PUSSY FEVER #4

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Sono al secondo giro. Lo sento avvicinarsi alle mie spalle. Non ho bisogno di voltarmi. Sono sul tracciato dei maratoneti nel parco pubblico di Winter Spell. La scuola è finita da un paio d'ore. Non ho bisogno di una sfera magica per sapere che il tipo che corre dietro di me è Jimmy.

Sa che l'ho riconosciuto, si sorprende che non rallenti per correre insieme a lui. «Avanti, Baby Lynn, non ce l'avrai con me per come le ho suonate a Lester?» Non mi volto e non rispondo. «Era uno scherzo. Proprio tu dovresti averci fatto l'abitudine agli scherzi.» Questo è un colpo basso. Jimmy che mi rinfaccia il deepfake di cui sono rimasta vittima potrebbe persino essere un'ammissione di colpevolezza da parte sua. Avverto che i suoi piedi aumentano il ritmo, mi ha ormai raggiunto.

«A sinistra!» dice provando il sorpasso a sinistra, come Captain America nel film. Non gliela do vinta. Aumento il mio di ritmo e allungo la distanza. Non se l'aspettava. Prova a raggiungermi, ma non gliela do vinta. Jimmy ha un fisico prestante, ma anche io sono ben allenata, sono più leggera di lui e le mie gambe tracciano angoli più larghi.

Capisco che la sfida gli piace, ora corre più veloce: «non ci provare, Baby Lynn!» Non può raggiungermi se io non diminuisco la velocità. Lo faccio gradualmente, dandogli l'illusione che sia lui a riuscirci da solo. Quando è alle mie spalle, ci riprova: «a sinistra!» Mi sta sorpassando da quel lato, lascio che mi superi di una falcata, e riprendo il ritmo di prima. Lo supero in un baleno: «ah-ah, Jimmy, a sinistra, ho capito.» Aumento la distanza fra me e lui. Lo sento dar fondo all'aria dei suoi polmoni, lo sento arrancare sempre di più dietro di me. Non è il tuo giorno fortunato, Jimmy.

Mi fermo perché ho avvertito che anche lui si è fermato. Mi volto: è sulla pista, con il fiatone e le mani sulle ginocchia. «Il problema è che a te sembra tutto uno scherzo, Jimmy,» dico tornando da lui. «L'amore è una cosa seria, non come fai tu.» Lo raggiungo, lui mi guarda ansimando: «non è colpa mia se la poligamia non è legale.» Gli porgo la mano, lui la scaccia via.

Stirandosi i reni con le mani, Jimmy claudica verso l'albero più vicino. I muscoli delle sue cosce scure sono tesi, l'acido lattico gli sta facendo brutti scherzi. «Non pensare di avermi battuto. Oggi non ho la testa per lo sport. Stavo pensando a come mollare Nancy.» Arrivato sotto le fronde, si sostiene con una mano sulla corteccia. «Stavo anche pensando a chi scegliere per rimpiazzarla.»

«Cazzate, Jimmy!» Vado da lui all'ombra della chioma verde. «Guarda in faccia la verità. Io ho avuto un anno per farlo. Per ripensare a come ti ho sputtanato davanti a tutti.» Se fossi un uomo, mi avrebbe già pestato. Invece Jimmy appoggia la schiena al tronco e si lascia scivolare fino a sedersi sul prato. «Ero incazzata per quello che mi avevi fatto, ho reagito male. Non dovevo farlo. Accetti le mie scuse, Jimmy?» Il suo sguardo in cagnesco non vorrebbe accettare, ma io non ho ancora finito. «Sono due le cose, Jimmy. O continui a dire cazzate sul perché ti ho appena stracciato in pista. Oppure alzi il tuo culo nero e ti dai da fare per battermi.» Gli tendo la mano, di nuovo.

«Una volta ho avuto una storia seria,» Jimmy non è tipo da discorsi seri, ma pare che si stia impegnando. «Alle elementari! Sono stato fidanzato con la stessa ragazza per cinque lunghi anni durante i quali mi ha letteralmente rotto le palle.» Più serio di cosi proprio non riesce. «Per questo cerco di fare sempre meglio.» È il suo modo per accettare la tregua. Mi stringe la mano, lo aiuto a rimettersi in piedi.

Beve alla borraccia, e io mi accorgo che in fondo al parco, seduto a una panchina, con un libro sulle gambe, c'è Lomax. Mi ha visto da lontano, ha visto che sto familiarizzando con Jimmy, un bullo, l'incubo per tutti quelli come Lester e i suoi amici. «Cazzo!» L'impropero mi sfugge, Jimmy mi chiede cosa è successo. Prendo il cellulare, in effetti ho una notifica urgente. «Mia madre, vuole vedermi!»

Quando entro negli uffici della multinazionale e salgo al piano delle assicurazioni contro sinistri, sento la voce sguaiata di Mercedes attraversare i corridoi e far tremare le scartoffie accatastate vicino alle stampanti: «Stefan, dove sei, Stefan?» Un impiegato raggiunge di corsa l'uscio dell'ufficio di Mercedes: «Stefan è in pausa, direttrice.» Capisco che Mercedes deve aver gridato almeno quattro volte il suo nome e per quattro volte hanno dovuto dirgli che Stefan è fuori, come sono certo che Stefan non stia sforando la sua pausa, semplicemente è Mercedes che quando vuole una cosa, la vuole subito. «Ciao, mamma,» dico entrando: «il tuo messaggio mi ha fatto preoccupare. Va tutto bene?»

Mercedes è felice di vedermi, manda l'impiegato a prepararle un caffè e corre ad abbracciarmi, capisco che mi sono spaventata per un nonnulla. «Allora, come mi sta?» dice indicando il suo corpo dall'alto verso il basso. Il tessuto del vestito nuovo è una fitta trama di squame luccicanti di verde smeraldo per far risaltare i suoi capelli rossissimi. «Una favola,» le dico. Così mi ha chiamato solo per questo.

L'impiegato entra per lasciare il caffè e se ne torna alle sue mansioni. Domando a Mercedes: «non hai paura che ci sputino dentro?» Visto come li tratta, sarebbe il minimo. Lei scaccia l'aria con la mano: «e rischiare il loro misero rinnovo contrattuale? Non lo farebbero mai. Quei cagasotto hanno persino paura di mandare il curriculum altrove perché temono di mancarmi di rispetto o, peggio, che li scopra. Il mondo è più piccolo di quel che sembra, ci conosciamo tutti in questo settore.» E io che pensavo fosse lei a mancare di rispetto nei loro confronti. «No, Baby mia, non tradirebbero mai la mia fiducia, e non oserebbero mai provocarmi. Non dopo tutto quello che ho fatto per le loro teste di cazzo.» Suonano al citofono, e prima che qualcuno possa anche solo andare ad aprire, Mercedes sbraita verso il corridoio: «nessuno che alza il culo?»

Reclina la schiena sulla poltrona e la ruota verso di me, seduta all'altro capo della scrivania. «Volevo parlarti, Baby mia. Come va a scuola? Spero che dopo quella donazione le cose si siano aggiustate.» Annuisco, è pur sempre mia madre, mi vien difficile nasconderle le cose. «Ho capito, Baby mia, si tratta di un ragazzo!» Sto per dirle che sì, è per un ragazzo, ma non nel senso in cui pensa lei, quando bussano alla porta.

È Taissa, la direttrice delle assicurazioni contro le malattie terminali. Mi saluta sbrigativamente, mostra a mia madre una foto sul cellulare: ha photoshoppato la testa di Stefan sul corpo di un uomo muscoloso, un cadavere della cui pratica si era occupata. «L'ho fatta vedere a mio marito per ingelosirlo, se l'è bevuta.» Mercedes e Taissa ridono forte, chiamano Stefan per prenderlo in giro, ma dicono che lo stagista non è ancora rientrato. Mercedes chiede a Taissa se vuole fermarsi a prendere un caffè. «Mamma,» mi intrometto scocciata e le indico il suo bicchiere di caffè ancora pieno e ormai freddo, perché intonso da cinque minuti sulla scrivania: «non hai nemmeno bevuto quello e ne vuoi già un altro?» Taissa non vuol perdere tempo se ci sono io, inventa una scusa e si allontana.

Mercedes prende la giacca: «andiamo a cena, Baby mia.» La seguo lungo il corridoio quando lei annuncia ai pezzenti, così li apostrofa, che sarà presto di ritorno, che non devono battere la fiacca se non vogliono perdere i contributi e di non abbandonare l'ufficio se prima lei non rientra. Ovviamente gli straordinari non saranno pagati.

«Non è un fidanzato. L'anno scorso non me lo sarei nemmeno filato, e ora invece è tipo il mio migliore amico,» spiego a Mercedes, ora che abbiamo un po' di tranquillità, seduti ai tavoli della mensa aziendale al piano terra. «Però adesso lui non vuole avere niente a che fare con me. Credo di avere sbagliato con lui.»

«So che per te sono stata più un'amica che una madre. Ma questa volta lascia che indossi i panni della madre.» Mercedes spazzola le carotine e le verdure sul suo piatto. «Se quel ragazzo ti tiene a distanza ma tu non riesci a togliertelo dalla testa, allora, Baby mia, non è una semplice amicizia. Ascolta tua mamma: devi provare a parlargli.»

«Non lo so, mi sono comportata male con lui ultimamente. Nessuno mi perdonerebbe mai. Nemmeno uno buono come Lomax.»

La forchetta di Mercedes cade sul piatto. «Lomax? Freddie Lomax?»

Rimango impalata. «Come lo conosci?»

WIZ GIRL (Completata)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora