39. 𝐓𝐫𝐚 𝐫𝐢𝐜𝐨𝐫𝐝𝐢 𝐞 𝐝𝐮𝐞𝐥𝐥𝐢 (Grindelwald)

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La sua tattica aveva funzionato alla perfezione, come del resto l'intero piano che aveva progettato da quando era arrivato a Rio.
Avrebbe potuto smaterializzarsi con i documenti e farla finita, ma avrebbe perso di vista il suo secondo obbiettivo. E non poteva permetterselo.
Aveva ancora in mano la valigia...mancava solo che il suo proprietario la venisse a reclamare e a quel punto tutto avrebbe avuto la fine che meritava.

Fece un ampio gesto con il braccio, evocando altri fulmini e facendo crescere la tempesta intorno a lui, aiutato dalla potenza della bacchetta di sambuco. Le gocce di pioggia si abbattevano su di lui con forza, ma lui le lasciava scorrere, riusciva quasi a respirarle.
Era in alto, più in alto di quanto fosse mai andato prima. Ma era quello il suo posto: all'apice della piramide di un nuovo mondo creato secondo ciò che ai maghi era sempre spettato di diritto.

Lo aveva sempre bramato. Come del resto aveva sempre desiderato possedere i Doni della Morte. Aveva fortemente creduto nella loro esistenza fin dai tempi in cui era giovane, quando incideva quel fantomatico simbolo sui muri dei bagni di Nurmengard. Ricordava ancora la sequenza.

Linea. Cerchio. Triangolo.

Linea. Cerchio. Triangolo.

Linea. Cerchio. Triangolo.

Aveva avuto la prova che i tre oggetti esistevano. D'altronde uno lo aveva tra le mani da tempo quasi immemore. Lo aveva strappato dalle mani di Mykew Gregorovitch tantissimi anni prima e non se ne era mai pentito.

Il buio era calato da poco sulla piccola cittadina. Un silenzio tombale avvolgeva l'atmosfera mentre l'aria notturna era umida per colpa del temporale. Si sentivano solamente i tuoni, boati lontani ma potenti.
L'unica presenza per le strade pareva essere quella di un ragazzo magro e piuttosto alto. Avvolto da un mantello, nero come la notte intorno a lui, si stava dirigendo a passo veloce verso una delle casette di pietra e mattoni ai lati del sentiero sterrato.
Era piccola e collegata ad una specie di capannone. Era l'unica struttura a possedere due vetrine, dalle quali si poteva intravedere la luce soffusa di due lanterne.
L'insegna sopra il portone di legno recava la scritta:

MYKEW GREGOROVITCH: FABBRICANTE DI BACCHETTE MAGICHE.

Senza esitare il ragazzo spinse la porta che chiudeva il negozio, dopo aver scassinato il lucchetto con un semplice incantesimo. Gregorovitch era stato uno sciocco: dire a tutti quanti di essere in possesso di una potentissima bacchetta era stato un errore madornale. Ma almeno aveva giocato a suo vantaggio.
Le assi di legno del pavimento scricchiolarono al suo passaggio. Il negozio era piccolo e per certi versi somigliava ad una sorta di biblioteca. Gli scaffali - pieni fino a scoppiare di scatole e scatolette di ogni lunghezza - erano disposti uno di fianco all'altro e formavano cinque corridoi lunghi e ordinati. Al centro, proprio davanti all'entrata del terzo corridoio, vi era una piccola scrivania di legno scuro.

Si fiondò verso la postazione, cominciando a rovistare tra le carte e nei cassetti. Alzò un foglietto che recitava:

Continuare analisi delle rune sulla bacchetta.

Doveva essere lì da qualche parte.
Aprì tutti i cassetti e ne trovò uno solo chiuso a chiave. Non aveva tempo di cercare l'oggetto, così sfilò la sua bacchetta dal fodero e pronunciò piano «Clavis».
La punta della bacchetta del ragazzo si tramutò nell'estremità di una chiave che egli fece girare nella serratura.
All'interno del cassetto trovò una scatola lunga e stretta color porpora. La aprì delicatamente e finalmente ebbe ciò che cercava da tanto tempo davanti agli occhi.
Impugnò l'oggetto e subito sentì il potere colmato, sotto forma di un brivido che gli percorse la schiena. La bacchetta era affusolata, con protuberanze rotonde lungo tutta la sua lunghezza e delle rune incise al centro. Se la rigirò tra le mani: era esattamente come se la era sempre immaginata.

Sotto la pioggia (a Fantastic Beasts Fanfiction)On viuen les histories. Descobreix ara