Nuovo inizio

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Nel momento in cui misi piede sul sottomarino di Law per la prima volta, mai avrei potuto immaginare ciò che mi aspettava.
Il chirurgo mi aiutò a scendere dalla barca tendendomi la mano. Quando mi girai verso la nave dei mugiwara, strinsi gli occhi per vedere meglio. In lontananza, mi parve che stessero tutti a guardare il mio nuovo inizio su quel sommergibile e che mi salutassero. Nel dubbio, scossi la mia mano per ricambiare il loro presunto saluto. Decisi di imprimermi bene quella scena nella mente e nel cuore.

Tutta la ciurma, composta da venti uomini, dei Pirati Heart si era radunata sul ponte.
«Capitano! Finalmente ci hai portato un'altra ragazza nell'equipaggio!» fece quello che riconobbi essere Penguin. Il suo amico Shachi, accanto a lui, annuì compiaciuto.
Non sapevo come comportarmi. Tutti mi fissavano, forse in attesa che dicessi qualcosa.
«Ciao» li salutai «Io sono Camilla. Ma chiamatemi pure Cami» dissi, incerta. Ci furono attimi di silenzio che mi parvero interminabili. Che altro avrei dovuto dire? Forse c'era un rito di presentazione che facevano di norma i pirati. Io, però, non ne sapevo niente. Non sapevo davvero che fare. Posai per un attimo lo sguardo su Law, nella speranza che mi desse man forte, ma lui sembrava una statua da quanto era immobile e silenzioso.
«Anche se alcuni di voi credo che lo sappiano già, visto che mi avete già conosciuta durante la festa di qualche giorno fa, sul ponte della Thousand Sunny» proseguii infine, decisa a terminare quel momento fatto di quiete imbarazzante.
«Cami, giusto» proclamò poi Penguin, come se stesse soppesando quel nome e ricordandosi di me. «Mi piace» da sotto il cappello potei vedere il suo viso aprirsi in un largo sorriso, e anche io mi distesi un po'.
«Beh, Cami, benvenuta a bordo!» esclamò il compagno che lo aveva appoggiato poco prima.
«Grazie!» la mia voce un pochino stridula tradiva la mia emozione.
«Non fare caso a questi idioti. Possono essere fastidiosi, ma ti garantisco che sono innocui» una figura minuta si fece largo tra la folla.
«Io sono Maya, molto piacere» una ragazza dalla pelle color caramello, gli occhi color cioccolato fondente, il naso alla francese e i capelli ricci, abbastanza corti e folti, mi si parò davanti con uno smagliante sorriso e la mano tesa. La strinsi debolmente.
«Tanto per la cronaca, sono contenta che ci sia un'altra donna nell'equipaggio. Cominciavo a sentirmi un po' sola. Il capitano ha fatto bene a dirti di venire!» continuò lei, vedendo che io non spiccicavo parola. A quella sua esclamazione io e Traffy ci scambiammo un'occhiata fugace. Dovetti sforzarmi per non scoppiare a ridere davanti a tutti i suoi sottoposti. Se avessero saputo che lo avevo incastrato... A pensarci bene, avrei potuto ricattarlo ancora con quella storia. Gli avrei potuto chiedere di avere dei privilegi in cambio del mio silenzio.
Ad ogni modo, fino a quel momento ero stata così presa dal cercare di apparire normale davanti alla ciurma di Law, che non mi ero accorta che il tempo era cambiato. Non c'era più il sole, al suo posto c'era solo una vasta distesa di nebbia. Mi girai freneticamente in cerca della Sunny, ma di essa non c'era traccia. Fui presa da un momento di panico misto a sconforto. Fu come se tutte le mie sicurezze fossero crollate nel preciso istante in cui i miei occhi non avevano trovato l'imponente nave. Eppure sapevo bene che Rufy e gli altri non sarebbero rimasti lì con me. Che mi aspettavo? Forse, a sconvolgermi così tanto, era il fatto che quella con i mugiwara fosse l'ennesima separazione che dovevo affrontare nel giro di pochi giorni. Forse non ero pronta. Forse stavo chiedendo troppo a me stessa.
Presi un profondo respiro nel tentativo di calmarmi e di non far vedere a tutti la mia agitazione e il mio malessere. Una mano dalle lunghe dita affusolate mi strinse decisa il braccio, riportandomi alla realtà e facendomi in parte calmare. Rimasi a fissarla più a lungo di quanto avessi voluto.
«Ti mostro la tua stanza» annunciò il mio nuovo capitano. Senza aspettare risposta, fece una leggera pressione sul braccio affinché lo seguissi. Non obiettai e mi lasciai condurre all'interno del sottomarino, sotto lo sguardo vigile di tutti.

Osservavo con meticolosità tutti i particolari dei corridoi angusti – ma non troppo – del sottomarino. Erano piuttosto grigi e spogli, come mi aspettavo che fossero. Avevano un'aria solenne, non come un edificio antico dalle ampie volte e dalle decorazioni rifinite, ma come un luogo dove si salvano vite o dove si fanno ricerche mediche di estrema importanza. E probabilmente proprio per questo sui muri non vi era una crepa e sul soffitto non c'era alcun segno di qualche infiltrazione d'acqua. Giurai perfino che sul pavimento ci si potesse mangiare, da quanto era pulito. Gli interni del sommergibile rispecchiavano il modo di essere di Law: freddi, impersonali e spenti, ma impeccabili e ineccepibili.
«Da adesso in poi scordati qualsiasi soprannome con cui tu mi abbia mai chiamato. Per te, come per il resto dei miei sottoposti, io sono il Capitano» calcò sull'ultima parola quasi fosse una questione di vita o di morte. A pensarci bene, forse per me lo era sul serio...
«Bepo ti spiegherà tutte le altre regole da rispettare e ti consegnerà la divisa».
Mi fermai di colpo e lasciai cadere il borsone con i miei effetti personali sul pavimento.
«Divisa? Quale divisa?» il mio sguardo era bieco. Poi, d'improvviso, mi ricordai.
«No. No, no. Non esiste. Io quella cosa non me la metto. Non sono né un'apicoltrice, né una disinfestatrice, né tantomeno una carcerata. Non intendo indossare quella trappola infernale fatta tuta. Mai e poi mai.»
Il chirurgo della morte non si era fermato. «Come te la cavi con il nuoto?» chiese.
«Nuoto?»
«Se parti adesso, potresti raggiungere Mugiwara-ya in cinque ore, al massimo.»
Buttai fuori un sospiro rassegnato e sibilai un "ti odio" così a bassa voce che a malapena mi sentii io. Il pensiero di attraversare mezzo oceano a nuoto per raggiungere Rufy, però, mi sfiorò la mente.

Lost girl - ONE PIECEOnde as histórias ganham vida. Descobre agora