48. 𝐋'𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐟𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐭𝐞 (Tina)

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Inesorabile come mai prima di allora, il tempo trascorse. La città di Rio si rianimò dopo la tempesta che l'aveva travolta. I ragazzi tornarono a ridere e rincorrersi in riva al mare, mentre molti abitanti scelsero di contribuire ai prepararivi per il carnevale. Lungo le vie si respirava una voglia unica di sorridere e celebrare quella festa, senza ombra di dubbio la più attesa dell'anno.
Le strade si tramutarono in un tripudio di piume variopinte e costumi tradizionali cuciti dalle donne, specialmente le più anziane ed esperte; si riuscì persino a colorare i palazzi, grazie a piccole, semplici decorazioni di carta nate dalle mani dei bambini, poveri e non.

Quella del carnevale era una tradizione portata avanti da più di un secolo dai cittadini. Era la loro festa, quella che li univa e che regalava un sorriso a tutti quanti. Persino i maghi carioca, che durante il resto dell'anno rimanevano nell'ombra, si concedevano uno strappo alla regola ovviamente con le dovute precauzioni prese dal Ministero. Si godevano la giocosa atmosfera babbana, tra improvvisazioni in maschera, cibo in abbondanza e balli come la samba.
L'unico luogo dove tuttavia la malinconia regnava sulla serenità era Villa Costela.

Tina seguì con gli occhi un gruppo di ragazzi intenti a giocare con un pallone di stoffa, prima di chiudere le tende davanti a sé. Lasciò a malapena lo spazio necessario perché la luce filtrasse e provedesse a illuminare la stanza.
Posò il libro che aveva in mano - "Cime Tempestose" di Emily Brontë - e si sedette nuovamente sulla sedia che aveva preso in prestito dalla cucina della villa.
Si voltò a guardarlo, quasi come fosse un istinto proveniente da una parte remota del suo corpo. Pensò ancora una volta a quanto avrebbe voluto riaccendere il suo timido sorriso, scambiare anche solo il più minuscolo degli sguardi con i suoi occhi verdi.

In quel momento sentì in bocca il solito sapore amaro, quello che arrivava mano nella mano con la verità. La stessa che nessuno a Villa Costela aveva ancora avuto il coraggio di accettare: era passato un mese e Newt Scamander non si era ancora destato dal suo sonno.
Tina si sforzò di trattenere le lacrime. Le faceva sempre lo stesso effetto vederlo in quello stato. Le faceva... male.

Lui. Distante. Le faceva male.

Le tornarono in mente le parole di Jacob, ormai tramutatesi in manigolde in assetto nel suo cervello, pronte a sferrare i loro pugnali dritti contro il suo fragile cuore.

«E se in questa guerra uno di voi morisse? Sarebbe troppo tardi. E tu o Newt rimpiangereste per il resto della vostra vita di non aver ammesso quello che provavate l'uno per l'altra.»

Cercò di allontanare quei pensieri e ritirare le lacrime nel suo corpo. Si era ripromessa di non crollare. Per Queenie, per Newt, per se stessa. Ma era difficile. Troppo difficile.

Udì un debole squittio di fianco a lei. Subito vide Pickett arrampicarsi sulla sua copia di "Cime Tempestose": l'asticello si fermò sopra il libro, squadrando il suo padrone con aria afflitta.
«Coraggio, Pick, non ti preoccupare... si sveglierà» posò gli occhi sul viso spento di Newt e sul suo corpo inerme, segnato dalle ferite «O almeno così spero...»
Senza pensarci posò delicatamente la sua mano su quella fredda del magizoologo. Abbassò la testa, strizzando gli occhi. Quanto faceva male ripetersi quelle parole, sapendo che forse non si sarebbero mai avverate...

Qualcuno bussò alla porta. Tina alzò lentamente la mano da quella di Newt. Con cautela, come se avesse paura di fargli del male, di sciupare la sua dolcezza o la sua innocenza, quelle che aveva imparato ad amare così intensamente col tempo. Quanto era stato stupido non dirgli niente...
«Avanti» disse, rivolta all'uscio della camera, sforzandosi di reprimere la sofferenza che provava.

Mãe Costela fece il suo ingresso avanzando piano, reggendosi al suo immancabile bastone da passeggio.
«Buon pomeriggio, signora Costela. Posso aiutarla in qualche modo?»
L'anziana sorrise «Buon pomeriggio, signorina Goldstein. Per oggi puoi riposarti. La sottoscritta sta benone. Ma temo non si possa dire lo stesso del povero signor Scamander...»
Ammiccò debolmente a Newt. Tina non disse una parola.

Sotto la pioggia (a Fantastic Beasts Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora