Eno - Capitolo III

1 0 0
                                    

In breve tempo, Eno imparò a dirigere i portantinieri, conducendoli in una direzione piuttosto che in un'altra. Era relativamente semplice, e trascorsi pochi giorni non ebbe nemmeno più bisogno di esplicitare i suoi comandi ad alta voce. Bastava pensarli, ed ecco che i Blu prendevano il percorso da lui desiderato.
Come conseguenza, non ci furono più attacchi a villaggi o città. La notte Eno e la balia si fermavano a riposare in aperta campagna, o nel folto di fitte foreste. Fu una di quelle sere, qualche settimana dopo essersi lasciati alle spalle le Pianure Centrali, che la balia espose a Eno, un Eimnos di sei anni, il suo piano.
Era Autunno inoltrato. Nel cielo risplendevano falci di Fènari e Muna, le due lune maggiori, mentre la Piccola Pellegrina era all'inizio del suo ciclo, completamente oscura.
«Ecco cosa faremo» esordì la balia, gli occhi scuri che scintillavano alla luce delle braci. «Ti dirigerai verso il mare, che dicono sia una distesa d'acqua sconfinata, più grande di qualsiasi lago o fiume noi possiamo immaginare. Lì ordinerai ai Blu di immergerci nell'acqua. Tu sei un bambino, non riuscirai a trattenere il fiato a lungo. Così annegherai, e prego gli spiriti della roccia che con te muoiano anche questi demoni blu. Invece, io tratterrò il fiato abbastanza a lungo da sopravviverti, riaffiorerò in superficie e nuoterò fino a riva, e sarò salva.»
«Perché non mi uccidi ora? Soffocami, o usa quell'osso appuntito che usiamo per cuocere le lepri. Sarei felice se tu lo facessi. Sai che ti voglio bene.»
La balia fece una smorfia di disgusto, storcendo il naso. «Non posso farlo. Sei un bambino, e gli spiriti del Nord puniscono chi uccide un minore. Quando l'assassino muore, lo confinano nella Geenna, il Fiume Infuocato, la Grande Discarica, dove è pianto e stridore di denti. No, non posso farlo. Dovrei aspettare che tu sia adulto, ma perché ciò accada è necessario che tu giaccia con una donna. Nelle tue condizioni, temo che la scelta sarebbe piuttosto limitata... ma a questo punto preferirei la Geenna. Il che ci riporta all'inizio del problema. Faremo come ti ho detto.»
Così, Eno comandò ai suoi portantinieri di rimettersi in marcia, e si diresse a Ovest. «Il mare ci circonda da ogni lato, una sponda o l'altra non fa differenza.» Eno era triste, ma anche sollevato, perché avrebbe potuto liberare la sua balia, che sempre si era presa cura di lui, e ancora continuava a farlo, cucendo pelli e coperte per entrambi, mantenendo acceso il fuoco la notte, e spellando i piccoli animali che raccoglievano lungo il cammino.
Le cose non andarono però come la nutrice aveva previsto. Giunti al mare, infatti, i portantinieri si avviarono lungo la spiaggia, immergendosi finché Eno non si ritrovò con l'acqua al mento. Ma più oltre si rifiutarono di procedere. Allora la balia comprese che quei demoni non avrebbero mai permesso che Eno si facesse del male. Si strappò i capelli, urlando tutta la sua frustrazione, e ingollando amari sorsi d'acqua salata. Anche Eno era profondamente dispiaciuto. Riemergendo dalle onde, si fermò per un attimo a sbirciare oltre le cortine. Era il tramonto, e il Sole, che stava lentamente affondando oltre le due di sabbia tiepida, gettava riflessi aranciati nel grande blu del Mare di Ghal, che separa il Terzo Continente dall'Espera, il Secondo Continente Settentrionale, sulle cui sponde occidentali sorge Dila del Mare. Nel contemplare quella scena, Eno provò uno strano moto malinconico. Forse per la prima volta in vita sua, di fronte a quel panorama così semplice eppure così suggestivo, così emozionale, sentì nel profondo una spinta, una pulsione a vivere. Non sapeva tuttavia dare un nome a quella sensazione mai provata. Così conservò il ricordo di quel momento nel suo cuore, senza parole per poterlo esprimere. Tristemente, il baldacchino fradicio si diresse a Est. Non ci furono fuochi quella notte, né parole. Solo un freddo silenzio, mentre il sale secco raggrinziva la pelle di Eno e della sua amata balia.
Il bambino ebbe un'intuizione, mentre insonne riposava sulle pelli umide. La mattina seguente, ne mise a parte la nutrice, che non disprezzò l'idea. Avrebbero però avuto bisogno di una pergamena, e di qualcosa per scriverci sopra.

***

Fecero essiccare pelli di pecora al Sole, facili da ottenere se si passava per pascoli, e ne ricavarono rozzi fogli di pergamena; come penna, utilizzarono il carbone freddo ottenuto dalle braci del focolare. Eno non sapeva scrivere, mentre la nutrice aveva imparato a farlo, seppur rozzamente, mentre era a servizio dell'uomo grigio suo signore.
Ripresero quindi ad attaccare piccole cittadine e gruppi di case.
Lungo la scia di devastazione di Eno cominciarono a comparire strane missive vergate con mano insicura. I cavalieri dei signori dei castelli e delle Preture del Meridione, inviati a indagare su quegli inquietanti fenomeni, ne trovarono in grande quantità.
Sappiamo per certo che ben dieci lettere giunsero al Granduca Foyers da parte altrettanti emissari. I reggenti della casata Mirabeau se ne video recapitare un numero identico, recuperate dal fango di villaggi sotto la loro giurisdizione da cavalieri di ventura e viandanti, che nella speranza di una ricompensa le fecero pervenire al grande maniero patronale.
Per vie simili, anche il Conciliabolo Ristretto di Ungulion ne ricevette almeno una. Altre pervennero a Suus, Bær-Davaz, Candalia, Forte Barbuto, e a Palazzo Lascivia, sede del notorio Signorino del Banchetto, Handré Pasteur.
Molte entrarono in possesso di signorie minori, altre non furono mai ritrovate, altre ancora vennero raccolte da vagabondi e collezionisti che le conservarono come oggetto di curiosità.
Cosa riportassero queste lettere non è certo segreto. Anzi, la notizia si diffuse velocemente, tanto che Eno (o per meglio dire, la sua balia) non ebbe necessità di comporne una seconda serie. E meno male: la mano le doleva terribilmente.
Riporteremo qui il contenuto dei dispacci. Il lettore deve considerare che, pur rimanendo invariato il significato di fondo, le parole utilizzate variarono da lettera a lettera, a causa della mancanza di un modello unico. Eviteremo anche di riportare gli errori grammaticali e di sintassi, la mancanza di spazi e la calligrafia incerta, tentando di dare al testo una coerenza che sicuramente mancava nelle missive originali.
La lettera diceva:

AgapantoWhere stories live. Discover now