Good Girl | Billy Hargrove

By Honeymoon_28

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Billy Hargrove aveva sempre saputo che il mare prometteva di lavare via tutto, di fargli dimenticare. Non sap... More

Escapade
Blame it on the holidays
Late night talking
Old habits die hard
Burger Break
Not so Lovers Lake
Stranger thoughts
Ego's bruises
Blame it on the weed
Let me in
If you're a good girl
You wanna play that game?
The worst in me
In a big mess
Something new
You're coming with me tonight
Rock my year
Heated kisses and motor oil
I'll make you feel good
What is that feeling?
Runaway
You promised
Shattered
I still want you girl
Maxie
Bitter truth
Closure
Saint Valentine...or not
Bad news
Stranger things happen
Dark times
Vecna's curse
Worlds apart
Losing ground
Hearts Broken in Two
And nothing else matters
The Dive
War is coming
The Creel House battle
Hungry Eyes
CONTINUO/FINALE ALTERNATIVO?

Yo-yo feelings

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By Honeymoon_28

7 DICEMBRE 1985

Ogni tanto buttavo un'occhiata nella sua direzione. Billy muoveva la testa al ritmo della musica e quando arrivava il ritornello, picchiettava con la mano sul volante. Benché iniziassi a sentire che riprendevo controllo sui miei sensi, mi rendevo conto che Billy stava guidando da un po' di tempo. Iniziavo a sentire la fame, coi diedi un'occhiata all'orario sulla radio. Erano le 18:30. Cenavamo solitamente verso le 19:30, perciò mamma e Neil non dovevano essere ancora arrivati. Non riconoscevo la strada che stavamo percorrendo, ci eravamo allontanati da Hawkins e stavamo attraversando una foresta. La zona era poco trafficata, ma ogni tanto la strada veniva illuminata dai fari di un'automobile che stava arrivando dalla direzione opposta.
D'un tratto, un accendino mi apparve davanti agli occhi. Mi voltai verso Billy. Aveva inclinato la testa di lato, verso di me, e mi guardava con aria pigra ed una sigaretta spenta fra le labbra.

-Riesci ad accendermela? - mugugnò, attento a non farla cadere.

Capendo la cosa, annuii e afferrai goffamente l'accendino dalla sua mano. Non me l'aveva mai chiesto.

-Dammi qua. Sei ancora fatta. – tese la mano e mosse le dita invitandomi a ridargli l'accendino. Sospirai e scossi la testa, attivandolo. Feci per avvicinare la mano a lui, perché non si facesse distrarre nella guida. Billy invece chinò il capo verso di me e, senza staccare gli occhi dalla strada, allineò la punta della sigaretta con la fiamma. Ebbi l'istinto di allungare l'altra mano e scostare quel ricciolo ribelle che gli ricadeva sull'occhio e si trovava a portata della fiamma, ma mi trattenni. La fiamma illuminava il suo viso nell'abitacolo, accentuando i suoi lineamenti definiti. Feci di tutto per non fissarlo troppo, e ignorare quella strana attrazione che in quel momento provavo nei suoi confronti. Era mio fratello, per la miseria. Billy aspirò dalla sigaretta e la sua punta si accese di rosso. Si raddrizzò nuovamente e trattenne il fumo per qualche secondo, per poi esalare una nuvola di fumo che si rispanse nell'abitacolo. Gli tesi nuovamente l'accendino.

-Gesù, come fai a non farti venire un tumore? Fumi troppo. – commentai, sventolando la mano in aria.

-Disse la stronzetta che era talmente fatta da palparmi il bicipite.

L'imbarazzo mi travolse a ondate, così come il calore sulla mia pelle. Mi voltai a guardarlo. Aveva un sorriso sfacciato ma continuava a guardare davanti a sé. Quel sorriso che gli avrei volentieri tolto con uno schiaffo, perché era ciò che gli dava il suo stupido fascino. Iniziai a capire perché tutte le ragazze di Hawkins erano attratte da lui come mosche con il miele.

-Non ti ho palpato il bicipite. La spalla, semmai. – sentivo che pure il collo era accaldato. Ringraziai Dio che in quel momento facesse buio.

-Sì, sì. La spalla. Fatto sta che mi hai palpato.

-Non ti ho palpato...cosa stai dicendo? – scossi la testa, una risata involontaria uscì dalle mie labbra per l'assurdità della sua affermazione. Stava esagerando, me lo sarei ricordata, non ero il tipo che faceva cose così esplicite. O almeno speravo. -Ti ho solo toccato.

Billy rise a sua volta, per niente convinto della mia protesta. -Cavolo, se quello era toccare allora voi donne dovete fare attenzione. In circostanze normali rischiate di farcele diventar blu.

Lo guardai, confusa. Aspirò dalla sigaretta e, per la prima volta, sembrò in imbarazzo anche lui. Si grattò il capo e rise ancora, tossendo il fumo che aveva inspirato.

-Ah, Max. Diciamo solo che in genere quando una tipa ti tocca in quel modo non è per giocare a carte. E la reazione che provoca non è sicuramente diversa.

Realizzai ciò che intendeva prima con un mix di orrore e nonsoché nel basso ventre. Era come se il mio arrossire si fosse trasferito anche lì. Mi strinsi le braccia al ventre, improvvisamente troppo a disagio, e guardai fuori dal finestrino.

-Te l'ho già detto che sei disgustoso? 

-Ehi, fate tutto voi. È un dato di fatto, siete decisamente più...espressive di noi.

-Ancora?

-Te l'avevo detto che avremmo ripreso la conversazione.

Alzai gli occhi al cielo, trattenendo un sorriso divertito. -Non siamo tutte così, Billy.

Con una mano teneva il volante, con quella che teneva la sigaretta gesticolava mentre parlava. -Quindi ammetti che alcune tipe sono davvero così e non vuol dire fingere per forza?

-No. Secondo me quando si arriva al punto di urlare si tratta di finzione. Perché si dovrebbe urlare?

-Perché provi talmente tanto piacere da non poterti controllare, Maxie. Perché l'orgasmo che posso dar loro è fottutamente intenso.

Strinsi le labbra nel sentirlo pronunciare quelle parole, sistemandomi sul sedile. Ponderai se esprimere il mio pensiero oppure rimanermene zitta ed evitare di arrossire. Ma il silenzio che stavo permettendo era più imbarazzante dell'ipotesi stessa.

-Io quando mi immagino di provare un piacere tanto intenso tanto quello di cui parli...è così travolgente che ti dimentichi anche di respirare. Non dovresti nemmeno aver le forze di usare la voce. È come se andassi in trans. Come se per qualche secondo tutto ciò che ti circonda si fermasse.

Silenzio.

Forse, avevo parlato un po' troppo. Lo avevo sicuramente imbarazzato, lasciandolo senza parole. Mi voltai a guardarlo, fingendo casualità. Billy fissava la strada e sembrava inespressivo. Non sapevo che cosa stesse pensando, ma mi pentii di aver parlato. Si portò la sigaretta alle labbra e fece un tiro visibilmente forzato, poi, abbassò il finestrino e buttò la sigaretta di fuori. Esalò il fumo all'esterno, ma lasciò il finestrino abbassato. L'aria gelida entrò nell'auto e mi fece rabbrividire notevolmente. Mi rannicchiai contro la porta del passeggero, il freddo era solo una scusa in più per farlo.

-Fa freddo. – mormorai, riluttante. Lo sentii mugugnare qualcosa ma premette comunque sul bottone e alzò nuovamente il finestrino. Eravamo arrivati davanti ad una rotonda. Riconobbi uno dei luoghi indicati sui cartelli, Lucas ci aveva fatto la festa di compleanno l'anno scorso. Era in uno di quei grandi locali che si poteva affittare per organizzare eventi. Billy fece il giro completo e tornammo sulla strada dalla quale eravamo arrivati. Sul cartello era marcato "Hawkins - 40 km".

-Mezz'ora e siamo a casa.

Ormai rassegnata al fatto che non avremmo più parlato allungai la mano per aumentare il volume della musica. Per la seconda volta, le nostre mani si scontrarono. Come se avessi preso la scossa, allontanai la mano con uno scatto. Mi mordicchiai il labbro, sentendomi stupida, mentre lui sembrava totalmente ignaro del tutto. Girò la rotella del volume e mi guardò, chiedendomi silenziosamente se andasse bene. Annuii e appoggiai la testa al sedile, chiudendo gli occhi. La mia pancia brontolò rumorosamente e lo sentii ridacchiare silenziosamente. Ciò che stava accadendo fra noi era molto strano. In alcuni momenti sembrava che fossimo riusciti a instaurare una...complicità senza pari. In altri invece sembrava che fra noi ci fosse del freddo. Del disagio. Chissà.

• ───────────────── •

Billy mi aveva spruzzato la sua colonia addosso per mascherare l'odore di fumo e mi aveva guardata più volte negli occhi per assicurarsi che non li avessi rossi. Quando entrammo in casa, l'accoglienza che ricevemmo non fu delle più piacevoli. Neil era seduto al tavolo della cucina e stava già mangiando. Era solo. Si portava le cucchiaiate di minestra alla bocca e ci osservava toglierci la giacca, lanciandoci occhiate di fuoco. Oggi sarebbe dovuto tornare alle 19:30, non arrivava mai a casa d'anticipo.

-Dove siete stati?

Percepii immediatamente la tensione nell'aria. Era una di quelle sere. Guardai il bicchiere colmo di vino davanti al suo piatto. La bottiglia era già stata svuotata per metà.

-Dopo scuola sono uscita con Dustin e Mike, poi Billy mi ha accompagnata a comprare dei quaderni. – non aspettai che fosse Billy a parlare. Lo guardai. Lui si era appena tolto le scarpe e si stava avvicinando a me, la sua intera postura era tesa come una corda di violino, ma mantenne una faccia neutra.

Neil prese il bicchiere di vino e lo gesticolò nella mia direzione. -E...dove sono i quaderni?

Cazzo. Sbattei le palpebre numerose volte, involontariamente, come quando cercavo di venirne fuori con una scusa.

-Erano troppo costosi. – dissi. Neil bevve una lunga sorsata e annuì. Poi indicò il corridoio col mento.

-Va' in camera tua.

Un brivido violento mi attraversò il corpo e d'un tratto sentii il tipico gusto della bile salirmi in gola. Conoscevo bene quella frase.

-Dobbiamo mangiare. – deglutii.

-Ho detto va' in camera tua, Maxine. – alzò la voce, guardandomi dritto negli occhi.

Sentii il cuore battermi tumultuosamente nel petto, mentre l'angoscia prendeva il sopravvento. Non potevo far niente. Con riluttanza, mi diressi in corridoio. Strinsi la bretella dello zaino fra le mani, mentre lasciavo la stanza illuminata e mi inoltravo nel buio. Neil ricominciò a parlare.

-Susan è fuori a cena con un'amica. È così difficile preparare la cena una volta ogni tanto? Invece che stare in giro a non combinare un cazzo?

-Guarda che non sapevo che Susan non ci fosse.

Appoggiai la mano sulla maniglia della porta della mia stanza, ma stavolta non riuscii ad entrare e fingere di non sapere.

-Mi alzo tutte le mattine all'alba, mi spacco la schiena per dodici ore al giorno, per poi arrivare a casa e trovare cosa? Una tavola vuota all'ora di cena?

-Ho lavorato anche io, lavoro tutti i santi giorni, mi faccio gli straordinari per contribuire all'affitto di 'sta diavolo di casa!

Silenzio. Deglutii, in attesa che la bolla scoppiasse. Pregai che mia madre arrivasse miracolosamente in anticipo. Poteva fermare qualsiasi cosa stesse per accadere. Io no.

-Di cosa abbiamo parlato, William?

Niente.

-Rispetto...

-Sì, sì, rispetto e responsabilità. Sto dando il massimo, okay? Ma non puoi prendertela perché Susan ha dimenticato di avvisarci che cenava fuori. Tu sei riuscito a mangiare, no? Qual è il problema adesso?

Lì, la bolla scoppiò. Sentii Neil alzarsi dal suo posto, il rumore della sedia che cadde a terra. Dei passi pesanti. Il rumore di vetro che si fracassava. Il soffio di dolore che Billy esalò dai denti, il più silenzioso possibile, perché non voleva mai che sentissi. Mi si formò un nodo doloroso in gola e sbattei le palpebre per scacciare le lacrime mentre Neil sbraitava a più non posso. Insultava a più non posso. Non riuscii a muovere un dito, ero bloccata sul posto e sentivo sudori freddi lungo la schiena. Mi sembrava che il cuore pulsasse perfino nelle tempie. Pregai che finisse.
Quando finì di urlare, Neil uscì di casa sbattendosi la porta alle spalle. Poco dopo, la sua macchina prese vita. La sentii allontanarsi e il suo rombo svanire.

In casa, calò il silenzio. Un silenzio interminabile.

Con una mano tremante, aprii la porta di camera mia e lasciai lo zaino a terra. Mi voltai verso il corridoio. Era la seconda volta questo mese. Stava nuovamente accadendo troppo spesso. Era sempre così: Neil si sfogava su di lui, Billy incassava e andava avanti. Billy Hargrove era il ragazzo più temibile di tutta Hawkins, nessuno osava mettersi contro di lui. Aveva dimostrato più volte quanto fosse pericoloso. Ma nel 4819 di Cherry Lane, Billy Hargrove abbassava il capo e subiva in silenzio. Quando qualsiasi persona se ne sarebbe andata non appena ne avesse avuto l'occasione, lui era rimasto. Contro ogni mia aspettativa, lui era ancora qui. E ancora oggi mi chiedevo il perché, ma non osavo domandarlo. 
Con una buona dose di forza di volontà, mandai giù il nodo in gola ed esalai qualche respiro tremolante. Era finita. Per oggi era finita.
Tentai qualche passo verso il salone, ma sussultai e mi fermai quando Billy arrivò in corridoio come una furia. Non sembrò neanche vedermi. Spalancò la porta del bagno con una manata e ci si chiuse dentro. Aveva il capo chino, ma ero chiaramente riuscita a vedere il sangue che usciva copiosamente dal suo sopracciglio. Soprattutto, ero riuscita a vedere come il suo viso fosse contorto dalla rabbia e dal dolore.
Sospirai e andai in salotto a constatare l'accaduto. Il bicchiere era rotto. Il pavimento era coperto da cocci di vetro e bagnato del vino che vi era contenuto. La minestra era stata lasciata lì, sul tavolo. Neil non sarebbe tornato fino a notte tarda. Quando usciva, andava a bere in un bar o guidava per ore per smaltire la rabbia e la sbornia. Mia madre aveva imparato a farci l'abitudine, non sapevo come facesse. Pulii via il disastro che Neil si era lasciato dietro.
Era riuscito a rovinare una giornata che potevo definire piacevole. Una giornata durante la quale avevo passato del buon tempo assieme a Billy e, nonostante alcuni momenti particolari, avevo apprezzato la sua compagnia più di quanto potessi farlo con chiunque altro. Ma soprattutto, Neil era riuscito a rovinare la giornata a Billy che, come non accadeva spesso, oggi sembrava felice.

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