DO IT BETTER #5

1.5K 166 107
                                    

L'ANNO PRIMA...

«Avanti.» Bisbigliavo fra me e me. «Avanti.» Ero nascosta dietro i grandi contenitori colorati della raccolta differenziata. La Tipping Wiz aveva un intero settore dedicato allo smaltimento dei rifiuti, e avevo scoperto che lì si trovava la tana della mia preda. Stavo accucciata da ore tra il bidone verde della carta e quello giallo della plastica quando la bestia si decise a venir fuori. Vidi il suo muso spelacchiato sbucare pian piano da dietro il tabellone led che spiegava quali regole seguire per il corretto riciclo della spazzatura. La bestia si era appena svegliata, stava stiracchiando le sue zampe dal pelo ispido, con i corti artigli che premevano sulla moquette verde come un prato sintetico.

Nascosta nell'ombra, la puntavo con il cellulare. L'obiettivo della videocamera la inquadrava mentre lasciava la tana, scuoteva il suo crine fulvo, si guardava intorno ancora assonnata. Ingrandii lo zoom per esplorare la sua pelle maculata. La iena era terribile a vedersi. Non si accorse di me. Io invece riuscii a scorgere il QR Code impresso vicino al cranio, sotto l'orecchio storto. Scattai la foto. Era mio. La iena mi fissò rabbiosa. Uscii dalla videocamera e la iena scomparse dal mio campo visivo. «E siamo a tre.»

Il mio primo successo era stato l'orso. Stava aggrappato come fosse il tronco di un albero al condotto d'areazione che sporgeva dal soffitto. Dopo di lui ero riuscita a catturare il QR Code del canguro che infestava la sala ricreativa. Ogni volta mi riempiva di stupore vedere questi animali esotici muoversi in un ambiente moderno neanche fosse il loro habitat. Il fotorealismo raggiunto dalle creazioni digitali di Shannon era impressionante. Perciò dovevo ricordarmi che non esistevano veramente, tranne che per il mio cellulare. Più gli animali erano grossi, più facile era per me riuscire nell'impresa. La iena mi aveva fatto sudare più degli altri. Ma se c'era una preda più difficile delle altre, era la stramaledetta tarantola che continuava a farmela sotto il naso.

Ripassavo la galleria degli scatti con i miei successi, ma non riuscivo a togliermi la tarantola dalla testa. «La prossima volta sarai mia,» non finii la promessa che la vidi comparire al centro dello schermo, sul finto prato verde ai miei piedi. Andai di zoom, notai i suoi otto occhi guardarmi beffardi, trovai il QR Code sul dorso. Premetti sul tasto, ma la foto venne sfocata. La tarantola era già ripartita. «No, piccola bastarda,» mi lanciai all'inseguimento fuori dalla porta. Zampettava velocemente verso la fine del corridoio. Cercai di essere più veloce. Ogni volta che svoltavo l'angolo, la tarantola svoltava quello successivo. Dovevo essere più veloce di così.

Ero un bagno di sudore, correvo a perdifiato. Ce l'avevo quasi fatta, quando urtai una barriera imprevista. Stavo per cadere all'indietro quando Minimal Jack mi afferrò in tempo per i gomiti. Avevo sbattuto contro di lui. «Così ti fai male, piccola.» La sua voce era dolce. Mi fece rialzare delicatamente. Cercai di ricompormi. Lui era magnifico, i suoi colori chiari sempre risaltati da un completo nero.

Purtroppo non era solo. Passeggiava lungo i corridoi insieme a Jameela. «Te l'avevo detto, MJ.» La ragazza indiana mi guardava dall'alto verso il basso. «La ragazzina non durerà.» Jameela aveva la solita tuta ginnica bianca, ma si era sfilata la parte superiore che le ricadeva all'indietro sulle gambe pendendo come una coda. Nessun neo sulla pelle levigata, l'ombelico era come invisibile, le ascelle perfette, attraverso il reggipetto potevano intravedersi le sagome dei nipple ring sui seni piccoli ma ben formati. Perché se ne andava in giro mezza nuda con Minimal Jack? Se lo scopava? «È una perdita di tempo, MJ. Fammela buttare via insieme ai rifiuti.»

«Jameela!» Minimal Jack alzò la mano per zittirla. La manica della giacca nera aveva un taglio più largo rispetto al resto dell'abito, secondo l'ultima moda, e gli ricadde sino al gomito snudandogli il braccio. «Lasciaci soli, Jameela.» La ragazza chinò il capo, fece un passo indietro, ruotò su se stessa e se ne tornò indietro senza emettere un fiato.

«L'hai notato, vero?» Mi chiese Minimal Jack non appena rimanemmo soli. Che non aveva difetti, che era perfetta? risposi. «Ti seguono come i cagnolini con il loro padrone. Io non voglio essere così.»

«E io non voglio che tu lo diventi.» Minimal Jack si strinse le mani dietro la schiena. «Loro sono state le prime, Baby Lynn. Le prime a entrare nel mio mondo. Per questo non riesco a separarmene. Sono affezionato a loro, e mi ricordano tutti gli sbagli che non devo ripetere.» Le spalline alte della sua giacca nera fecero su e giù. «Le ho rese troppo fedeli. Manca loro quell'illusione di, come dire... umanità.» Sembravano dei fottutissimi robot che lui poteva comandare a bacchetta. «Io non voglio un mondo di umani che sembrino finti. Io voglio un mondo di umani che sembrino... più umani.»

Le parole di Minimal Jack mi tormentarono tutta la notte. Allora non conoscevo ancora il suo piano. Non potevo sapere cosa intendesse. Mi giravo e rigiravo al buio della camera che mi era stata assegnata. Non riuscivo a chiudere occhio. Rimasi per ore a fissare i modellini lego che qualcuno aveva incollato come arredamento alle pareti per ricreare uno psichedelico effetto pixelato. Fui strappata dal mio stato di semi incoscienza da una spiacevole sensazione di prurito alla gamba.

Guardai i miei piedi. Le prime luci dell'alba filtravano dalle ampie vetrate, abbastanza da mostrarmi la pelle zebrata di una bestiolina che si stava arrampicando sul mio polpaccio. Una gelida sensazione di morte mi percorse i muscoli della gamba e risalì sino ai nervi del collo quando constatai che le otto urticanti zampe di una tarantola si stavano muovendo sulla mia pelle. Non avevo il cellulare con me, la stavo vedendo con i miei occhi. La tarantola era vera.

Resistetti al primo impulso di grattarmi. Volevo scalciare via la bestia. Se l'avessi fatto quella mi avrebbe mostrato i suoi aculei con un suono stridulo e mi avrebbe morso la carne, avvelenandomi e uccidendomi. Io non ero un animale. Dovevo usare il cervello. Rimasi immobile. Come persona morta. La tarantola rimase in attesa. Io combattevo contro qualsiasi istinto di repulsione. La tarantola alzò un paio di zampe, poi un secondo paio e poi tutte le altre. I suoi movimenti erano lenti e rapidi allo stesso tempo. In pochi secondi curiosava già sul mio basso ventre. Tutto il corpo mi formicolava, ero un fascio di nervi. Resistetti. Fin quando la tarantola non si stancò, scese dalle mie costole sulle lenzuola. Non dovevo ancora muovermi. Attesi che le sue zampe la facessero scivolare dalle lenzuola giù sul pavimento.

Mi fiondai dall'altra parte del letto. Mi armai dei miei stivaletti Adidas, ripiegai all'indietro il braccio pronto a schiacciarla sotto il mio tacco. La tarantola era ferma. Attendeva la mia prossima mossa. Non ero un animale, mi dissi, e neanche un robot. Abbandonai la scarpa, presi il cellulare dal comodino. Le puntai contro lo zoom. Aveva l'adesivo trasparente di un QR Code applicato sul dorso peloso. Scattai la foto. Come se anche lei non aspettasse altro, pian piano la tarantola zampettò fuori dalla mia camera.

Ero troppo terrorizzata per scoppiare a piangere. Pompavo adrenalina da ogni poro. Ma il mio cuore non andava a mille, era come fermo. Il cellulare emise uno strano suono. Controllai. Stava succedendo qualcosa. Da quando avevo immagazzinato il QR Code della tarantola il cellulare si era collegato online. Come per magia mille icone cominciarono a spuntare sullo schermo come se fossero sempre state lì ma invisibili. Minimal Jack mi aveva mentito.

WIZ GIRL (Completata)Där berättelser lever. Upptäck nu