Good Girl | Billy Hargrove

By Honeymoon_28

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Billy Hargrove aveva sempre saputo che il mare prometteva di lavare via tutto, di fargli dimenticare. Non sap... More

Escapade
Blame it on the holidays
Late night talking
Old habits die hard
Burger Break
Not so Lovers Lake
Stranger thoughts
Ego's bruises
Blame it on the weed
Yo-yo feelings
Let me in
If you're a good girl
You wanna play that game?
The worst in me
In a big mess
Something new
You're coming with me tonight
Rock my year
Heated kisses and motor oil
I'll make you feel good
What is that feeling?
Runaway
Shattered
I still want you girl
Maxie
Bitter truth
Closure
Saint Valentine...or not
Bad news
Stranger things happen
Dark times
Vecna's curse
Worlds apart
Losing ground
Hearts Broken in Two
And nothing else matters
The Dive
War is coming
The Creel House battle
Hungry Eyes
CONTINUO/FINALE ALTERNATIVO?

You promised

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By Honeymoon_28

8 GENNAIO 1986

Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Aspettavo di sentirlo parcheggiare davanti a casa. Aspettavo di sentire le chiavi girare nella serratura. Ma Billy non tornò. Fu soltanto Neil ad entrare in casa verso le due di mattina, i suoi passi pesanti risuonarono per la casa, diretti verso la stanza dove mia madre s'era addormentata poco prima. Non sapevo più che pensare. La preoccupazione mi stava rodendo, mangiandomi letteralmente viva.

Fu soltanto verso le prime ore dell'alba che le mie palpebre cedettero e sprofondai nel sonno. Fu un sonno tormentato, un replay ininterrotto della conversazione che aveva avuto luogo prima che Neil scatenasse l'inferno. Le stesse frasi mi rimbombavano in testa più volte, senza un ordine preciso ma con incidenza frequente.

Non significa un cazzo.

Abbiamo solo scopato.

Svegliati, Max.

Tutto qui.

I sentimenti e altre stronzate del genere.

La sveglia arrivò aggressivamente alle mie orecchie due ore più tardi e alzarmi dal letto fu un'impresa. Nonostante fosse l'ultima cosa che volessi fare al momento, mi vestii meccanicamente per il rientro a scuola. Provai a convincere mia madre di lasciarmi a casa almeno per il primo giorno considerando gli eventi drammatici della sera prima. Non accettò. Fu così che, senza il passaggio abituale di Billy, mi trascinai alla fermata del bus. Continuai a guardarmi attorno nella speranza di vederlo arrivare, ma non fu così. Con lo stomaco chiuso, affrontai questo lunedì. I miei amici avevano notato il mio stato depressivo. Lucas s'era perfino allontanato dai suoi compagni di squadra quando mi aveva vista nei corridoi per chiedermi come stessi. Finsi un sorriso meccanico, sorriso che usai per tutto il resto della giornata quando mi si chiedeva qualcosa. Dustin e Mike non insistettero. Non volevo parlare con nessuno. Volevo proteggere quella parte della mia vita che mi aveva reso felice per così poco tempo e che, lo potevo sentire, mi stava scivolando fra le dita come sabbia. 

• ───────────────── •

Quando scesi dall'autobus, camminai a grandi passi verso casa. La fermata non era vicina, per cui dovetti levarmi la giacca sentendomi subitamente accaldata. Una volta entrata nella strada di Cherry Lane, finalmente vidi il veicolo blu parcheggiato davanti a casa mia. Finalmente vidi Billy. I nostri sguardi si incrociarono brevemente. Poi prese una scatola ai suoi piedi e percorse il vialetto che portava alla buca lettere. Il baule della Camaro era aperto e pieno delle sue cose. Riuscii a vedere due dei manubri di metallo che utilizzava quando sollevava i pesi. Il mio sesto senso era corretto. Feci immediatamente il collegamento. Mi avvicinai a lui.

-Mi puoi spiegare?

Billy si fermò e sistemò la scatola fra le mani, evitando il mio sguardo. La mascella s'era gonfiata considerevolmente. Aveva un occhio nero e la ferita sullo zigomo era stata coperta da un cerotto. Mi si strinse il cuore vedendo com'era ridotto.

Con la sigaretta che pendeva dalle labbra, riuscì a mugugnare: -Me ne vado.

-Questo lo vedo. Ma dove?

Temevo di udire la risposta. L'unico posto in cui Billy si sarebbe mai voluto trasferire, era la California.

-Mulberry Street. Tony cerca un affittuario da tempo.

Per poco non esalai un sospiro di sollievo. Hawkins. Intendeva Hawkins, giusto? Altrimenti avrebbe menzionato il nome di una città. Volevo chiederglielo senza risultare troppo esplicita o ficcanaso.

-Pensavo in California.

-Non prendiamoci per il culo, Max. Qualsiasi posto va bene purché non sia questa baracca. 

Mi aggirò e depositò il cartone nel baule. Lo guardai afferrare il suo vinile e appoggiarlo su uno dei sedili posteriori. Avevo così tante cose da dirgli. Ero arrabbiata, confusa, ma soprattutto molto triste. Impotente di fronte alla situazione attuale. Quando Billy decideva una cosa, non si tornava indietro.

Prima che potessi aprire bocca, sentii la porta di casa aprirsi e vidi Neil avvicinarsi a noi. La bocca stretta in una linea dritta, i suoi occhi chiari passarono in rassegna la Camaro e gli ultimi cartoni che vi erano accanto. Si fermò accanto a me, le braccia incrociate al petto.

-Hai preso tutto?

Poneva quella domanda come se Billy dovesse andare a fare la spesa al supermercato. Una domanda che alla superficie sembrava derivare da semplice premura paterna, aveva un retrogusto amaro. Trasudava di accuse.

-Sì.

Billy chiuse il baule e gli arrivò davanti, appoggiandosi contro il lato dell'auto. Si tolse la sigaretta dalle labbra e la picchiettò delicatamente, così che la cenere cadesse sull'asfalto. Guardò in faccia al padre, inespressivo.

Neil annuì. -Non ti chiedo neanche se hai trovato un posto dove stare, suppongo che ci hai già pensato tanto tempo fa.

Billy non rispose.

-Mi domandavo quando l'avresti fatto. Scappare dalle tue responsabilità come un fottuto codardo.

Le parole erano forti. Ma Neil non sembrava in vena di far volare i pugni. Il suo tono era sorprendentemente piatto. Billy sospirò e guardò altrove.

-Sì, sì. Pensalo pure.

Neil, per la prima volta, sembrò amareggiato. Sotto al perenne cipiglio, potevo giurare che ci fosse dell'afflizione. -Non so più che fare con te, ragazzo.

Il silenzio era pesante. Billy si grattò il naso con le nocche, rifiutando di guardarlo. Non riuscivo a provare compassione per Neil. Che la situazione non gli facesse piacere era plausibile, ma la colpa era soltanto sua. Che stesse mettendo in discussione tutti gli anni di educazione, fin dal primo giorno in cui la madre di Billy li aveva abbandonati? Plausibile anche quello. Ma ciò che era fatto era fatto. Non mi avrebbe sorpreso che incolpasse Billy di tutto quanto, incapace di prendersi le sue di colpe. Neil era una persona cattiva. Incapace di amare. Se avesse agito diversamente, le cose ora sarebbero ovviamente diverse. E forse, ora Billy non sarebbe così arrabbiato con il mondo.

-Ottimo. Beh, vedi di non dimenticare niente. Perché non metterai più piede in questa casa. Questa è la tua decisione. Quindi ti prenderai le tue responsabilità e le conseguenze che ne derivano. – gli puntò l'indice al petto. A quel contatto le narici di Billy si dilatarono per il fastidio - e per il dolore derivato dai calci che aveva ricevuto la sera prima.

Neil girò i tacchi. Lo guardai tornare in casa, chiudendosi la porta alle spalle.

Ero tanto combattuta. Billy mi aveva fatto una promessa prima di Natale. Era seduto sulla tavola del WC e mi stringeva contro di sé, il viso contro la mia pancia. Mi aveva promesso che sarebbe rimasto finché fossi rimasta io. Ed ero tanto arrabbiata con lui per averla infranta. D'altra parte, volevo solo che se ne andasse il più lontano possibile dalla violenza che suo padre gli aveva inflitto una volta di troppo. Volevo che fosse protetto. Non volevo più che il suo bel viso venisse offeso e ferito da pugni e schiaffi violenti, ma sfiorato da carezze e mani attente.

Infilai le mani in tasca, tornando a guardare quello che per me aveva smesso di essere il mio fratellastro già tempo fa. Billy mi degnò finalmente della sua attenzione. Si passò una mano dietro al collo con un sospiro pesante.

-Senti...

Il mio stomaco si torse fastidiosamente, cosciente che quello era il momento dei saluti. Non l'avrei più sentito sollevare i pesi nella sua stanza con il metal e l'hard rock che esplodevano dalle pareti. Non avrei più visto il suo viso assopito di prima mattina. Non avrei più visto quelle piccolezze che facevano parte della quotidianità. 

Ricominciò, sospirando ancora. -Senti, mi dispiace per tutto. Ci siamo lasciati trasportare dalle cose ed infatti è successo un casino. Ma forse era meglio che finisse comunque. Non...non siamo sullo stesso piano e la cosa era sbagliata lo stesso. E c'è troppa merda nel mezzo, tu lo sai meglio di tutti. 

Le sue parole furono come una pugnalata al cuore. Ed era strano, perché da una parte me lo aspettavo. Nonostante ciò riuscii a sentirlo sanguinare. Evitai di incontrare il suo sguardo, così guardai casa nostra, alle sue spalle.

-Ti sei divertito, almeno?

Billy mi osservò attentamente, qualsiasi traccia di freddezza sparì momentaneamente dal suo volto. Le rughe sulla fronte e in mezzo alle sopracciglia testimoniavano di una nuova emozione: era genuinamente dispiaciuto.

-Per quel che vale, non ho mai voluto farti del male.

L'aria fra noi era pesante. Aleggiava forte il sentimento che qualcosa si era spezzato. Sembrava, sorprendentemente, che la cosa gli facesse male quanto a me.

-Mi dispiace.

A quelle parole tornai a guardarlo. Ora più che mai, avrei voluto che tutto questo fosse un incubo. Che invece mi prendesse fra le sue braccia e affondasse il viso fra i miei capelli. Respirandovi in mezzo. Le sue mani sulle mie guance. I suoi occhi intensi nei miei.
La mia lingua era annodata. C'erano milioni di cose che volevo dire, milioni di cose che non avrebbero portato da nessuna parte.

Pensavo di essere speciale per te.

Ti amo.

Ti prego, non andare.

Avevi promesso.

Mi manchi già.

-Okay.

Billy non era stupido. E non era cieco. Io per prima riuscivo a sentire quanto i miei occhi fossero umidi e il mio naso rosso. Per quello che sembrò un istante, sollevò la mano e la tese verso il mio viso. Bastava solo sfiorarmi e mi sarei buttata contro il suo petto, supplicandolo di non andarsene. Arrivato a metà strada, la ritrasse. Si schiarì la voce e si staccò dalla Camaro tornando in piedi. L'espressione nuovamente imperturbabile.

Estrasse un foglietto accartocciato dalla tasca posteriore dei jeans. Me lo tese. -Il numero di casa. Nel caso in cui avessi bisogno.

Lo presi fra le mani, leggendo il numero scritto con la calligrafia disordinata di Billy. La ripetei inconsciamente a bassa voce, le corde vocali vibrarono dolorosamente nella mia gola. Lui annuì, entrano in auto. Quando fu dietro al volante, ci guardammo per un lungo istante. Ero in attesa che lui dicesse qualcosa. Perché io non riuscivo a dire nulla. Poi Billy girò le chiavi nell'ignizione ed il ruggito del motore impedì qualsiasi eventuale conversazione. Lo guardai allontanarsi con la Camaro piena di tutte le cose che possedeva, sentendo il mio cuore dolere perché una parte di esso se la stava portando via con sé.

Mi sedetti sul bordo del marciapiede, il mio fondoschiena incontrò l'asfalto congelato. Fissando il vuoto, cercai disperatamente di relativizzare la situazione. Non aveva senso rimuginare tanto. Billy non era partito in California, era sempre ad Hawkins. Questo non doveva importarmi in ogni caso, perché come lui aveva detto, quello che avevamo vissuto era solo momentaneo. Non dovevano esserci né impegni né sentimenti. Lui voleva passare qualche momento piacevole insieme a me, niente di più. Dovevo avere la stessa mentalità. Era il mio fratellastro, dopotutto. Ciò implicava che un'eventuale relazione futura sarebbe stata improbabile o difficile da instaurare e manifestare al mondo. Billy non faceva per me. Era l'opposto di ciò che cercavo in futuro, in una relazione, in un uomo. Era soprattutto impulsivo, irascibile, poco empatico.

Per qualche istante mi sembrò di riuscire a gestire abbastanza bene il tutto. Ma quel sentimento svanì non appena iniziai a ricordare tutte le cose che mi avevano fatto innamorare di lui. Mi ricordai del modo in cui mi aveva guardata quando gli avevo dato il suo regalo di Natale con quei suoi occhi color oceano. Mi ricordai di quando mi aveva presa per mano nel garage in cui lavorava. Mi ricordai di quando mi aveva preso la mia pizza preferita dopo aver litigato, nonostante pensandoci bene aveva avuto le sue ragioni per ingelosirsi. Mi ricordai dello sguardo che avevamo condiviso una volta scesi dall'apice del piacere. Di come mi aveva detto che ero la cosa più bella che questo posto avesse da offrire. Del bacio dolce che aveva posato sulle mie labbra e le sue braccia che mi avevano avvolta e attirata contro il suo petto nudo, rotolandoci fra le coperte. Del suo profumo. Billy era unico. Era qualcosa che solo una pazza si sarebbe lasciata scappare. E ora che lo sapevo, sapevo anche che per me era finita. Non avrei mai trovato qualcuno in grado di rimpiazzarlo. Non volevo trovare nessuno che potesse rimpiazzarlo. Se mai l'avessi fatto, sapevo che l'avrei fatto con una sua brutta copia. Qualcuno che non era lui.

Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e appoggiai la testa contro le mie mani. Crollai.

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