Sbornie

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Fu bello vedere che a cena tutti parlavano di quello che era successo qualche ora prima in laboratorio. C'era addirittura chi mi considerava un mito. Io non mi consideravo tale, ma non potevo non accogliere con gioia i loro elogi e i loro complimenti. Mi facevano sentire apprezzata, e l'atmosfera che si creava in questi casi era la stessa che c'era in una famiglia. Paradossalmente, tra tutti il più orgoglioso di me era Ryu, che quella sera mi aveva servito una doppia porzione di carne e patate al forno. Chi l'avrebbe mai detto che io ed il burbero cuoco saremmo diventati quasi come padre e figlia?
«Quindi?» La voce di Penguin interruppe i miei pensieri.
«Quindi cosa?» chiesi, confusa.
«Quindi che facciamo?» domandò lui a sua volta, impaziente. Erano le undici di sera e la cena era finita da un pezzo. La maggior parte dei Pirati Heart si era ritirata nelle proprie stanze, a parte Jean Bart che stava ancora effettuando qualche manovra a me incomprensibile in sala macchine e qualcun altro, tra cui forse il Capitano. Ryu aveva finito da poco di riporre l'ultimo piatto in quella specie di credenza che stava sopra al lavello della cucina, poi si era congedato e se n'era andato a dormire. Io, Shachi e Penguin avevamo aspettato pazientemente che finisse di lavare e asciugare i piatti per poter prendere possesso della cucina. Lo avevamo perfino aiutato affinché facesse più in fretta. Noi. Che lavavamo dei piatti. Non si era mai visto. Ma il nostro desiderio di trangugiare alcolici e di festeggiare era più forte di qualsiasi altra cosa. Dovevamo solo metterci d'accordo e decidere come agire e che tipo di sbronza volevamo prenderci. Potevamo fare di tutto, avevamo solo due restrizioni: non distruggere la cucina di Ryu e non svegliare il Capitano, sempre che stesse dormendo. La prima non era mai stata infranta da nessuno, mentre la seconda... non l'avevo infranta, ma si poteva dire che ci ero andata vicino un paio di volte, entrando senza permesso nella cabina di Law. Per fortuna non se l'era mai presa troppo, anzi, ci aveva riso sopra – almeno per quanto mi ricordassi – e non aveva perso l'occasione di ricordarmelo e sfottermi il giorno dopo. L'importante era non disturbarlo mentre dormiva, se l'avessimo fatto sarebbe stata la nostra fine.
Ora, però, ci trovavamo momentaneamente in crisi perché eravamo a corto di idee; e ce ne stavamo in corridoio a bisbigliarci proposte a vicenda. Sembravamo tre adolescenti in procinto di fare qualche stupida effrazione.
«Decidete voi, per me è uguale. Basta che ci sia il vino di mezzo.» Non mi importava un fico secco di come avremmo fatto, mi interessava semplicemente bere.
«Festeggiamo te, quindi devi decidere tu,» mi rimproverò il Pinguino.
Ci pensai un attimo, dopodiché feci un'alzata di spalle, proponendo la prima cosa che mi veniva in mente. Non pensavo che potessi avere così tanta importanza nel processo decisionale, ma mi piaceva essere presa in considerazione in quel modo.
«Una partita a carte?»
I miei compagni mi guardarono perplessi per un momento.
«Ci potrebbe stare, purché sia alcolica,» fece Penguin, serio.
«Quello era scontato,» replicai io, allargando le braccia e stupendomi del fatto che ancora non avessero imparato a conoscermi sotto quell'aspetto.
«Bene, allora io vado a prendere le carte. Torno subito,» ci informò Shachi appena prima di sparire tra i lunghi corridoi.

«Facciamo che chi perde beve,» propose Penguin.
«Perché chi perde? Facciamo che chi vince beve!» avanzai io.
«Sei davvero così sicura di poter vincere?» mi chiese lui, assottigliando gli occhi.
«E tu sei davvero così sicuro che perderai?» lo incalzai, con un sorriso di scherno. Mi guardò in cagnesco e io alzai un sopracciglio, pronta ad insultarlo.
«Facciamo che ci ubriachiamo tutti fino a che non riusciamo più a tenere le carte in mano?» domandò retoricamente – perché sapeva già la risposta – l'Orca, che nel frattempo era ritornata con le carte e ora si trovava poco dietro di noi.
Mi girai e gli posai una mano sulla spalla.
«Tu sì che hai capito qualcosa della vita,» gli dissi, fiera.
«Compare, non ci deludi mai,» aggiunse Penguin, compiaciuto.
Tutti e tre insieme entrammo finalmente in cucina. Scostai la sedia dal tavolo e presi posto.
«Avanti, non perdiamo tempo. Inizia a mischiare le carte!» esclamai, rivolta a Shachi, che si era sistemato dalla parte opposta rispetto a me.
«Io prendo il vino!» gridò eccitato l'amico, dirigendosi a passo svelto verso il frigo.
«Prendi anche sakè, rum e birra,» gli consigliò l'altro, che aveva iniziato a mescolare il mazzo di carte. «Ci serviranno,» aggiunse poi con un lieve accenno di malizia.
«Si preannuncia una bella serata,» affermai con aria sognante, più a me stessa che ai miei compagni.
Shachi posò le carte sulla superficie piatta del tavolo, facendomi segno di alzare.
«Ora si fa sul serio,» ci annunciò una volta che anche Penguin – che era tornato con una quantità inverosimile di alcol e boccali grossi come la testa di Big Mom – si fu seduto.
Tutti e tre sogghignammo, consapevoli del fatto che l'Orca non si stesse affatto riferendo alla partita a carte.

Lost girl - ONE PIECEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora