26. 𝐋𝐨 𝐬𝐩𝐞𝐭𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐚𝐥𝐢𝐜𝐞 𝐩𝐢𝐚𝐧𝐠𝐞𝐧𝐭𝐞 (Nagini)

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Se c'era una cosa che Nagini aveva imparato ad odiare più di ogni altra, beh quella era di sicuro la smaterializzazione. La sensazione di voltastomaco che ti invadeva appena arrivavi alla meta diventava sempre più insopportabile e il povero intestino della ragazza ormai si era ridotto a implorare disperatamente pietà.

La smaterializzazione avvenne (come tutte le volte) talmente velocemente che Nagini non si accorse quasi di aver lasciato Villa Costela. Fu solo quando il suo naso percepì aria più fresca, più pulita di quella di città, che si rese conto di trovarsi in una grande area verde.
La vegetazione copriva ogni singolo centimetro: dal grande tappeto verde si stagliavano un numero stratosferico di alberi dalle chiome rigogliose; ai loro piedi, tra le radici e i fasci d'erba, qualche timido fiorellino si ritagliava uno spazietto per crescere e metteva in mostra i petali. L'area era percorsa da un sentiero di ciottoli che portava verso l'alto, forse verso una delle colline dell'entroterra, e al lato di esso erano posizionate una serie di panchine di legno decisamente malridotte.
Sarebbe stato un paesaggio discretamente bello, se non fosse che era buio e questo dettaglio rendeva il tutto inquietante: un velo di oscurità avvolgeva ogni colore, permettendo alle tenebre di prendere il possesso di ogni angolo del parco. Nagini non riuscì a fare a meno di deglutire.

I suoi tre accompagnatori impugnarono le loro bacchette e le trasformarono in una fonte di luce mormorando una formula magica.
«Questo posto è decisamente inquietante e non mi piace...sicuro che tuo fratello non si sia, insomma, confuso?» chiese Charlotte, guardando Theseus come in cerca di un'autorizzazione per scappare via da quel sinistro luogo.
«Temo che invece il posto sia proprio questo» rispose l'altro, cercando di mantenere un'atteggiamento composto «Ma non c'è nulla di cui preoccuparsi, no? Basta mantenere la calma, tutto qui».
«Se lo dici tu...» replicò la bionda.
«Ora...direi che dividersi è la strategia migliore. Copriremo più campo e magari troveremo qualcosa più velocemente. Controlleremo i quattro angoli dell'area. Se doveste trovarvi in pericolo o trovate qualcosa di sospetto, mandate un qualsiasi tipo di segnale. L'area è grande ma non troppo. Tutto chiaro?»
Charlotte annuì, ma Nagini notò che Tina era stranamente silenziosa. Di solito interveniva quasi sempre nelle questioni riguardanti i piani, ma in quel momento sembrava distante, persa.
«Tina? Nagini?» chiese Theseus.
Nagini sussurrò quella che doveva essere un'approvazione: strano ma vero, dopo tutto quel tempo non si fidava ancora di nessuno nella squadra, tranne forse di Tina Goldstein. Dopotutto ricordava quando la donna l'aveva salvata da Credence, pochissimi giorni prima.
«Io...sì, sembra un buon piano. Perlomeno ci aiuterà a fare tutto più in fretta» l'americana parve scendere dalle nuvole solo in quel momento. Nagini non era mai stata una tipa curiosa, ma si chiese a cosa stesse pensando l'auror; tuttavia la sua coscienza le ricordò che non era carino immischiarsi nelle faccende altrui. Così scacciò il pensiero.

I tre affidarono a Nagini l'angolo più luminoso del parco. Luminoso si faceva per dire, dato che l'unica luce disponibile era quella di un lampione posizionato di fianco ad una panchina. Come se non bastasse la luce del suddetto lampione andava e veniva a causa (probabilmente) della lampadina fulminata o della fiamma, che faceva fatica a mantenersi per colpa dell'aria umida.
La ragazza si sforzò di concentrarsi sulla ricerca dei documenti, ma non ce la fece. Nella sua testa, da giorni interi, girava un solo nome che la tormentava: Credence Barebone. Nonostante il ragazzo avesse insistito per non farsi chiamare in quel modo, lei continuava a credere che quello fosse il suo vero nome. Perchè? In realtà non ne aveva idea: era il suo subconscio a dirle di farlo.
Durante il loro ultimo incontro, Nagini non lo aveva riconosciuto...perchè le aveva detto tutte quelle cose? Perchè non le aveva permesso di parlare? Cominciava ad avere ancora più paura di Gellert Grindelwald e di quello che avrebbe fatto al povero Credence. Forse non lo ammetteva spesso, ma teneva a quel ragazzo più che a qualsiasi altra persona al mondo. Desiderava solo il meglio per lui, un povero orfano che aveva solo bisogno di essere compreso, che aveva solo bisogno di amore. E non di un'amore finto, ma di uno vero, forte, di quel tipo che ti riscalda e ti fa stare bene, invadendo il cuore e l'anima. Era troppo chiedere questo per Credence?

Sotto la pioggia (a Fantastic Beasts Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora