Svago

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«Sono venuti a farti un check up completo?» chiese Marco, che nel frattempo era entrato nella tenda, indicando un punto imprecisato alle sue spalle e costringendomi a ritirare su la testa.
In tutta onestà, non avevo voglia di vedere nemmeno lui in quel momento, ma forse un po' di compagnia mi avrebbe fatto bene e mi avrebbe aiutato a non rimuginare troppo su tutte le cose spiacevoli successe negli ultimi giorni. Purché non avesse infierito come aveva fatto la sera prima.
Per ore ed ore ero stata da sola ad annoiarmi, e adesso che non volevo vedere nessuno, ecco che venivano a trovarmi tutti. Davvero curiosa, la vita.
«Sono venuti a scusarsi» risposi, stringendomi nelle spalle.
«Per cosa?» domandò, incuriosito.
«Dunque, vediamo... per avermi trattata come un rifiuto umano e avermi ignorata a tal punto da non essersi accorti che ero ferita e che sarei potuta morire» spiegai, in tono sarcastico.
«Ora capisco perché se ne sono andati con la coda tra le gambe» commentò il biondo, sorridendo arrogantemente.
«Ti sbagli. Io non ho fatto niente. Se se ne vanno in giro con l'aria da cani bastonati è perché si sentono in colpa, di certo non perché li ho aggrediti verbalmente. Io li ho perdonati, e ho persino cercato di rassicurarli» dichiarai io. Avevo la coscienza a posto. Almeno, in tutto quel caos, c'era qualcosa che era al proprio posto.
Marco sorrise. «Dov'è finita la ragazzina che si infuriava ogni volta che Cappello di Paglia lasciava qualche briciola qua e là?»
Sbuffai una risata. «È andata in pensione» risposi, distogliendo lo sguardo e sorridendo nostalgicamente al ricordo dei vecchi tempi «Ma qualche volta ritorna a farmi visita e ci prendiamo un caffè insieme. Si sa, il lupo perde il pelo ma non il vizio».
L'ex comandante si stese accanto a me, incrociando le mani dietro la nuca e sistemando un piede sopra l'altro.
«E, per la cronaca, non era qualche briciola. La sua bocca ne perdeva a cascate. Rufy era uno sbriciolatore seriale» specificai divertita.

Per un po', nessuno parlò. La tenda venne avvolta da un silenzio pacifico. Io ero troppo impegnata a ripensare ai vecchi tempi – e di conseguenza a sorridere come un'ebete – e Marco sembrava altrettanto pensieroso.
«Com'è andata la tua giornata?» domandai dopo qualche altro minuto di silenzio catartico.
«Non male, la tua?» fu conciso come al solito. Non si poteva dire che la testa d'ananas fosse un tipo loquace.
«Sono bloccata in un letto da due giorni, il mio capitano probabilmente mi detesta, ho dovuto applicarmi da sola ventiquattro punti di sutura alla gamba e ho dovuto anche dare il contentino a dei medici che, a quanto ho capito, a causa della loro gelosia per poco non mi hanno lasciata morire» feci, sarcastica «Quindi direi non male nemmeno la mia».
Lo guardai di sottecchi e gli sorrisi. E lui fece lo stesso. Quando sorrideva in maniera sincera era molto più bello di quanto non fosse quando aveva la sua tipica espressione annoiata.
«In mare la vita è più divertente, eh?» chiese – ma entrambi sapevamo che la sua era una domanda retorica – con l'aria di chi la sa lunga sull'argomento.
«Già» mi limitai a rispondere, sospirando. Nei suoi occhi c'era un velo di nostalgia che non gli avevo mai visto prima. Avrei voluto accarezzargli una guancia e dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma mi trattenni. Non riuscivo a capire perché non riprendeva il mare, se gli mancava così tanto. O forse lo capivo bene, ma non volevo credere e non volevo ammettere a me stessa che si fosse arreso una volta per tutte. Chissà se lui l'aveva fatto. Chissà se si era rassegnato del tutto e aveva appeso al chiodo il suo Log Pose.
Mi lasciai cadere indietro con la schiena e affondai la testa nel cuscino, prima di emettere un suono gutturale dalla gola.
«Pagherei per un bicchiere di vino in questo momento» affermai, sconsolata. «O anche per tutta la bottiglia...» feci poi in un sussurro, così da non farmi sentire da Marco.
«Non sono un esperto, ma non credo che l'alcol mischiato agli antibiotici faccia molto bene» commentò lui, divertito.
«L'alcol fa sempre bene, Marco. Sempre. Non te lo scordare mai» affermai seria, incastonando i miei occhi ai suoi.
«Allora un giorno potremmo berci un bicchiere insieme» propose, facendomi sorridere e annuire con vigore. Glielo avevo già proposto io il giorno prima, ma sentirlo da lui aveva tutto un altro effetto.
«Ovviamente, offri tu» gli imposi, facendogli l'occhiolino.
Lui si tirò su e si mise a sedere sul bordo del letto.
«Solo se mi batti a Machiavelli» mi rispose, dandomi le spalle. Poi si chinò e tirò fuori da sotto il materasso un mazzo di carte. C'era da dire che era ben equipaggiato, per il tipo di vita spartana che si era scelto. Forse giocare a carte era uno dei pochi modi decenti per passare il tempo su quell'isola ostile. Mi chiesi se sotto il letto non nascondesse anche una scacchiera. No, sarebbe stato meglio non saperlo. Se mi avesse costretto a giocare a scacchi non avrei nemmeno potuto darmela a gambe, visto che ero bloccata in un letto.
«Me la vuoi servire su un piatto d'argento, eh?» replicai, passandomi la lingua sul labbro superiore e sfregandomi le mani.
«Non sarà così facile, stavolta» dichiarò lui, con lo sguardo fermo. Entrambi stavamo ghignando arrogantemente. A breve avremmo visto chi l'avrebbe spuntata tra di noi.

Lost girl - ONE PIECETempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang