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Angolo autrice
Salve! Mi dispiace di essere sparita per così tanto tempo! Ad ogni modo, ora eccomi qui, nella speranza che questo terzo capitolo vi piaccia. :)

P.s. Voti e commenti sono sempre ben accetti, ovviamente! :) Buona lettura!









 «E come pensi di tornarci? Volando?»
«Mi piacerebbe, Traffy, ma non ho né pensieri felici, né una fata che mi inondi di polverina magica a disposizione, al momento» feci sarcastica, prima alzando agli occhi al cielo e poi guardando male il Chirurgo della Morte.
«Perché non provi a buttarti dalla vedetta e vedere come va?» chiese ancora, per poi sogghignare con una certa strafottenza.
«Ma certo! Dopo di te» gli indicai l'albero maestro e il breve scambio di frecciatine terminò lì. Lui tornò ad ignorarmi dopo avermi rivolto uno dei suoi sguardi glaciali - che, in altre circostanze, molto probabilmente mi sarei fermata ad ammirare, persa nei suoi occhi color antracite - ed io tornai ad arrovellarmi il cervello in cerca di una soluzione al mio problema.
«Cami, perché non ti rilassi un po'? Sei appena arrivata, divertiti!» esclamò Rufy. La faceva facile, lui. Mi sarebbe tanto piaciuto rilassarmi, ma purtroppo io non ero come lui. Non potevo farlo finché non trovavo un modo sicuro per tornare a casa.
«Rufy ha ragione, rilassati e pensa a divertirti» Sanji mi sorrise dolcemente, ma ciò non mi calmò molto. Avevo bisogno di risposte, e al più presto. Ero capitata lì per una ragione precisa e dovevo scoprire quale fosse. Per fortuna, una mano me la diede involontariamente Law pochi secondi dopo.
«Cerca di ricordarti le parole esatte che hai usato nell'esprimere l'ultimo desiderio».
Spostai lo sguardo in basso e di lato mordendomi un labbro, cercando di riflettere. Che cosa avevo chiesto alla Stella? Passai due minuti buoni pensandoci. Poi, d'un tratto, capii tutto. O quasi. Alzai la testa, negli occhi un velato terrore e la bocca leggermente spalancata.
«Parla, avanti» mi incitò il chirurgo, che dietro alla sua espressione imperscrutabile nascondeva un'impercettibile curiosità.
«Forse dovremmo farla riposare, tutte queste emozioni sono troppe per una ragazza che è appena caduta di testa da una trentina di metri» suggerì il piccolo medico. Io scossi la testa in segno di negazione, non per quanto aveva detto Chopper, ma perché ero sconvolta. Mi portai una mano alla bocca fissando il vuoto.
«Cami?» con la coda dell'occhio vidi Sanji fare un passo verso di me ed osservarmi con apprensione. Lo ignorai e continuai a scuotere la testa.
«Ho chiesto alla Stella che tutte le persone presenti sul balcone tornassero al proprio mondo di appartenenza» dissi infine, con un filo di voce.
I più svegli mi si strinsero intorno, consapevoli di cosa significasse.
«Deve essersi sbagliata» annaspai. Ora, però, tutto aveva senso. La polvere dorata, le parole di quella che si era scoperto essere la Stella, tutto.
Da quel momento in poi, persi totalmente la cognizione di dove ero e di cosa stavo facendo. Qualcuno, probabilmente Nami, mi cinse le spalle e mi portò a sedere sulla panchina attorno all'albero maestro. I ragazzi parlavano tra di loro e mi chiamavano. Chiamavano il mio nome, ma io li sentivo a malapena. Sanji mi portò dell'acqua fresca mentre il dottore suggerì di riportarmi in infermeria, tuttavia mi rifiutai sia di bere che di spostarmi. Non avevo sete, né stavo male. Gli altri erano preoccupati per me e mi dispiaceva farli preoccupare, però anche provandoci non riuscivo ad emettere un solo suono dalla bocca, né a muovermi.


Rimasi in quella posizione senza dire una parola per ore, finché non arrivò la sera.
Avevano provato di tutto, ma niente. Avevano persino improvvisato un teatrino per tentare di farmi ridere, ma non aveva funzionato. Me ne stavo lì, in stato catatonico, come una che ha perso totalmente le speranze.
I pirati ad un certo punto si erano arresi ed erano andati a cena. Ora ero sola. Mi avevano lasciata lì. E non sapevo se fosse un bene o un male. Se avevo imparato a conoscermi, sapevo che sarei potuta crollare. Ma per qualche assurda ragione non lo feci.
«Voglio tornare a casa» mi limitai a dire, piano.
Tuttavia a quanto pareva non avevo fatto bene i miei conti.
«Non sarà stando seduta lì che troverai una soluzione al tuo problema» disse una voce alle mie spalle. Non ci fu nemmeno bisogno di girarsi per riconoscerne il proprietario, che decise comunque di rivelare la sua identità superandomi e dirigendosi verso la sala da pranzo dagli altri. O almeno, così pensavo. Invece, si fermò davanti a me e mi fissò.
«Con la botta che hai preso ti farebbe bene mangiare e bere qualcosa» mi consigliò, mantenendo la sua compostezza.
Piegai il capo da un lato e riflettei sulle sue parole per qualche secondo.
«D'accordo» risposi infine, in un sospiro. Se me lo diceva lui, non avevo altra scelta. Alla fine, non so come, quella canaglia di un chirurgo era riuscito a convincermi. Sospettavo che fosse l'unico in grado di farmi cedere così facilmente.
Mi alzai con cautela, prevedendo già qualche sbalzo di pressione. Sfortunatamente, però, l'unica cosa che subì uno sbalzo fu la nave. Mi sbilanciai all'indietro e mi preparai a ricadere sulla panchina, ma una mano mi afferrò prontamente il polso, impedendomi di cadere.
«Grazie» feci stupita, se non incredula, all'unica persona lì presente. Law annuì rapidamente e ci avviammo dagli altri. Non mi aspettavo tanta gentilezza da parte sua; e in un solo giorno, per giunta.
Quando Traffy aprì la porta, la scena che ci si presentò davanti fu memorabile.
«Smettila di berti tutto il sakè, stupido marimo!»
«Come hai detto, sopracciglione!? Pensa a Rufy, che intanto si sta spazzolando tutta la carne!»
«Smettila, idiota! Queste cose sono per tutti. Cerca di lasciare qualcosa, se non a noi, almeno a Cami» gridò la rossa infuriata, dando un pugno al suo capitano. Nel frattempo Sanji, con una cinquantina di piatti che teneva miracolosamente in equilibrio con ogni parte del suo corpo, stava cercando di allontanare Zoro dalle bottiglie di sakè; mentre gli altri stavano trasferendo viveri e vettovaglie fuori dalla sala da pranzo. Tuttavia quando si accorsero della nostra presenza smisero di fare le grandi manovre e si rallegrarono.
«Oh, mia dolce dea! Temevamo che non arrivassi, così Rufy ha suggerito di portare direttamente la cena da te» fece il cuoco, lasciandomi sbalordita.
«Non puoi rimanere senza cena!» esclamò Cappello di Paglia, facendomi scappare una risata. Per lui poteva finire il mondo, ma guai a rimanere senza cena! O senza pranzo, o colazione, o qualsiasi altro pasto facesse nell'arco di una giornata.
«Beh, visto che sei arrivata, proporrei di rimettere tutto a posto e iniziare a mangiare» cantò allegramente lo scheletro.

Lost girl - ONE PIECEWhere stories live. Discover now