Capitolo 57

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Tre.

Erano tre i ragazzini che avevo visto morire. La mia mente era un turbine di emozioni buie e mi sentivo svuotata da ogni energia e capacità cognitiva.

Volevo solo andarmene via. 

Ma l'evento di Steven non era ancora terminato. Dopo la celebrazione dell'ultima vittoria, era stato annunciato ai presenti che potevano iniziare a puntare le loro scommesse sull'ultima competizione. 

Non avevo idea a cosa si riferisse ma non volevo nemmeno saperlo. Hayden era sparito, aveva portato via il vincitore e non era più tornato nella sala. 

Era anche la prima volta nella serata che non volevo andare da lui. Non dopo quello che gli avevo detto e quello che lui aveva risposto.

«Mak, dove vai?» Brandon mi afferrò il braccio bloccandomi dall'uscire.

«Io-» sospirai, «voglio andare a casa. Ti prego.»

Non riuscivo più a stare in quel posto. Mi sembrava ancora di sentire il rumore di quegli spari. Ogni volta che chiudevo gli occhi vedevo il sangue sgorgare dalle ferite di quei poveri ragazzini. Stavo per impazzire. 

«Non possiamo.»

«Perchè?» dissi esausta, sul punto di piangere.

I suoi lineamenti si indurirono e mi accarezzò una guancia per confortarmi, «Hayden è il partecipante.»

«Cosa? Hayden- lui-» il cuore sembrò fermarsi, «se vince lui--»

«No,» negò alla svelta, gli occhi preoccupati, «no, niente del genere. È solo uno scontro di boxe. Gli avversari sono alcuni campioni di scontri clandestini. Rojas ha molti contatti e ogni volta porta un vincitore qua.»

«Ma perchè Hayden?»

«Steven lo allena da anni ed è molto bravo. Tutti puntano le scommesse su di lui.»

«Non ha mai perso?» chiesi.

Il ring vuoto alle sue spalle mi stava facendo venire un altro conato e non credevo che sarei riuscita a rimanere a vedere Hayden combattere. 

«Mai,» sospirò, «a volte si fa prendere a pugni ma solo per show. Altrimenti la gente si stanca.»

Ovviamente.

A loro non bastava assistere a questa follia.

Mi appoggiai alla parete. I presenti non sembravano minimamente toccati da quanto successo, come se fosse solo la normalità. Io, invece, sapevo di essere bianca come un cadavere e di non avere forze per fare niente. 

Vagai con gli occhi nella sala fino a che non incrociai due occhi dal blu intenso. Simili a quelli che conoscevo molto bene ma dalla sfumatura sinistra e cinica.

Steven mi stava guardando. Un bicchiere di champagne tenuto in mano. Mi osservava come se mi stesse studiando, voleva capire fino a che punto sarei rimasta in piedi. Sapeva che quello fosse troppo per una come me ma lui godeva a farmi scoprire cosa nascondevano alle persone.

Ressi lo sguardo con una rigidità che non mi riconoscevo. Odiavo quell'uomo. Non avrei mai cambiato opinione.

Poi, alzò il calice, a mo' di brindisi, e se lo portò alle labbra nascondendo il ghigno avaro di chi sa di essere al comando.

Strinsi le mani in pugni e distolsi lo sguardo disturbata dalla sua mente malata.

Quando l'incontro venne annunciato, mi irrigidii al fianco di Brandon. Le luci si abbassarono e il ring venne illuminato in modo da prestare attenzione solo a quello.

It's a ClichéWhere stories live. Discover now