55. 𝐓𝐞𝐦𝐩𝐨 𝐝𝐢 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐞 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 (Newt)

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Le tende color cremisi attenuavano leggermente l'effetto della luce, ma alcuni raggi di sole temerari riuscirono ugualmente a filtrare dalla finestra. Quieti illuminarono teneramente i lineamenti delicati della donna sdraiata sul letto a baldacchino. Permisero alle punte delle lunghe ciglia di brillare ed accarezzarono con delicatezza la piccola cicatrice che le solcava la guancia. Sotto le lenzuola candide il suo petto si alzava e si abbassava, seguendo il ritmo dei respiri. I morbidi capelli scuri le incorniciavano disordinatamente il viso mentre dalle labbra socchiuse uscivano di tanto in tanto minuscoli sbuffi di fiato. Il silenzio regnava sovrano, infiltrandosi tra le ombre e fluttuando nell'aria mattutina, che a poco a poco stava diventando sempre più calda.

Cercando di fare meno rumore possibile, Newt spostò i libri dal comò accanto al letto e vi appoggiò il vassoio che aveva riempito giù in cucina, sotto gli occhi curiosi di Jacob. Il pasticciere gli aveva chiesto come mai stesse preparando un'intera colazione sopra un vassoio e lui aveva mentito, spiegandogli di volerla portare con lui nella valigia e che l'avrebbe mangiata più tardi. Suo fratello gli aveva sempre detto che non era per nulla capace di dire bugie, ma il suo migliore amico pareva aver abboccato. Strano ma vero non gli aveva ancora parlato né della notte prima né del suo recentissimo fidanzamento.

Il ricordo della sera precedente cominciò a riempirgli la mente. Per quattro ore gli era sembrato di stare su una giostra; aveva perso un'occasione, poi aveva sentito il suo cuore spezzarsi. Al posto dei suoi appunti aveva studiato le lacrime sul pavimento e alla fine aveva scelto di giocare un'ultima carta, quella più difficile, aprendole il suo cuore e sperando di avere ancora una possibilità. Quando alla fine lei si era fiondata tra le sue braccia gli era parso di volare. Aveva gettato il resto del mondo da parte per un attimo, assaporando ogni istante come fosse stato l'ultimo e desiderando che quella fiamma dentro di lui ardesse per sempre, mentre cedeva di fronte alle sue labbra. In quel momento, al centro del suo piccolo universo, c'era stata solo lei.

La serata non era terminata certo lì. Dopo che le loro labbra si erano consumate danzando nella penombra, entrambi avevano rifiutato di separarsi. Così si erano seduti al margine del letto, godendosi la semplice compagnia l'uno dell'altra. L'Auror gli aveva percorso la pelle con le dita alla ricerca delle zone levigate dalle cicatrici e lui le aveva raccontato la storia che si celava dietro ciascuna di esse. Gli artigli affilati di un Kneazle selvatico, il fiato di fuoco di un Forteventre Ucraino che lo aveva scottato quando lavorava sul fronte orientale e via dicendo. Lei aveva amato ognuno di quegli aneddoti, dal più banale al più avvincente, accompagnando ogni parola di Newt con il suo sorriso.

Dopo qualche attimo di esitazione, lei gli aveva permesso di accarezzare la cicatrice sulla sua guancia.
"Il giorno in cui ho salvato Nagini dalle macerie" gli aveva spiegato. "Mentre scappavamo da Credence una scheggia di vetro incastrata tra i mattoni mi ha graffiata. Nessuno di voi se n'è accorto fino al giorno dopo."
"Conservala" le aveva consigliato.
"Beh, è una cicatrice" aveva replicato lei "quelle non si possono far sparire con la magia..."
"Intendo, non vergognartene. Ti fa sembrare... imperfetta."
La donna aveva storto il naso. "Quello che intendo è... Insomma, le imperfezioni sono più interessanti: hanno un fascino, a volte anche una storia. Ti rendono..."
"Difettosa?"
"Bellissima."

Con cautela si ritagliò un posto accanto alla donna, attento ad ogni movimento. L'orologio segnava le undici in punto. Era tardi e avrebbe dovuto svegliarla, ma non voleva. Scoprì che gli piaceva studiare il suo viso rilassato. Stare sul ciglio del letto senza far rumore, semplicemente osservandola: avrebbe potuto farlo per ore senza mai stancarsi. Ad ogni occhiata scovava sempre qualcosa di nuovo, un dettaglio che aveva precedentemente trascurato. Notò un minuscolo neo vicino al suo naso: era minuscolo, quasi invisibile. Non ci aveva mai fatto caso prima di allora. Un po' forse perché non aveva mai avuto il coraggio necessario per avvicinarsi così tanto a lei.

Sotto la pioggia (a Fantastic Beasts Fanfiction)Where stories live. Discover now