Viaggio

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Con il gomito poggiato sul freddo legno del parapetto della nave, il busto piegato in avanti, una mano a sorreggere la testa e un bicchiere di vino ancora pieno nell'altra, sospirai. Osservavo l'orizzonte, non troppo distinguibile a causa della leggera nebbia che quel giorno avvolgeva la caravella. Riuscivo a intravedere solo l'immensa distesa marina e il cielo grigiastro. La Base dei Rivoluzionari già iniziava a mancarmi, e con essa anche le persone che vi avevo incontrato. Ormai mi ero abituata a quel posto, a stare lì. Mi ero abituata ai duri allenamenti di Hack e alla sua eccessiva serietà, mi ero abituata agli sguardi severi di Dragon e perfino alle stravaganze di Ivankov, alle quali ogni tanto ero stata costretta a testimoniare. Mi ero fatta un'amica tra le fila dell'Armata, una ragazza che avevo scoperto essere veramente stupenda. E poi, beh, mi ero fatta anche qualcos'altro. O meglio, qualcun altro. Più e più volte.
Mi passai una mano su tutta la faccia al pensiero di quanto successo, poi ingollai un generoso sorso di vino. Se mai avessi rincontrato Rufy, non sarei stata capace di guardarlo in faccia dall'imbarazzo. Certo, lui non sapeva niente - e molto probabilmente neanche avrebbe capito di cosa si stava parlando - ma era pur sempre il fratellino di Sabo. Una parte di me si sentiva colpevole, come se fossi stata io a macchiare il ricordo che il moro aveva di suo fratello, come se fossi stata io a portargli via l'innocenza. Sapevo che non era così, tuttavia al momento non potevo fare a meno di crederlo. Scossi la testa e cercai di non pensarci più. Tanto ormai quel che era fatto - e rifatto, anche - era fatto. Non ero sicura che io e il biondo avessimo finito con i nostri "incontri occasionali", però. Avevamo ancora sei giorni da passare sulla stessa nave, e nessuno dei due aveva dei compiti da eseguire, né altre attività da svolgere.
Ad ogni modo, mi sarebbe piaciuto rimanere in quella Base per un altro po' di tempo. Anche solo una settimana. Sarei dovuta diventare più forte, avrei dovuto chiedere più informazioni a Dragon, avrei dovuto approfittare di più del tempo che mi rimaneva con Koala, avrei dovuto insegnare a Jasper più cose sulla medicina. Sentivo di non aver finito di fare quello che dovevo fare. Ma la verità era che non mi importava tanto, perché mi mancavano terribilmente i miei amici e non vedevo l'ora di tornare da loro. Mi mancavano i miei compagni di bevute e di bravate, Shachi e Penguin. Mi mancava la premura di Bepo e mi mancavano persino i suoi duri allenamenti, perché in confronto a quelli dell'uomo-pesce erano una passeggiata. E, anche se non lo avrei mai ammesso, mi mancava Law. Mi mancava tanto. In quei mesi avevo pensato spesso ai suoi occhi color grigio platino, alle sue basette nere e folte, al suo pizzetto, ai suoi orecchini dorati, al suo naso perfettamente simmetrico e alla sua espressione, magnetica e misteriosa. Me l'ero immaginato più volte mentre mi rivolgeva il suo ghigno sbarazzino, come ad ammonirmi quando facevo qualcosa di sbagliato o di nocivo per me stessa - ad esempio quando esageravo con il vino - e ad incoraggiarmi, quando invece facevo qualcosa di buono, tipo quando insegnavo a Jasper una nuova procedura medica e lui capiva subito. La medicina, mi mancava molto anche quella. Mi mancava operare, infilare le mani nel corpo di un altro essere umano e vedere gli organi che riprendevano a funzionare grazie al mio tocco. Santo Cielo, stavo diventando più sadica del mio Capitano! Risi, poi sbattei le palpebre un paio di volte nel tentativo di scacciare quell'immagine perversa dalla mia testa.
In un istante, mi incupii. Perché... cosa sarebbe successo se a causa del mio polso tremolante fossi stata costretta ad abbandonare la chirurgia per sempre? Cosa sarebbe successo se non fossi stata in grado di riprendere appieno la funzionalità del mio arto? Se non fossi riuscita a superare le mie paure e i miei timori?
Una folata di vento improvvisa mi fece rabbrividire e fui costretta a stringermi nelle braccia.
«È tutto a posto, Camilla-san?» Una voce alle mie spalle mi fece raddrizzare il busto e voltare. Apparteneva ad un Rivoluzionario che stava passando lo straccio sul ponte. «Se sente freddo, posso portarle delle coperte. Oppure posso chiedere al cuoco di prepararle una bevanda calda.»
«Oh, no, grazie. Sto bene,» risposi, con la stessa cordialità che mi aveva rivolto lui.
Quello annuì, mi sorrise e tornò a pulire il ponte.
Tutti i membri dell'equipaggio erano estremamente gentili con me. In realtà, tutti i membri dell'Armata Rivoluzionaria - Hack a parte - erano stati gentili con me. Se non avessi avuto una ciurma da cui tornare, mi sarei unita volentieri ai Rivoluzionari e alla loro causa. Volevano rendere il mondo un posto migliore, e io avevo tanto da dire sull'argomento, così come avevo tanto da imparare. In quei giorni, in mancanza di altro da fare, mi ero divertita ad ascoltare i loro discorsi durante i pasti. Parlavano di missioni andate a buon fine, di posti strani, di incentivi e motivazioni, di popolazioni convertite e di quanto fosse bello combattere per una giusta causa. Ognuno di loro sembrava aver trovato il proprio scopo di vita all'interno dell'Armata, e io non potevo fare a meno di essere un po' invidiosa. Anche io avevo trovato il mio scopo nella vita, ma forse non avrei potuto più servirlo. La mia era una situazione incerta, e non sapere mi faceva impazzire.
In ogni caso, ognuno dei Rivoluzionari presenti sulla caravella sembrava ben felice di compiere quel viaggio apparentemente inutile e di privarsi delle comodità che offriva loro la Base. L'equipaggio era composto da dodici persone, oltre me e Sabo; ed io ero l'unica donna a bordo. Sulla nave c'era una sola cabina - e di conseguenza un solo letto - che avevano concesso di buon grado a me. Tutti gli altri, invece, erano costretti a dormire nella stiva, su delle traballanti e scomode amache che avevano sistemato sul momento. Neanche a dirlo, il fratello di Rufy aveva approfittato della situazione per rimediare un letto. Il mio. Non che mi desse troppo fastidio, in fondo, essendo a due piazze, lo spazio per lui non mancava. Tuttavia fino a quel momento ci eravamo limitati a dormirci; e mi ero assicurata che tutti capissero che su quel materasso dormivamo e basta. Niente di più. Stavo cercando con tutte le mie forze di depurarmi da lui e dall'effetto che mi faceva. Dovevo farlo.
Mi sembrava comunque assurdo che i Rivoluzionari sollevassero così tanta polvere per una sola persona. Una persona che contava meno di zero, oltretutto. Dragon non era dello stesso parere, ma io in cuor mio sapevo che era così. Insomma, che bisogno c'era di mobilitare dodici uomini - più il numero due dell'organizzazione - per... me? Almeno, con la scorta che mi aveva assegnato, ero abbastanza tranquilla. Non correvamo molti pericoli. Mi avevano detto che avevano scelto la rotta più sicura da percorrere, una rotta studiata a tavolino che riduceva al minimo eventuali rischi di qualsiasi tipo. Inoltre, la caravella era ben camuffata e da lontano nessuno avrebbe detto che fosse appartenuta all'Armata Rivoluzionaria. Con un pizzico di fortuna saremmo arrivati a destinazione sani e salvi.

Lost girl - ONE PIECEWhere stories live. Discover now