Proposte

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Ero diventata completamente scema. Sì, sicuramente. Monkey D. Rufy, detto "Cappello di Paglia", mi aveva proposto di entrare nella sua ciurma. Quante possibilità c'erano che mi potesse proporre una cosa del genere? Una su un miliardo? Nemmeno, visto che tecnicamente lui nemmeno esisteva. Lo avevo incontrato per puro caso, perché tra mille altri la Stella aveva scelto proprio me. E ora ero lì, sulla sua nave, per altrettanto puro caso. Avevo avuto una seconda occasione che non tutti hanno. Avevo ricevuto una proposta che tutti vorrebbero ricevere e che tutti accetterebbero senza un minimo di esitazione, se ne avessero la possibilità. Non stavo vivendo soltanto il mio sogno, stavo vivendo il sogno di migliaia di persone! E che cosa gli avevo detto, io? "Ci devo pensare". "Ci. Devo. Pensare". Ero un'ingrata. Una cretina ingrata. Che cazzo mi passava per la testa!? Se non altro, però, ora potevo capire le ragazze che nei romanzi o nei film, nonostante avessero una relazione perfetta, alla proposta di matrimonio del fidanzato rispondevano con un "ci devo pensare". Certo, tutto il pubblico rimaneva deluso, ed ero sicura che se qualcuno mi fosse stato a guardare sarebbe stato molto deluso anche dalla mia, di risposta, ma che ci potevo fare? Era una cosa importante e definitiva, e a me le cose definitive non piacevano per niente, come si era potuto appurare. Volevo la garanzia che sarei potuta tornare indietro se le cose avessero preso una piega che non mi piaceva. Come avrebbero potuto prendere una piega che non mi piaceva, quando mi trovavo nell'universo di One Piece, sulla Thousand Sunny, a navigare sotto il vessillo di Cappello di Paglia? Tanto per cominciare, loro avevano un sacco di nemici. Ed erano tutti, chi più, chi meno, mostri di potenza. Io, invece, non avrei saputo sterminare neanche una mosca con una bomba atomica, figurarsi combattere con nemici del calibro di un Imperatore. La mia non era codardia - non interamente, almeno - quanto piuttosto un senso di inadeguatezza misto a istinto di autoconservazione: in poche parole, ci tenevo alla mia pelle.


Passai la notte alternando momenti di scuotimento del capo a sorrisi. Alla faccia che l'aria salmastra faceva bene. A me aveva fatto impazzire. Non che la colpa la attribuissi direttamente all'aria marina, quando l'intera situazione era assurda. Però, ero sia contenta che mortificata. Se da un lato ero onorata di aver ricevuto una tale proposta, dall'altro ero intimorita e molto indecisa. Non avevo il coraggio di presentarmi davanti alla ciurma. Di sicuro avrei subito le loro occhiate inquisitorie e le loro - anche se temevo in particolare per un solo membro - domande insistenti, che mi avrebbero messo alle strette e mandato nel pallone. Fosse stato per me e per la mia codardia, sarei rimasta l'intera giornata chiusa in infermeria. Passai perfino in rassegna tutte le scuse che avrei potuto usare per evitare di incrociare i mugiwara. Avrei potuto dire che la testa mi faceva male... No, no meglio non rischiare, magari Chopper si sarebbe appiccicato a me per tutto il giorno. Perché non togliersi la cintura, se bastava così poco per rendersi invisibili? No. Rufy e qualcun altro avrebbero comunque potuto vedermi. Avrei tanto voluto nascondermi, ma avevo promesso a me stessa che non l'avrei più fatto.
Qualcuno bussò alla porta. Mi prese il panico per un momento. Pensai a chi potesse essere, mentre mi alzavo dal letto e andavo ad aprire con il timore negli occhi. Mi ero figurata tutti i nomi possibili delle persone che avrei potuto trovarmi davanti, ma mai mi sarei aspettata di vedere Robin, in piedi sull'uscio, con in mano una tazza fumante di qualcosa e un piatto contenente due toast.
«Buongiorno, Camilla» disse lei, sorridente come al solito.
«Buongiorno, Nico Robin» replicai io dopo qualche secondo di silenzio, un po' meno sorridente e piuttosto perplessa.
«Come ti senti oggi?»
Non risposi alla sua domanda. Non perché non volessi farlo, solo che per poterle dare una risposta sincera avrei dovuto pensarci su.
«Sanji mi ha chiesto di portarti la colazione» mi porse quello che aveva in mano e scoprii che la bevanda calda era tè.
«Oh, come siete gentili. Grazie» le sorrisi. Avrei voluto chiederle com'era la situazione di là, se il capitano aveva parlato di me, se loro sapevano. Invece tacqui.
Dopo qualche imbarazzante minuto di silenzio, la mora parlò di nuovo.
«Se oggi stai meglio, che ne dici di fare da vedetta?» mi chiese, un sorriso furbo era spuntato sulle sue labbra.
Rimasi interdetta un paio di secondi. Io? Da vedetta? E perché?
Vedendo che non spiccicavo parola, continuò.
«Sai, è un posto tranquillo. Nessuno ci va mai, e poi in prossimità di un'isola sarebbe utile che qualcuno stia in coffa».
Mi ci volle un po' per capire. Robin aveva dovuto pensare che fossi mezza muta o che so io, visto che quella mattina era più il tempo che boccheggiavo che altro.
«Oh. Oh, certo. Certo, ci vado io a fare la vedetta» asserii, ancora un po' intontita.
«Ti consiglio di andarci entro breve, perché tra poco finiranno di fare colazione» mi disse, indicando la sala da pranzo con un impercettibile cenno del capo.
«Sì, vado subito. Grazie mille» le sorrisi grata e lei ricambiò il sorriso, poi se ne andò, lasciandomi alla mia deliziosa colazione. Non me la potei gustare come volevo, perché avevo una certa fretta, ma pazienza. Sospettavo che avrei avuto molte altre occasioni di gustare le colazioni preparate da Sanji.

Lost girl - ONE PIECEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora