17. Capitolo diciassette

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Punto di vista: Mattia

Sono molto teso. Oggi è il giorno del processo e spero che tutto vada bene. Non mi sono pentito per aver picchiato mio padre anzi lo rifarei. Se il giudice dovesse decidere di mettermi dietro le sbarre, per lo meno ci andrei con la consapevolezza di aver dato una lezione ad una persona che mi ha sempre fatto del male. So anche che oggi lo rivedrò e sono curioso di sapere che scusa si sarà inventato per difendersi.

Mi sono vestito con un completo elegante nero, non ricordo per quale occasione l'avevo comprato però l'ho trovato nell'armadio; ai piedi ho delle scarpe nere in cuoio. Mi sono messo anche qualche goccia di profumo per essere più carino.

L'udienza dovrebbe iniziare alle 11 e secondo l'enorme orologio posto all'entrata del tribunale dovrebbero mancare una ventina di minuti. Per ora accanto a me c'è solo il mio avvocato, a momenti arriverà anche Clarissa. Mio padre arriva direttamente dal penitenziario: ho saputo che dopo averlo rimesso in sesto l'hanno rinchiuso ancora. Il mio avvocato sta parlando ma io non riesco a seguirlo, la voce dei miei pensieri è più forte e guardo l'intero atrio davanti a me. Pavimento in marmo grigio con al centro una Rosa dei Venti enorme e una scritta in latino, sopra ad ogni stanza la frase La legge è uguale per tutti (frase molto discutibile, a mio parere) e guardie della sicurezza ad ogni porta. La gente che passa nemmeno mi nota da quanto sono impegnati.

"Ciao Mattia" mi dice Clarissa, togliendomi dai miei pensieri. È stupenda nel suo vestito rosso scuro vedo-non vedo. Non abbiamo più parlato di quel giorno al laghetto. Sono felice che mi abbia detto il suo segreto e ancora di più che si sia fidata così tanto di me. Certo, non mi sarei aspettato che custodisse un segreto così importante. La rabbia che ho provato mentre me lo raccontava era indescrivibile, dico solo che se fossi stato Luca, avrei aiutato Clarissa a denunciare suo padre e poi lo avrei ucciso con le mie mani.

"Ciao", le dico "Stai benissimo!"

"Grazie!" dice arrossendo. Chissà quando è stata l'ultima volta che ha ricevuto un complimento. È tesa anche lei.

"Andrà tutto bene" le dico per rassicurare entrambi

"Lo so" mi risponde "Volevo sapere come stai, prima che inizi l'udienza"

"Sto bene" dico "Agitato ma bene" Lei annuisce. "Posso darti un abbraccio?" le chiedo. Sa che non glielo chiederei se non avessi veramente bisogno.

"Certo" mi dice e si avvicina di più. Ci abbracciamo e la stringo forte a me. il suo profumo mi riempie le narici e io mi sento in pace. È così che ci si sente quando si è innamorati? Ci stacchiamo ed entriamo in aula.

Risparmio tutti i dettagli del dibattimento, sentenza e quant'altro e in conclusione mio padre viene condannato a 30 anni di carcere e a me e a mia sorella spettano 40.000 euro per danni fisici e morali e la casa, non avendo altri posti dove andare. Il giudice ha fatto solo qualche domanda a Clarissa e lei ha sempre risposto la verità: le ha chiesto se fosse stata una sua idea liberarmi, prendere in prestito il mio fascicolo e perché lo aveva fatto, e come definiva il nostro rapporto. Amici, ha detto.

Durante la sentenza il giudice ha deciso di risparmiarmi e di non darmi nessuna pena da scontare ed era proprio quello che speravo. Ho vinto e m'importa solo questo.

"Complimenti" mi dice Clarissa uscendo dal tribunale

"Grazie per aver detto la verità" le dico mentre diventa piccola nel suo giubbotto

"Non ti avrei descritto meglio, altrimenti" mi dice. Vorrei baciarla fino a consumarle le labbra ma non posso. Oh, ma vaffanculo! Le prendo il viso tra le mani e metto le mie labbra sulle sue. Inizialmente si irrigidisce, poi si scioglie e segue il mio ritmo. Picchietto con la lingua il suo labbro superiore e lei mi fa entrare. Le sue labbra sono morbide e sanno di burro cacao alla ciliegia. È un bacio lungo, passionale e gliel'ho dato senza avere il suo permesso ma visto che non è scappata direi che ho fatto bene. Ci stacchiamo lentamente.

"Mattia..." dice toccandosi le labbra

"Scusami" gli dico "Non dovevo"

"No tranquillo" mi dice lei "Non preoccuparti" E' imbarazzato e a disagio. Mi rendo contro che nei miei pantaloni qualcosa si è risvegliato grazie a Clarissa che sta guardando proprio lì.

"Mattia, hai-" dice lasciando la frase in sospeso e indicando imbarazzata le mie parti basse. Che imbarazzo! Non dovevo farlo così passionale. Arrossisco, non so cosa fare per farlo abbassare così mi siedo, almeno si vedrà meno. Poco dopo se ne va salutandomi gentilmente, probabilmente imbarazzata anche lei.

Damage - Una rosa dal cementoWhere stories live. Discover now