Nuova arma

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Tornai alla nave più scocciata che mai. Law mi aveva fatto proprio incazzare. Come si permetteva quel... quello zombie ambulante di dirmi cosa fare con la proposta di Rufy!? Non aveva nessun diritto di intromettersi nella mia vita e di scegliere al posto mio. Non quando lo avevano fatto tutti gli altri prima di lui. Per troppo tempo ero rimasta ferma a guardare passivamente la mia vita che scorreva davanti ai miei occhi, come se fossi seduta su una poltrona rossa di un dannato cinema e stessi vedendo un film qualsiasi. Per tutta la vita, o quasi, ero stata una mera spettatrice della mia esistenza. E mi era sempre andato bene, finché non avevo conosciuto Rufy e i suoi compagni. Loro mi avevano fatto capire che non solo avevo il diritto di decidere cosa ne sarebbe stato della mia vita, ma che era anche un mio dovere. Perché apparteneva a me, e a me soltanto. Quindi quel pezzo di ghiaccio di un chirurgo non aveva voce in capitolo. Parlava proprio lui, poi, che sapeva bene come ci si sentisse a essere succubi degli eventi. Eppure lui era stato salvato, aveva avuto una seconda occasione. Aveva avuto l'opportunità di redimersi e vivere una vita lunga e felice. Sì, c'erano stati degli intoppi lungo la via; ad esempio, Cora-san era morto e Law aveva passato metà della sua vita a pianificare la vendetta perfetta contro l'assassino del suo salvatore, ma questo non cambiava le cose, perché era vivo. Sarebbe dovuto morire prima che potesse compiere tredici anni, e invece era vivo. Ed era libero di fare qualsiasi cosa volesse fare. Perciò, perché non voleva permettere che tutto ciò succedesse anche a me? Chi era l'egoista? Chi aveva torto, tra noi due? C'era qualcosa che mi stava sfuggendo?

Chopper mi accolse calorosamente quando ritornai, dato che ero stata la prima ad arrivare, ma da quanto ero infuriata lo ignorai completamente e mi chiusi in infermeria, sbattendo pure la porta. Sistemai alla rinfusa sulla scrivania shampoo, pettine, bagnoschiuma e tutte le altre cose e mi levai la cintura che mi ero appena rimessa per farmi vedere dalla renna. Provai a calmarmi sedendomi compostamente sul letto, ma funzionò poco, perché tre secondi dopo mi rialzai e cominciai a camminare su e giù per la stanza. Forse il problema non era quello che mi aveva detto il Chirurgo della Morte, ma il fatto che aveva ragione. Per quanto volessi farlo, per quanto volessi unirmi a Rufy, non ero pronta, ancora. E non si trattava solo di me, ma era una questione quasi globale. Non volevo essere un peso per la ciurma, di qualunque ciurma si stesse parlando. Ma cosa potevo fare? Volevo vivere un'avventura, volevo avere dei compagni che mi proteggessero e da proteggere. In quel mondo non mi bastava avere me stessa. Non era il mio mondo, e avevo bisogno di persone che mi guidassero, almeno all'inizio. Certo, non volevo nemmeno mettere in pericolo nessuno, e tantomeno ostacolare i sogni di qualcun altro. Non sapevo davvero cosa fare. Se prima ero confusa, dopo la chiacchierata con Law lo ero ancora di più. Ero convinta di avere ragione, ma... che sarebbe successo, se non fosse stato così?

«Cami! Che fai qui? Vieni a vedere la nuova arma!» Usop entrò come una furia, distogliendomi dalle mie riflessioni. Se da un lato gliene ero grata – perché stavo iniziando a entrare in un circolo vizioso fatto di paranoie – dall'altro non avevo nessuna voglia di scoprire quale arma avessero forgiato per me lui e Franky. Fissai il cecchino per qualche secondo. Sembrava davvero eccitato all'idea di mostrarmi la sua creazione.
«Ah, sì. Arrivo» dissi senza nessun entusiasmo.
«Prima però mettiti quella» mi indicò la cintura e io da brava obbedii. Appena fui fuori della porta però, ci ripensai.
«Sai, credo che ora andrò a farmi un bagno. La possiamo vedere dopo, l'arma?»
Parve leggermente deluso, ma annuì e mi mostrò il bagno. O meglio, la stanza con la vasca da bagno. Era una vasca enorme, degna di una Jacuzzi. Già mi pregustai il momento in cui mi ci sarei immersa.
Mi diede gli asciugamani e mi spiegò che ciascuno di loro li aveva di un colore diverso per non confondersi, anche se poi alla fine ognuno usava quello che gli capitava. A me capitarono bianchi. Cominciai a riempire la vasca, e lui mi lasciò sola. Una volta che ebbi preso tutto l'occorrente, mi spogliai e mi ci infilai. La sensazione dell'acqua tiepida che mi avvolgeva era una sensazione bellissima. Sarei potuta rimanerci per ore, in quel modo. Chiusi gli occhi e abbandonai la testa all'indietro. L'acqua mi rilassava. Non mi capacitavo ancora di come facesse chi aveva ingerito un frutto del diavolo. Se non avessi più potuto nuotare per il resto della vita mi sarei volentieri sparata, o quantomeno mi sarei lasciata annegare.
Lasciai affondare la testa nel liquido trasparente. Una volta che fui totalmente immersa, tutto mi fu più chiaro. Quello era il mio ambiente, mi aiutava a pensare. Se solo avessi potuto respirare sott'acqua, nessuno mi avrebbe più rivista. Invece dovetti riemergere, purtroppo: i polmoni cominciavano a bruciarmi. Emersi inspirando profondamente. Mi stropicciai gli occhi e iniziai a insaponarmi. Ci misi circa mezz'ora per finire di sciacquarmi e decidermi a uscire. Sapevo che al piano di sotto Usop e Franky mi stavano aspettando impazientemente. Presi l'asciugamano – che mi pareva un po' troppo striminzito per i miei gusti – e me lo avvolsi intorno al corpo, poi con quello più piccolo ci feci il turbante. Una volta che ebbi frizionato a sufficienza il mio corpo e i miei capelli, iniziai a vestirmi con gli abiti appena comprati. Sopra l'intimo misi semplicemente una canottiera bianca e degli shorts di jeans, accompagnati da degli stivaletti e dall'immancabile cintura metallica. Dopo essermi accertata che la vasca si fosse svuotata e dopo aver messo gli asciugamani nel cesto dei panni sporchi, scesi dagli altri.
«Eccoti finalmente! Ci hai messo un'eternità!» si lamentò Usop.
«Sì, lo so, scus...»
«Cami-chan! Sei meravigliosa!» Sanji mi interruppe, venendo verso di me a tutta velocità. Lo fissai perplessa e mi ritrassi appena. Non avevo paura di lui, sapevo che era innocuo, ma se fossi rimasta con loro avremmo dovuto stabilire dei limiti. Non potevo cambiarmi venti volte al giorno perché il biondo sbavava sui miei abiti.
«Ha ragione il fratello cuoco. Questi vestiti sono supeeeeeer!» fece Franky, che non perse occasione di sfoggiare la sua posa.
«Che carini questi vestiti, avrai occasione di prestarmeli se resterai su questa nave» la gatta ladra – in tutti sensi a questo punto – mi fece l'occhiolino.
«Al diavolo i convenevoli, vieni» il cecchino mi tirò per un braccio e mi trascinò nella sua "fabbrica", impedendomi di replicare. Il cyborg ci raggiunse poco dopo.
«Allora, sei pronta a vedere questa nuova arma super?» chiese eccitato il turchese. Mi lasciai andare a una piccola risata. Nonostante il mio umore nero, i mugiwara erano riusciti a farmi tornare il sorriso. Era sempre così, con loro. Era questo quello che sapevano fare meglio. A parte sconfiggere nemici e gettare il mondo nel caos, si intende.
«Certo! Prego, procedete pure» feci io, in un ironico tono solenne.
«Si accomodi, signorina» il moro mi fece segno di sedermi su una sedia.

Lost girl - ONE PIECEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora