai qualche secondo, ma quando notai che Steve non aveva nessuna intenzione di finire di far rimbalzare la pallina, intervenni.

-Potete guardarmi ora. – dissi. Si ridestarono immediatamente balbettando scuse. Decisi di farla il più breve possibile. Tesi la prima lettera a Dustin, scuotendola leggermente quando non reagì. La tesi in seguito a Steve, poi a Lucas e infine a Billy. Ignorai i loro sguardi interrogatori e agitai le ultime tre buste rimaste fra le mie mani, prima di tenderle a Lucas. -Queste le darò a Mike, Will e Undi. Ehi che fai? No fermo, non devi aprirla adesso. – fermai Dustin con urgenza notando che stava già per aprire la sua busta.

-Okay. Scusa, ma che cos'è? – domandò Dustin.

-È... - mi fermai, non sapendo come dirlo senza instaurare un'atmosfera funesta. Sbattei le palpebre un paio di volte, un tic nervoso che mi veniva nel mezzo di situazioni che non sapevo gestire. -Un piano B. Per dopo. Sì, nel caso finisse male.

Lucas aprì la bocca per dire qualcosa ma Billy lo precedette rimpiazzando qualsiasi tipo di mite rassicurazione con la sua franchezza.

-Che cazzo dici?

Decisi di dirigere la risposta a tutti quanti per evitare di discutere direttamente con lui.

-No. – sbottai. -Non ho bisogno che mi rassicurate, che mi diciate che andrà tutto bene, perché me lo sento dire da una vita e non è quasi mai vero.

Mi guardarono a occhi spalancati. Strinsi la mascella, frustrata, nel notare come le loro figure mi apparvero sfocate e come la mia voce si fosse incrinata verso la fine. -Non è mai vero. Sarebbe stato strano se lo stronzo non mi avesse maledetta. Me lo sarei dovuta aspettare. 

Guardai altrove, sentendo il peso del loro sguardo addosso. Presi un respiro profondo e tornai verso la scrivania appoggiandovi sopra le lettere rimaste. Picchiettai nervosamente le dita su di essa. Diverse volte. Mi diedi diversi secondi per darmi un contegno. Non volevo che mi vedessero fragile.

-Che diavolo è questa roba?

Mi voltai con uno scatto. Billy aveva la sua lettera in mano con aria sconcertata e adirata. La cosa mi mandò in escandescenza.

-Ti ho detto di non aprirla! Non volevo che l'aprissi!

Si alzò in piedi, lanciando la busta sul grembo di Steve. -Non mi frega niente di ciò che vuoi. Andiamo fuori.

Scansai la sua mano. -No.

-Max. – i suoi occhi mi diedero un chiaro segnale di avvertimento. Riuscì ad afferrarmi per il braccio, guidandomi un po' troppo bruscamente verso le scale del seminterrato. Non seppi se fosse una messinscena per non destare sospetti o se a quel punto fosse veramente arrabbiato, in ogni caso mi fece male. I ragazzi si drizzarono a sedere e guardarono la scena con sguardo apprensivo.

-Billy, forse non... 

-Gli affari tuoi, Harrington. – tagliò corto, trascinandomi su per le scale.

-Puoi finire di recitare adesso. – sputai, una volta al piano terra.

-Non sto recitando, cazzo.

Non appena fummo fuori casa Wheeler mi liberai con uno strattone. Billy si sbatté la porta alle spalle e aprì nuovamente la lettera. Feci per dire qualcosa, ma mi precedette.

–"Caro Billy," – iniziò a leggere con un tono di voce poco pacato. –"...quando leggerai questo probabilmente io non ci sarò più. D'altronde dovevamo aspettarcelo: ciò che c'era fra noi non era mai destinato a durare".

Incrociai le braccia al petto e guardai altrove. Sentii le mie barriere salire come recinti di metallo pronti a farmi da scudo.

-E questo. Questo: "Voglio che tu faccia una cosa per me, voglio che realizzi il sogno di entrambi e torni finalmente a Cali."

Scossi la testa, lasciandomi sfuggire una risata nervosa. -Non capisco cosa ci sia di così...-

-"Non lasciare che la mia mancanza ti faccia chiudere in te stesso. So che là fuori c'è la ragazza alla quale riuscirai ad aprire il tuo cuore." Cos'è 'sta roba?

Mi agitò la lettera davanti agli occhi. Gliela strappai di mano guardandolo in malo modo. -Non rispetti mai né le mie condizioni né i miei limiti. Sei incredibile.  

-Ti ho fatto una domanda.

-Okay, ecco la tua risposta: cerco di facilitare le cose va bene? – appallottolai rabbiosamente la lettera e la buttai a terra.

-Facilitare le cose? – sollevò le sopracciglia. -Sul serio?

-Mi rimangono a malapena tre giorni, Billy. Le possibilità che riusciamo ad uccidere Vecna prima che lui uccida me sono bassissime.

Si avvicinò a me. -Non è vero. Abbiamo fatto progressi, dobbiamo solo capire come arrivarci come si ha fatto tutte le altre volte. E non è mettendo i carri davanti ai buoi che si sistema le cose.

Ritornò. Quel fronte freddo. Dove lui ci andò ancora troppo forte e io mi congelai fino alle ossa, rinchiudendomi in me stessa.

Le sue parole schiette furono come uno schiaffo in faccia. -Non penso di poter continuare. – dissi infine.

-Max, no.

I muri attorno a me non fecero che inspessirsi con il passare dei secondi. -Penso che dovremmo tornare al rapporto che avevamo prima.

Aggrottò la fronte. -Di che cazzo stai parlando?

-Questa cosa. – gesticolai fra noi due. -Non penso che abbia senso continuarla. Penso che renda solo le cose più difficili. Non siamo più sullo stesso piano. Non sento più quello che sentivo prima.

-Non lo credo. – scosse la testa. -Non penso proprio che sia così.

Mi sentii così vuota. Così estraniata da tutto. Da lui. -Io sì.

Quando lo dissi, sapevo che fu soltanto per ferirlo. Per allontanarlo da me. Billy mi prese il polso e lo strinse delicatamente nella sua mano.

-Allora parliamo. Posso darti più spazi, posso...

Allontanai la mano dalla sua. -Non stravolgere la tua persona per me. Lo odierei se ti costringessi ad una situazione che non ti va bene.

-Non è così.

-Sì che lo è.

Adesso era tardi. Non c'era niente che avesse potuto dirmi per rompere le barriere attorno a me.

-Maxie. – emise un suono frustrato. Cercò il contatto visivo ma glielo negai. -Non farlo. Non capisco perché lo stai facendo.

Fissai passivamente la finestra alle sue spalle. -Perché no?

-Perché mi rifiuto di credere che tutto quello che abbiamo vissuto sia svanito così nel nulla! Non è possibile.

-Non tutto quello che senti equivale a ciò che sento io. Che tu ci creda o no. – presi un respiro tremante. -Credo che sia meglio che rimango da Mike.

Seguì un lungo silenzio prima che lui mi superasse lentamente, guardando la strada che attraversava il quartiere per rimettersi in sesto. Quando tornò davanti a me il suo sguardo fu talmente intenso da rubarmi il respiro.

-Non ho mai fatto altro che preoccuparmi per te. Da quando sei venuta da me quella sera, non ho fatto altro che esserci per te ogni volta che ne avevi bisogno. Non ho fatto altro che starti vicino. Quello che abbiamo è raro, Maxie. Ma tu sei troppo testarda per vederlo. – fece una pausa, i muscoli della mascella tesi per la tensione. -E non sto cercando di starti addosso o controllarti. Sto solo cercando di proteggerti, cazzo.

Aspettò una mia risposta. Non arrivò. Rimasi passiva, annegandoci entrambi e lasciando che l'oceano ci sovrastasse. Tenni le labbra serrate.

-Va bene, dolcezza. Come vuoi. Se vuoi finirla qui, finiamola qui. – estrasse una sigaretta dalla tasca della giacca e se la infilò fra le labbra. Eccola, come aspettavo. Quella corrosiva acidità nel suo tono. Il suo scudo. Accese la punta della sigaretta finché il fumo non uscì a spirale da essa. -Devo dirlo, però. Dopo tutti questi anni finalmente ti ho inquadrata. So che provi qualcosa per me. Non dobbiamo metterci un'etichetta sopra. Non l'abbiamo mai fatto. – il fumo fu catturato dal vento. -Quindi te lo chiedo ancora una volta: vuoi davvero finirla qui?

Se gli avessi detto di no, l'inevitabile addio lo avrebbe distrutto. -Sì. – sussurrai. -Non voglio più continuare.

Un'altra pausa lacerante. Potevo giurare di vedere il dolore sprigionarsi da lui come un'increspatura crescente. Era tanto palpabile che mi sembrò che il mio petto si riempisse di sangue.

-Bene. – i suoi occhi d'acciaio trovarono i miei. -Come vuoi. Lascia solo che mi metta in ridicolo un'ultima una volta. – si avvicinò a me. Le nostre auree si sfiorarono, rendendomi la situazione ancora più difficile. -Torna a casa con me stasera. Lasciami tenerti al sicuro. Se quella è l'unica cosa che mi permette di non vederti sparire, me la farò bastare.

Era placido nel suo dolore adesso, picchiettando la cenere della sigaretta prima di catturare nuovamente il mio sguardo. Ero incapace di parlare. Intrappolata fra l'ammirazione per la sua sincerità e la rabbia più ostinata che abbia mai provato. Le mie emozioni erano sfuggite al mio controllo e mi stavano lasciando impotente.

Il suo sguardo rimase fisso sul mio, aspettando ancora. Ma quando non risposi nemmeno stavolta, si arrese. -Okay. Sta davvero accadendo. Cazzo. – scosse la testa prima esalare un sospiro dal quale emanava tutto il suo dolore. -Se cambi idea io ci sarò. Come sempre. A quanto pare sono un idiota. – mi superò nuovamente e si allontanò. Lo sentii mugugnare "Vado a fare un giro."

Mi rifiutai di voltarmi a guardarlo per paura di cedere e disintegrarmi davanti ai suoi occhi. Ascoltai i suoi passi allontanarsi fino a svanire, le gambe tremanti. Una folata di vento spazzò via l'aria che ancora sapeva di fumo. Non realizzai che stessi piangendo finché non sentii il sapore del sale sulle mie labbra.

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