Ancora non potevo crederci. Ero davvero emozionata. Avevo quasi pianto di fronte a tutti quei fischi e applausi. Era stato come buttarsi da un aereo con il paracadute, una volta atterrata ti tremavano le gambe ma avevi l'adrenalina a mille per l'esperienza vissuta e lo stesso avevo provato io. Il cuore sembrava esplodermi nel petto per i minuti successivi e continuavo a sorridere e abbracciare i miei amici che avevano fatto tutto il tempo il tifo per me. 

Ma nonostante la mia performance andata molto bene, e accolta dai presenti calorosamente, non ero riuscita a battere Hayden.

Avevo perso.

Hayden era stato decisamente migliore di me. Aveva suonato con maestria il pezzo scelto all'unisono e aveva stravinto. Gli applausi per lui andarono avanti per diversi minuti.

Era stato magnifico, si era meritato la vittoria e io non ero neanche così dispiaciuta di aver perso contro lui.

Forse un po'. Volevo il mio orgasmo.

Realizzai la strada che stavamo percorrendo appena riconobbi la collinetta in alto, di fronte a noi.

«Andiamo a casa tua?» domandai, per avere conferma dei miei pensieri.

Mi guardò, il braccio destro teso verso il volante, «puoi rimanere a dormire?»

Annuii, «avviserò mio fratello che rimango da Donna.»

Prima di tornare alla strada mi regalò un sorriso famelico che mi fece incendiare lo stomaco e abbassai la testa per coprirmi con i capelli.

Avrei baciato Hayden.

Questo concetto non lo avevo ancora realizzato. Non avevo realizzato che avrei sentito quelle morbide e carnose labbra sulle mie, che le nostre lingue avrebbero danzato insieme e che le sue mani si sarebbero aggrappate al mio corpo.

Tutto quello non lo avevo realizzato.

E alla sola idea, mi mancava il respiro.

La strada era vuota e in un paio di minuti arrivammo di fronte al portone in legno della sua villa.

Mentre attendevamo che si aprisse, tirai fuori il telefono dalla tasca della felpa per scrivere a mio fratello e avvisarlo del cambio di programma. Ma nel farlo vidi già diversi messaggi da parte sua, e stranamente anche di Gabe. Avevano visto i video sui social e mi stavano scrivendo per dirmi quanto fossi stata brava, a quel punto piansi davvero. Li ringraziai entrambi e poi avvisai Dave che non sarei tornata a dormire. Sapevo che si stava insospettendo su tutta questa questione e magari gliene avrei anche parlato, ma prima dovevo capirla io stessa.

Una volta superato il cancello, scendemmo nel box e come al solito parcheggiò nel suo posto vicino alla decappottabile vintage di Brandon.

Quando spense il motore, il silenzio riempì lo spazio e le orecchie iniziarono a fischiarmi.

Era buio nella macchina, l'unica luce proveniva dalle lampadine nel garage.

Piegai un ginocchio mentre giravo la schiena verso la portiera e lo guardai con un mezzo sorriso. Lui aveva le braccia incrociate e la nuca contro il poggiatesta ma il volto era verso di me.

«Pensavo mi lasciassi vincere.»

«Vittoria e orgasmo? Non puoi avere tutto, Adams.»

Ruotai gli occhi, «si be', ma ho perso e non ho ottenuto niente.»

Premette le labbra, sopprimendo un sorriso e con una mossa veloce mi afferrò il braccio, invitandomi a scavalcare la console con il cambio e a sedermi su di lui.

Fu difficile sistemarmi a causa della salopette in jeans che mi bloccava molti movimenti, soprattutto perchè essendo a gonna volevo evitare di denudarmi completamente.

It's a ClichéWhere stories live. Discover now